L'ANALISI
19 Marzo 2024 - 05:25
Molti sono i mali di cui oggi soffre la nostra scuola. Fra gli altri: una crescente burocratizzazione, una retorica della modernizzazione ridotta a semplice evocazione di nuove tecnologie e una diretta funzionalizzazione rispetto alle richieste del mondo del lavoro. Tutto ciò soffoca la possibilità di una più adeguata valorizzazione del ruolo intellettuale degli insegnanti (che è ciò che fa la differenza) e la possibilità per gli studenti di vivere il senso del loro studio, nel tempo più creativo della formazione personale.
La missione della scuola consiste nel suscitare e sviluppare in ciascuno il meglio dell’umano, nel costruire i mezzi per problematizzare la propria esperienza nel mondo, nello stimolare lo spirito critico e autocritico, nell’incoraggiare ad amare la vita e lo spirito di fraternità, trovando la forza di rivoltarsi contro le barbarie che minacciano il nostro tempo. La missione della scuola consiste nell’insegnare congiuntamente l’idea di responsabilità personale e l’idea di solidarietà nei confronti degli altri, nel formare cittadini capaci al contempo di autonomia individuale e di integrazione nella propria comunità, a tutti i livelli: locale, regionale, nazionale, europea, e, oggi, ‘terrestre’, perché siamo in un tempo in cui la globalizzazione ha creato una comunità di destino planetaria, nella quale tutti condividiamo le stesse inquietudini e gli stessi pericoli, come abbiamo constatato con la pandemia e con gli effetti-farfalla delle altre crisi (bellica, climatica, ecologica...).
È urgente ritrovare a scuola il senso dei problemi del nostro tempo. Questi sono transdisciplinari: ma proprio per questo sono paradossalmente scartati dai programmi, che continuano a frammentare le discipline, atrofizzando la capacità di legare le conoscenze e di comprendere i problemi nei loro contesti, erodendo così le basi del pensiero critico e del senso di responsabilità. Il paradosso è che siamo sommersi, spesso proprio a scuola, da tante informazioni, che sono però disperse e incoerenti, e che perciò oscurano e opprimono la mente, invece di illuminarla e stimolarla.
Il vero ostacolo all’educazione sta proprio nel modo in cui le conoscenze e le informazioni di cui disponiamo sono organizzate: sta nella loro parcellizzazione; sta nella frantumazione dell’esperienza e della formazione personale fin dai primi anni di vita, nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria. Inoltre, ciò che il bambino apprendeva a scuola fino a pochi anni fa era sostanzialmente il tutto dei suoi apprendimenti. Ciò che i bambini apprendono oggi a scuola è solo una parte di ciò che apprendono nel corso delle loro giornate. Spesso neppure la parte riconosciuta da loro come più stimolante.
Oggi, nella sua esperienza quotidiana extrascolastica, il bambino acquisisce numerosissime informazioni e incontra una molteplicità di culture diverse. Ma tutto ciò accade in modo frammentario, senza alcun filtro interpretativo e senza alcuna prospettiva educativa in grado di unificare le sue molteplici esperienze e la formazione della sua persona. Di fronte a questa situazione, forte è la tentazione di accettare come inevitabile una sorta di abdicazione da parte della scuola rispetto ai suoi compiti educativi e formativi: forte è la tentazione di ridurre la finalità della scuola alla semplice trasmissione di alcune tecniche e di alcune competenze di base.
Al contrario, penso che, proprio a causa di questo nuovo contesto, il compito formativo della scuola diventa se possibile ancora più importante: compito della scuola è sostenere i bambini fin dalla prima infanzia nel costruire gli strumenti concettuali e culturali indispensabili per dare senso alla varietà delle loro esperienze, scolastiche ed extrascolastiche, per ricomporre la frammentazione delle informazioni, per unificare lo sviluppo della loro formazione personale.
Alla scuola tocca svolgere il compito che svolgeva Socrate con gli allievi e nell’agorà, chiedere ai ragazzi: puoi rendere conto di quello che sai? La rivoluzione informatica e digitale ha messo in crisi il ‘nozionismo’ e costretto a riorientare la didattica verso le competenze.
La rivoluzione delle tecnologie emergenti e dell’intelligenza artificiale e la rapidità del loro impatto sul mondo della produzione e dei servizi ha già messo in crisi una scuola orientata alle competenze lavorative e professionali. Le relazioni fra scuola e mondo del lavoro sono rapidamente cambiate. Nell’esercizio di ogni lavoro diventa sempre più frequente la necessità di riorganizzare e reinventare i propri saperi, le proprie competenze. Le tecniche e le competenze diventano obsolete nel volgere di pochissimi anni. L’impresa nella società di domani sarà sempre più un luogo di apprendimento.
Per converso, l’istruzione non potrà essere strettamente legata al lavoro, ma più in generale allo sviluppo di quelle capacità che consentono di apprendere ad apprendere tutta la vita: questo è richiesto da un mondo del lavoro nel quale tecniche e ruoli diventano rapidissimamente obsoleti; e questo è richiesto per l’esercizio di una cittadinanza attiva, critica e consapevole, in un mondo complesso in continuo cambiamento e di fronte a un futuro incerto.
La scuola non deve solo adattarsi ai bisogni professionali o tecnici di una società. Essa deve parimenti adattare la società ai bisogni della cultura. Perciò non bisogna tornare indietro: a dover scegliere tra un sapere umanistico e un saper-fare tecnico. Bisogna conciliare l’uno e l’altro a tutti i livelli della scolarizzazione e in ogni percorso di istruzione. L’obiettivo della scuola non può essere solo di trasmettere singole competenze e singole tecniche. Deve essere, piuttosto, quello di formare sul piano culturale, per generare la possibilità di affrontare positivamente l’incertezza e la mutevolezza degli scenari culturali, professionali, sociali e civili. Perché, comunque, la scuola deve ribadire la sua missione, che è stata quella di educare alla cittadinanza. Ed educare alla cittadinanza (non più solo nazionale, ma anche europea e globale) significa oggi educare alla comprensione che i problemi dell’attuale condizione umana (il degrado ambientale, il caos climatico, le crisi energetiche, la distribuzione ineguale delle risorse, le pandemie, l’incontro e il confronto di culture e di religioni, la responsabilità sociale della ricerca, i problemi bioetici, una nuova qualità della vita...) possono essere affrontati e risolti attraverso non solo una stretta collaborazione fra le nazioni, ma anche fra le discipline e fra le culture. E sullo sfondo, non dobbiamo dimenticare di rigenerare il principio che ereditiamo dall’Illuminismo: ogni educazione è educazione alla libertà e alla dignità umana.
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