L'ANALISI
LA STAGIONE CONCERTISTICA
28 Febbraio 2024 - 11:45
Il maestro Andrea Battistoni e il virtuoso Dmitry Masleev
CREMONA - Andrea Battistoni, a soli trentasei anni, è un musicista che ha già fatto parlare tanto di sé. «Un talento tecnico fatto di rigore ed elasticità» che mostra «una notevole maturazione di interprete» ha scritto il critico musicale Giuseppe Rossi. Dal 2006 ha intrapreso una rapida e sorprendente carriera direttoriale che lo ha portato nei più importanti teatri del mondo a dirigere alcune tra le più prestigiose orchestre internazionali. A soli 24 anni ha debuttato al Teatro Alla Scala, dirigendo le Nozze di Figaro. Stasera alle 20,30, al Teatro Ponchielli, salirà sul podio alla guida dell’ORT, l’Orchestra della Toscana, insieme al pianista russo Dmitry Masleev, interprete d’eccezione e straordinario solista. Abbiamo chiesto a Battistoni di raccontarci il concerto di questa sera.
Un programma tutto russo, da Čajkovskij a Rimskij-Korsakov, passando per Borodin. Come sono stati scelti i brani in scaletta?
«Il programma è stato costruito a partire dal solista, Masleev, che nel 2015 ha vinto il XV Concorso Čajkovskij di Mosca, e che ha fatto, quindi, del compositore russo e, in particolare, del Concerto n.1 per pianoforte, il suo cavallo di battaglia».
C’è anche un intento di riabilitazione artistica del mondo musicale russo dopo anni in cui è stato, da alcuni, guardato con un certo sospetto?
«Non vi è alcun intento programmatico o politico, perché è una musica che non ha bisogno di essere riabilitato: parliamo di brani che vanno annoverati tra le pagine della più grande letteratura musicale di sempre».
Entriamo nello specifico. Partiamo dal fondo del programma, con la Sinfonietta su temi russi di Rimskij-Korsakov.
«In questo caso si tratta di un pezzo raramente eseguito, ma interessantissimo. Troviamo una dimensione più cameristica e spiccatamente romantica. Un brano molto particolare anche per il grande controllo con cui vengono utilizzati i temi provenienti dal folklore russo e da quello ucraino».
Il poema sinfonico ‘Nelle steppe dell’Asia Centrale’ di Borodin racconta una Russia affascinante.
«È un brano abbastanza conosciuto, ma poco eseguito dal vivo, per quanto esistano diverse registrazioni. Nella sua semplicità, è una pagina fortemente suggestiva. Dipinge l’incontro di due carovane: una russa e una mediorientale. Queste si incontrano nel mezzo della steppa e poi si allontanano. È un momento di dialogo in musica straordinario e che sarebbe auspicabile replicare nella realtà».
Il Concerto n.1 per pianoforte e orchestra di Čajkovskij è davvero un brano che non avrebbe bisogno di presentazioni. Ci si può distinguere affrontando un brano dalla prassi esecutiva così consolidata?
«Le suggestioni maggiori in una pagina così epica devono certamente partire dal solista, che ovviamente parte da una tradizione esecutiva di riferimento. È bene, comunque, rispettare ciò che scrive il compositore, non tanto per essere ligi, ma perché la partitura già dice tutto. Nel nostro lavoro ci siamo attenuti all’ideale sonoro di Čajkovskij, che vuole essere cantabile, ma mai mieloso, restituendo la grandiosità di questo Concerto che trova le sue radici nel lavoro di Liszt e degli altri grandi virtuosi del pianoforte».
Proviamo a fare qualche esempio di momenti in cui avete preferito smarcarvi dalla tradizione esecutiva per rispettare al meglio la scrittura del Maestro.
«Abbiamo evitato l’accelerazione del solista nel finale del primo movimento, cosa che si tende a fare, ma non è scritta da Čajkovskij. Oppure, sempre in virtù dello spirito epico del concerto, abbiamo evitato di alterare il tempo di base del secondo movimento, a volte eseguito in modo troppo lento e retorico. Ci tenevo a sottolineare poi la dimensione sia popolaresca che salottiera del brano: Čajkovskij è anche questo».
Un invito finale al pubblico?
«Stiamo facendo un tour in tante città italiane e la cosa più bella è vedere la crescita dell’orchestra, che via via prende confidenza e sicurezza su brani anche meno eseguiti come quelli che abbiamo inserito nella seconda parte del programma. Di sera in sera tutto diventa più naturale e piacevole. È un concerto che merita di essere sentito perché abbiamo selezionato un programma di grande musica, composto da tre autori senza i quali la storia della musica non sarebbe stata la stessa».
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