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MONTEVERDI FESTIVAL 2024

Ora straziante, ora in fiamme
Bartoli è la stella del barocco

Ponchielli in visibilio, applausi a non finire, bis e rose bianche. Superba anche la prova di Les Musiciens du Prince

Giulio Solzi Gaboardi

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redazione@laprovinciacr.it

25 Giugno 2024 - 11:47

Ora straziante, ora in fiammeBartoli è la stella del barocco

CREMONA - Pioggia di fiori, standing ovation e trionfo barocco, o Ba-rock. Non poteva concludersi diversamente questa 41ª edizione del Monteverdi Festival, che non esitiamo a battezzare come edizione delle meraviglie. E domenica, per concludere, lei: Cecilia Bartoli. Appare dopo il Concerto grosso di Corelli, splendidamente eseguito da Les Musiciens du Prince, guidati da Gianluca Capuano.

Entra sulle note strumentali introduttive di Augelletti che cantate, dal Rinaldo di Händel, con il magnifico assolo dell’ottimo Jean-Mare Goujon al flauto traverso. Giunge in abito verde smeraldo tenendo una nota che sembra non finire mai. Un mito del Barocco, una leggenda della lirica. In altre parole, una Santa. Santa che si è mostrata per quello che è, sul palcoscenico del Ponchielli: lei, la sua voce delicata e agile, il suo spirito libero, la sua aura leggendaria. Non ci si crede, eppure è tutto così vero: domenica si è scritta una pagina nuova di questo Festival, del teatro Ponchielli, della città di Cremona.

Difficile descrivere in poche righe il significato storico della presenza della Bartoli su questo palcoscenico. Della sua grande e meritata fama, già si è detto. Ma Bartoli ha anche il grande merito di aver contribuito significativamente alla riscoperta del repertorio antico. Una renaissance che non fu subito recepita in Italia, a differenza di altre parti del mondo, e soprattutto d’Europa, come in primis l’Olanda e l’Inghilterra, ma anche l’area germanofona e la Francia. Per questo, Bartoli, in questi anni, si è esibita pochissime volte in Italia.

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Le sue apparizioni nell’ultimo decennio si contano sulle dita di una mano. Fotografi non ammessi, interviste rarissime. La Mina Mazzini dell’opera lirica! Per questa ragione, la sua partecipazione al Monteverdi Festival è un risultato a dir poco storico, che segna un capitolo indelebile della storia della manifestazione. La serata si apre con il sovrintendente del teatro e direttore artistico del Festival, Andrea Cigni, che annuncia le due opere dell’edizione 2025 del Festival, che si svolgerà dal 13 al 29 giugno e che vedrà due nuove produzioni del Ritorno di Ulisse in patria di Monteverdi, e dell’Ercole amante, del suo allievo, il cremasco Francesco Cavalli, sancendo questa moderna unione – e rinnovando l’antica – tra i due compositori della provincia cremonese. Il teatro è esaurito e il pubblico trepidante.

L’ensemble nato nel 2016 sotto l’egida del principe di Monaco da un’idea della stessa Bartoli, Les Musiciens du Prince, suona splendidamente, con una nobilissima ricchezza di colori e brillante virtuosismo, il suono è lucente e morbido, la direzione di Capuano è delicata e precisa, e ricorda le movenze di un marionettista gentile. La chicca della serata è ‘S’ì dolce è ‘l tormento’, studiata per l’occasione da Cecilia Bartoli, la quale, per qualche misteriosa ragione, non ha mai frequentato il repertorio monteverdiano. Una prima assoluta, dunque, per lei e per il pubblico, in omaggio al Divin Claudio.

Lo interpreta in un modo del tutto nuovo, commovente, con una tale partecipazione patetica da far venire i brividi, tra durezza e dolcezza. Il madrigale monteverdiano è introdotto da uno splendido taglia e cuci di temi monteverdiani eseguiti meravigliosamente dai Musiciens. Dopo Augelletti dal Rinaldo, commuove su ‘Lascia la spina dal Trionfo del tempo e del disinganno’, assestando alcune memorabili mezze voci. Regina delle colorature, Bartoli consegna alla storia una prova memorabile, con pianissimi spiazzanti, ribattute formidabili, tempi ora strazianti ora infiammati. Toccante in ‘Sol da te, mio dolce amore’, l’aria di Ruggiero dall’Orlando Furioso.

Chiude con un furibondo e appassionato ‘Desterò dell’empia Dite’, dall’Amadigi di Gaula di Händel con trilli da far perdere la testa in terzetto con oboe e trombone. Al termine del programma ufficiale, viene giustamente omaggiata dall’ovazione del pubblico e da un mare di rose rosa gettate dal loggione. Concessi anche alcuni bis, richiesti a gran voce dal pubblico in visibilio: ‘Piangerò la sorte mia’, dal Giulio Cesare in Egitto del suo amato Händel. Un secondo bis, geniale, combina la meraviglia barocca alla canzone ‘Summertime’. Un concerto riassunto in un’unica parola: indimenticabile.

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