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BOZZOLO: IL CONVEGNO

'Guerra alla guerra': Mazzolari e Milani, giganti della fede e profeti della pace

Oltre 400 persone stamattina nella chiesa di San Pietro Apostolo. Relatori: don Bruno Bignami e Rosy Bindi, moderatore: Paolo Gualandris

Davide Luigi Bazzani

Email:

davideluigibazzani@gmail.com

13 Gennaio 2024 - 19:46

'Guerra alla guerra': Mazzolari e Milani, giganti della fede e profeti della pace

Don Bruno Bignami, Paolo Gualandris e Rosy Bindi

BOZZOLO - Oltre 400 persone, provenienti dal territorio ma anche da città lontane, hanno occupato tutti posti a sedere e non solo, stamattina nella chiesa di San Pietro Apostolo, per il convegno 'Guerra alla guerra - Mazzolari e Milani profeti di pace', dedicato alle figure dei due giganti della fede, il parroco di Bozzolo e il priore di Barbiana. Relatori don Bruno Bignami, direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della CEI e postulatore della causa di beatificazione di don Mazzolari e Rosy Bindi, già parlamentare e presidente del Comitato per il centenario della nascita di don Lorenzo Milani. Tra i presenti, diversi sacerdoti, tra cui don Umberto Zababoni, vicepostulatore della causa di beatificazione di don Primo.

Due ore, dalle 10.30 in poi, di riflessioni intense seguite in un silenzio colmo di attenzione, visto lo spessore degli interventi, stimolati dalle domande del direttore de La Provincia Paolo Gualandris. Un successo pieno, senza alcun dubbio, per l’evento, introdotto dai saluti del parroco don Luigi Pisani. «I numeri delle adesioni sono aumentati continuamente - ha detto - e così abbiamo deciso di spostarci in chiesa».

Don Bruno Bignami, Rosy Bindi, Matteo Truffelli e Paolo Gualandris

Al suo primo intervento pubblico, Matteo Truffelli, da poco più di un mese presidente della Fondazione don Primo Mazzolari, ha sottolineato l’importanza delle due figure cui la giornata è stata dedicata: «Due credenti che siamo abituati a tenere assieme nel nostro ‘pantheon’, tra i nomi che abbiamo come punti di riferimento per l’impegno sociale, culturale, politico che hanno avuto e hanno ancora nella formazione di tante coscienze. Due figure connesse con un legame reso ancora più forte dalla giornata del 20 giugno 2017 quando Papa Francesco ha voluto visitare la tomba di don Primo e la tomba di don Lorenzo a Barbiana, indicandoli come esempi di parroci che hanno saputo lottare e soffrire per la propria fede, per la Chiesa e per il Vangelo. Il rapporto che ci fu tra loro fu, come ha scritto Mariangela Maraviglia, 'sporadico ma non casuale'. Erano uniti dalla convergenza di alcune loro posizioni ma soprattutto dalla loro passione per il loro tempo. Due innamorati di Cristo che hanno saputo essere Chiesa che abita le periferie».

Erano uniti «dal bisogno scottante di vivere fino in fondo il proprio ministero, dentro la Storia, a confronto con la società, senza risparmiarsi, senza preoccuparsi di avere una rete di salvataggio. Di Mazzolari, ma la cosa vale anche per don Milani, il Papa ha detto che 'non si è tenuto al riparo dall’azione della vita, dalla sofferenza della sua gente, che lo ha plasmato come pastore schietto ed esigente, anzitutto con se stesso'. Schietti ed esigenti Mazzolari e Milani lo furono con se stessi, ma anche con la società, la politica, la cultura. E sono punti di riferimento per quanti non si rassegnano alla sopraffazione». L’altra ragione dell’importanza dell’iniziativa, ha aggiunto Truffelli, è l’urgenza di discutere di guerra e di pace: «Le guerre in corso segnano la sconfitta del sogno di una convivenza pacifica. Don Mazzolari e don Milani ci indicano la strada, perché facevano della pace, vista non in modo astratti, la loro ostinazione».

Una pace «necessaria», ha sottolineato Gualandris, ricordando per inciso che oggi sarebbe stato il compleanno di don Primo, nato al Boschetto di Cremona il 13 gennaio 1890, con il richiamo al centenario di don Milani che «crea una congiunzione» ulteriore tra i due religiosi. «Il loro pensiero è attualissimo - ha evidenziato il direttore - visto che oggi ci sono 59 guerre in corso e il tributo più alto lo pagano come sempre i civili, come vediamo a Gaza, in un conflitto in cui ci sono solo cattivi, perché Hamas ha attaccato in maniera brutale con Israele che ha risposto in modo altrettanto brutale».

L’attore e regista bresciano Luciano Bertoli ha letto poi un brano dal testo 'La pace adesso o mai più' di don Primo. Don Bignami ha spiegato che cosa significa 'Guerra alla guerra', ricordando che è il titolo di un intervento che Mazzolari fece nel 1950 su 'Adesso': «Un dialogo che fece con Guido Miglioli, uomo che fece la scelta del Partito Comunista, mentre don Primo fiancheggiava la Democrazia Cristiana. Quell’articolo è un punto di approdo del pensiero di Mazzolari». Tre le affermazioni: «La prima: solo chi prima di essere uomo e cristiano è tessera, partito, fazione può pensare che la possibile guerra sia l’unico messo per rovesciare la tenda dell’altro. La seconda riguarda i poveri, laddove dice che negli oppressi si insinua la sfiducia e la rassegnazione che li può far piombare nel fanatismo. Con la terza dice che la guerra è il fratricidio scientificamente organizzato». Don Bignami ha poi ricordato che «alla vigilia della prima guerra mondiale Mazzolari era interventista», salvo poi giungere ad una conversione, tanto da arrivare a dire «ho schifo di tutto ciò che è militare. Un cambio di paradigma dovuto al confronto con la realtà che lo ha mandato in crisi».

Bertoli ha quindi letto la lettera di don Milani ai cappellani militari che avevano contestato l’obiezione di coscienza, prima dell’intervento di Rosy Bindi, sollecitata da Gualandris a sviluppare il tema del primato della coscienza sull’obbedienza e del valore della testimonianza. «Sono molto contenta di essere qui - ha esordito l’ex ministro -, peraltro è la prima volta e per me è motivo di particolare emozione. Don Milani e don Mazzolari sono stati straordinari testimoni e profeti del loro e del nostro tempo. Hanno condiviso la stessa esperienza, pur non essendosi mai incontrati. Furono soli, ma mai isolati. Scomodi, incompresi, due giganti fedeli alla Chiesa. Erano diversi: don primo figlio del popolo, don Lorenzo figlio della borghesia, ricco, ma che sceglie i poveri. Entrambi  fecero dei poveri il primato della loro missione».

Don Lorenzo sottolineò che a pagare «sono sempre gli ultimi» e che «in guerra vanno i figli degli operai e dei contadini». Bindi ha evidenziato che per don Milani «se i popoli dei odiano è perché sono stati educati all’odio da classi dirigenti che dalla guerra traggono vantaggio». Don Milani sosteneva che l'obbedienza non dovesse essere cieca o automatica, specialmente quando le regole o le autorità sono ingiuste o corrotte. Invece, promuoveva una forma di obbedienza critica, dove le persone sono incoraggiate a riflettere moralmente sulle leggi e gli ordini che ricevono e a sfidarli se contrari alla giustizia o ai principi etici.

Don Bignami ha poi ricordato come per don Mazzolari fosse importante la necessità di istituzioni sovranazionali e anche il tema della obiezione di coscienza per «organizzare la pace», perché per lui «il tema centrale è quello della coscienza», oggi «anestetizzata». Bindi ha citato più volte Papa Francesco: «Quello che dice, il messaggio del Vangelo, è scomodo per i benpensanti, che mostrano una certa insofferenza verso di lui». Ed ecco perché «i cristiani sono chiamati a impegnarsi, perché la democrazia esiste in virtù di un fondamento spirituale». Diversi gli applausi.

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