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MUSICA A CREMONA

Museo del Violino, “Il suono antico di Antonio Stradivari” domenica 26 maggio

Occasione unica per ascoltare la chitarra “Sabionari” e il violino “Back”, “Josefowitz”, riportati alle condizioni ritenute quanto più possibile vicine a quelle in cui lasciarono la bottega, tre secoli e mezzo fa.

La Provincia Redazione

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23 Maggio 2024 - 19:11

Museo del Violino, “Il suono antico di Antonio Stradivari” domenica 26 maggio

CREMONA - Il concerto di Federico Guglielmo e Diego Cantalupi all’Auditorium Giovanni Arvedi del Museo del Violino, domenica 26 maggio alle 12, è occasione pressoché unica per apprezzare, come sintetizza il titolo, “il suono antico di Antonio Stradivari”. I due interpreti, infatti, si esibiranno con due strumenti del grande liutaio riportati a condizioni ritenute quanto più possibile vicine a quelle in cui lasciarono la bottega tre secoli e mezzo fa.

La chitarra “Sabionari”, del 1679, è una delle cinque di Stradivari oggi conosciute e l’unica a poter essere ascoltata nella configurazione barocca originale, con cinque corde doppie. Il violino “Back”, “Josefowitz”, del 1667 circa, è uno dei primi strumenti di Stradivari oggi conosciuti, stilisticamente ancora vicino alla lezione di Nicolò Amati. Entrambi sono temporaneamente affidati al Museo nell’ambito del progetto internazionale “friends of Stradivari”: il violino da Bambarone Art Foundation, la chitarra dalla famiglia Domenichini.

Il concerto offre, dunque un ritratto maturo e completo degli stili e della voga violinistica della fine del diciassettesimo secolo, quando Cremona era crogiuolo di sperimentazione musicale e liutaria. Nei secoli successivi, tanto il violino quanto la chitarra hanno subito una costante evoluzione, che li ha portati ad assumere la fisionomia oggi conosciuta. Le progressive trasformazioni, dettate dalla necessità di aumentare l’estensione degli strumenti, facilitare l’emissione del suono e l’esecuzione di sempre più ambiziosi virtuosismi, ottimizzarne la resa acustica e perfezionarne l’intonazione, andava di pari passo tanto con l’affinamento delle tecniche costruttive, della lavorazione dei materiali, quanto con l’acquisizione di nuove competenze fisico-acustiche. Pochissimi esemplari, dopo essere stati ammodernati tra diciottesimo e diciannovesimo secolo, sono tornati nella configurazione ritenuta originale.

Il programma proposto da Federico Guglielmo e Diego Cantalupi su due capolavori riportati all’assetto probabilmente primigenio, permette, dunque, di riscoprire suoni e caratteristiche timbriche tipiche di un’epoca segnata tanto dalla genialità di Stradivari quanto dalla maturità temperamentosa del barocco e già preludio al classicismo e allo stile galante. Cremona, fu, all’epoca, patria di grandi liutai, di compositori come Monteverdi, di musicisti come Gasparo Visconti, Andrea Zani o Carlo Zuccari. Si inserisce appieno nel clima culturale della Pianura Padana, dove alcune corti, Mantova, Verona e Ferrara anzitutto, si fecero sostenitrici delle arti e, soprattutto, patrone di ogni ricerca estetica, anche le più bizzarre, che gli artisti volessero tentare al loro interno.

A portare ordine in tanta empirica congerie fu, in ambito violinistico, Arcangelo Corelli, geniale fondatore della Scuola violinistica italiana, nonché depositario di quelle bolognese e romana - capace di organizzare la Sonata in modo rigoroso ed eppur vivace, tanto da porla come esempio carismatico per più di un secolo, non solo in Italia. Il programma musicale esplora proprio queste elaborazioni ricercate e lievi, dove gli strumenti concertano e dialogano, trasfigurando in forme nuove suggestioni di origine vocale o di danze popolari, e realizzando di fatto un nuovo linguaggio.

La fama immediatamente raggiunta arrivò in Europa. Oltremanica, ogni gentleman del secolo XVIII che avesse voluto dimostrare il proprio buon gusto in campo musicale avrebbe citato l’opera del celebre violinista italiano. Il culto di Corelli che si era diffuso in Inghilterra rapidamente, grazie soprattutto all’opera di alcuni allievi italiani, tra i quali il cremonese Gasparo Visconti, che ne curò le edizioni a stampa, contribuì a imporre anche al di fuori dei confini nazionali un determinato stile musicale come un classico, per equilibrio e perfezione formale. A Londra, d’altra parte, il campo era fertile: il chitarrista e violinista napoletano Nicola Matteis era approdato nella capitale verso gli anni Settanta del Seicento: le radici della sua musica affondavano nel repertorio popolare, e le sue partiture erano dedicate a professionisti ma anche ad amatori di alto livello.

Era possibile trovare i libri di Matteis, impressi in formato tascabile, con grande facilità, affiancati da altri volumi della medesima tipologia, tra i quali il celebre “The division violin”, contenente numerose variazioni su melodie celebri. Probabilmente fu invece Gaspar Sanz a esportare in Spagna il gusto per lo stile del compositore di Fusignano. Carl Ferdinand Pohl, riannodando i fili di tutta questa escursione musicale e liutaria, racconta di uno Stradivari appartenuto a Corelli. Non stupisca dunque che la sua estetica si accordi agli strumenti del liutaio, avvicinando gesti ed espressioni che sono anche misura di epoche e tempi, lontani e contemporanei insieme, desueti e autentici: il suono “antico” di Stradivari. Posto unico 10 Euro, ridotto fino a 11 anni 5 Euro.

 

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