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MONTEVERDI FESTIVAL 2024. L'INTERVISTA

Il maestro Dantone: «Questo Vespro è perfetto. Non c’è una nota fuori posto»

In San Marcellino il geniale direttore dirige l’Accademia Bizantina nel capolavoro sacro del divin Claudio

Giulio Solzi Gaboardi

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redazione@laprovinciacr.it

29 Maggio 2024 - 05:30

Il maestro Dantone: «Questo Vespro è perfetto. Non c’è una nota fuori posto»

CREMONA - Il Monteverdi Festival comincia ufficialmente venerdì 14 giugno alle 20 con la prima de L’Orfeo, la prima opera di Monteverdi, nonché il primo grande capolavoro del teatro musicale di tutti i tempi. In attesa di questa inaugurazione che si preannuncia imperdibile, un piccolo assaggio di Festival ci sarà anche stasera, con l’assoluto capolavoro del repertorio sacro monterdiano, il Vespro della Beata Vergine. Non conosciamo le intenzioni effettive di Monteverdi nel comporre questo monumentale lavoro, né dove e in che circostanze avvenne la prima esecuzione. Sappiamo però che è il punto d’arrivo più alto della parola sacra del divin Claudio.

Alla scoperta di questo monumento al Cielo, ci porta Ottavio Dantone, geniale direttore da sempre di casa a Cremona, nonché brillante interprete del repertorio antico.

Stasera alle 21, presso la chiesa di San Marcellino (via Ponchielli), dirigerà l’Accademia Bizantina e il Coro Ghisleri preparato da Luca Colombo. Quando parliamo con Dantone, il maestro si trova con l’Accademia Bizantina a Bagnacavallo, in provincia di Ravenna, dove stanno provando proprio il Vespro. Nel mentre, sta preparando un Orfeo a Zurigo. Una piacevole casualità, dato che gli incipit dell’Orfeo (Toccata) e del Vespro (Deus in adiutorium) sono identici.

Maestro, come si capisce e soprattutto come si interpreta la musica di Monteverdi?

«Sia nel repertorio profano che in quello sacro, Monteverdi rappresenta il culmine del rapporto tra musica e parola. Come tutti i geni della storia, Monteverdi riesce a far coincidere le situazioni musicali con il testo, con l’uso di figure molto chiare. Nella musica di Monteverdi poco è scritto e tutto è dedotto dalla conoscenza dei codici che lui applica in maniera magistrale. Anche nel Vespro, nei mottetti a voce sola o a due voci, si nota la corrispondenza. Monteverdi, in un certo senso, è facile, se si comprendono i codici dell’epoca. Un periodo di forte sperimentazione: con l’uso anche della monodia accompagnata, Monteverdi costruisce situazioni armoniche e melodiche geniali. Tutto è perfettamente corrispondente al senso della parola».

Quanto è importante la parola in Monteverdi?

«È fondamentale. In Monteverdi, nessuna nota, intervallo, frase è casuale. La musica di Monteverdi è fortemente comunicativa proprio per la naturalezza nella costruzione del discorso, che la rende accessibile anche al pubblico meno abituato a questo repertorio».


Oggi si tende a dire che la musica barocca (e quella di Monteverdi, nello specifico) sia in forte sintonia con la modernità e la nostra contemporaneità. Lei è d’accordo?

«In realtà, Monteverdi non è moderno, proprio perché è figlio della propria epoca. Risulta moderno perché, se riusciamo a esprimere la stessa estetica e lo stesso linguaggio del compositore nel suo contesto, diventa intellegibile e comprensibile. Vale per tutta la musica barocca e del Settecento. La società moderna è l’unica nella storia a consumare la musica del passato: conoscere l’estetica passata permette di attualizzare e rendere comprensibile questo repertorio. Vale anche per il ritrovato uso degli strumenti antichi. Lo strumento antico permette di esprimere quel contesto nel modo più immediato».

Parliamo del Vespro. Cosa rende questo capolavoro così decisivo?

«Il Vespro è la summa della produzione di Monteverdi. È l’assoluta perfezione. Questo Vespro, attraverso l’uso costante di un canto fermo, che è l’ossatura di tutto il Vespro, e l’espressione degli affetti. Tutte cose affrontate da altri compositori, ma in Monteverdi trovano l’espressione più alta e la perfezione massima del linguaggio dell’epoca. Un capolavoro senza confronti».


Si può parlare, se non di rivoluzione, quantomeno di una riforma della musica sacra a partire da questo Vespro? E che influenza ha sulla musica sacra successiva?

«Non sappiamo come il Vespro abbia influenzato i successori, anche se certamente Monteverdi era un punto di riferimento. Di certo, a partire dall’Introito fino al Magnificat, il Vespro esplora tutti i generi possibili nell’assoluta perfezione. In tutta la produzione monteverdiana, anche quello che sembra libero e immediato, è tutto costruito con la massima precisione e attenzione. Non mi stanco di dirlo: è perfetto. Dal punto di vista musicale, è tutto scritto così bene che non c’è da togliere o cambiare neanche una nota».

C’è un filo conduttore che lega la produzione sacra del divin Claudio con quella profana, cioè sia madrigalistica che legata al teatro musicale?

«Nel Vespro si sente la rivoluzione della nuova pratica. La musica sacra era, al tempo, strettamente polifonica. Qua troviamo invece la rivoluzione di Monteverdi, che scavalcò molte regole. Sia nel repertorio sacro, sia in quello profano, il filo conduttore è l’adesione perfetta alla parola. Monteverdi è perfetto anche nella libertà».


Cosa ci aspetta stasera?

«Ho diretto il mio primo Vespro proprio a Cremona, quasi vent’anni fa. Questa è la mia seconda volta. Molto è cambiato nel frattempo, e ogni volta si cerca di avvicinarsi non alla riproduzione di un evento passato, ma a un linguaggio che rappresenta un grande capolavoro della storia musicale».

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