L'ANALISI
STAUFFER, OMAGGIO A CREMONA
15 Maggio 2024 - 09:47
Il maestro Bruno Giuranna
CREMONA - Continuano le interviste ai maestri storici dell’Accademia Stauffer in previsione del grande ritorno di Omaggio a Cremona, con due concerti (il 28 e il 30 maggio), che vedranno maestri e allievi suonare insieme sul palco dell’Auditorium Arvedi del Museo del Violino. Oggi è il turno di Bruno Giuranna, docente di viola. Quando arriviamo a Palazzo Stauffer, il maestro milanese, classe 1933, sta facendo una piccola pausa. La lezione in corso terminerà con qualche minuto di ritardo. Il maestro ci invita a entrare. Ascoltiamo in religioso silenzio mentre prova il quarto movimento del Quintetto per pianoforte e archi op.57 di Dmitrij Šostakovič. Insiste sulle indicazioni di partitura, cerca coesione nel movimento e nell’emissione degli strumenti, corregge perfino la postura. A lezione finita, gli studenti, stanchi ma felici, vanno a mangiare qualcosa. Il maestro resta.
Come vanno i corsi quest’anno?
«Dopo tre giorni di lezioni qui alla Stauffer si è stanchi ma molto soddisfatti. Quest’anno le lezioni vanno benissimo. Ho dodici violisti e due complessi, di cui un trio con pianoforte e un quintetto con pianoforte. Non ci sono molti stranieri. Pensi che la Stauffer nacque per gli studenti cremonesi e inizialmente potevamo ammettere una piccolissima percentuale di studenti stranieri».
Tra i suoi allievi, tanti hanno lasciato il segno.
«Certo. Uno tra tutti, ad esempio, Simonide Braconi che ha studiato qui a Cremona e al primo concorso è diventato prima viola della Scala. Con la viola non si fanno le carriere internazionali solistiche che invece si possono fare con il violino o con il violoncello. La viola ha un ruolo diverso. Tanti dei miei allievi sono diventati prime parti in orchestre importanti, altri sono diventati maestri di moltissimi giovani musicisti: da questo punto di vista, sono pieno di nipotini!».
Che tipo di strumento è, quindi, la viola? Uno strumento ingiustamente percepito come d’appoggio, ma in realtà più esplorato dai più grandi compositori.
«Il repertorio della viola non è vasto come quello ad esempio del violino, ma è interessante notare come molti grandi compositori abbiano scritto la loro ultima opera per la viola, come una forma di testamento. Penso a Šostakovič, oppure a Brahms».
Come funziona una lezione del maestro Giuranna?
«È variopinta! Ogni lezione è costruita intorno alle necessità dell’allievo. La lezione è un fallimento se alla fine un allievo non suona meglio di come suonava quando è entrato. Cerchiamo di ottenere una migliore comprensione del brano, dal punto di vista tecnico, strumentale, e solo dopo interpretativo. Uno dei difetti più comuni del musicista è iniziare a occuparsi dell’interpretazione troppo presto: come un architetto che pensa alle tendine rosa mentre gli operai scavano nel cemento. Ogni allievo arriva con una sua visione del pezzo (che spesso è più una serie di abitudini). Io sottopongo la mia. L’allievo deve poter scegliere tra la mia e la sua visione, due occhi diversi per avere una prospettiva».
Si dice che lei sia rigorosissimo durante la lezione.
«Così dicono. So quanto sono rigoroso con me, quindi immagino quanto posso esserlo con i ragazzi».
Facciamo un bilancio di questi anni alla Stauffer. I ricordi che si tiene più stretti?
«La Stauffer ha dato a ognuno di noi la possibilità di insegnare nel modo che ritenevano più giusto. Le mie, ad esempio, sono lezioni corali, e chiedo a tutti gli allievi di assistere e partecipare. Chi suona, si abitua a suonare per la classe, ed è utile anche per avere più giudizi: ascoltare se stessi è difficilissimo. Non mi piace il rapporto di ‘sudditanza’ che rischia di esserci tra allievo e maestro. Anche l’insegnante impara spesso dall’allievo, in positivo e in negativo».
Durante la sua carriera ha avuto l’opportunità di suonare con grandi maestri come Abbado e Karajan. Sente un po’ la mancanza, oggi, di una stirpe artistica di quel livello?
«Mi diverto a osservare l’evoluzione (o l’involuzione) dell’esecuzione musicale, spesso inquinata da alcune mode passeggere. Oggi non ci sono più grandi personalità musicali. Nel frattempo, l’avvento del disco ha portato a una maggiore cura del lato tecnico, all’esteriorità della musica, ai suoni, e a una sempre minore espressione interpretativa ed emotiva del musicista».
Torna finalmente Omaggio a Cremona con due concerti il 28 e il 30 maggio.
«Nacque da un’esigenza pedagogica: tutti noi – io, Salvatore Accardo, Rocco Filippini e Franco Petracchi – siamo sempre stati convinti che il migliore insegnamento è il suonare insieme. Suonare insieme ci avvicina alla tradizione orale che la musica colta ha perso e che è rimasta nella musica popolare».
Dall’anno scorso, lei è anche cittadino onorario di Cremona. Che rapporto ha con questa città?
«A Cremona mi sento sempre a casa. Conosco tutti i tassisti e i ristoranti. Per me la chiusura di Cerri è stata una perdita tremenda!».
Che rapporto ho avuto con i suoi colleghi in questi anni?
«Siamo stati come fratelli. Sono stati straordinari e devo tutto alla Stauffer».
Il maestro Petracchi quest’anno lascerà il suo posto in Accademia. Lei continuerà?
«(Sorride) Finché non mi cacciano ho intenzione di continuare».
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