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Raffaele di Cremona, precettore dei nipotini di Marco Polo

Un magister cremonese: traccia sui documenti che suscita curiosità

Barbara Caffi

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bcaffi@laprovinciacr.it

08 Gennaio 2024 - 09:22

Raffaele di Cremona, precettore dei nipotini di Marco Polo

Lettura e scrittura nel Medio Evo

CREMONA - Un nome. Un nome e niente più. Una traccia infinitesimale per ricordare una vita trascorsa settecento anni fa: di ‘magister Raffaele da Cremona’ non si sa altro, se non che è stato il precettore dei nipotini di Marco Polo. Chi fosse, cosa lo avesse spinto fino a Venezia e come fosse arrivato ad avere la fiducia della famiglia del mercante non è dato sapere. È, appunto, solo uno sbaffo di inchiostro su un documento, in grado tuttavia di suscitare curiosità e aprire un’infinità di ipotesi.

È Agnese Polo a citare il magister nel suo testamento. Di lei non si conosceva l’esistenza fino a un paio di anni fa, quando Marcello Bolognari, dottorando a Cà Foscari, ne ha scoperto le ultime volontà all’Archivio di Stato di Venezia. Di Marco era fino a quel momento noto il matrimonio con Donata Badoer, intorno al 1300, e la successiva nascita di Fantina, Bellela e Moreta. Agnese nasce da un’unione precedente: forse Marco, prima di convolare a nozze con Donata, era già stato sposato ed era rimasto vedovo di una donna di cui ancora non si sa nulla. Oppure Agnese è nata fuori dal matrimonio, senza che questo le abbia impedito di essere figlia amatissima e in rapporti sempre affettuosi con il padre.

Presumibilmente, la primogenita di Marco Polo è nata tra il 1295 - data in cui gli storici fissano il ritorno del mercante dal celebre viaggio - e il periodo della prigionia genovese, che ebbe luogo tra il 1298 e il 1299, e durante la quale Marco raccontò le sue avventure a Rustichello da Pisa, cui tradizionalmente si deve la stesura del Milione.

Nato nel 1254, nel 1271 Marco con il padre Niccolò e lo zio Matteo intraprese la via dell’Oriente, spingendosi per affari fino al Catai, l’attuale Cina, dove diventa consigliere e ambasciatore del Gran Khan Kubilai. Partito ragazzo, torna a Venezia che è un uomo fatto, nel 1295, ed è in questi anni che incontra la madre di Agnese.

Nell’estate del 1319, Agnese è quindi intorno ai vent’anni. Ha già un marito e tre figli, e sta per morire per motivi che non sono noti. Il 7 luglio Agnese affida le sue ultime volontà al padre Marco, che a sua volta le fa conoscere al prete-notaio Pietro Pagano della chiesa di San Felice. La chiesa attuale è di sobria impronta cinquecentesca, ma era già esistente nel XII secolo. È nel sestiere di Cannaregio, non lontano dalla casa di famiglia dei Polo. La parrocchia di riferimento è la stessa, quella di San Giovanni Grisostomo.

È un giorno triste, e non è solo l’umidità che sale dai canali a rendere il respiro affannoso e a rendere pesante l’aria. Agnese ricorda il marito Nicolò, detto Nicoletto. E si preoccupa dei figli, bimbi evidentemente piccolissimi il cui futuro è ancora tutto da scrivere. Agnese non li vedrà crescere e lo sa. E anche se i suoi desideri sono destinati a essere scritti su un documento ufficiale, chiama i bambini con i loro vezzeggiativi di tutti i giorni: Barbarella, Papon, che vuol dire ‘mangione’, e Franceschino. A loro destina i suoi beni e cerca di immaginare gli anni che verranno.

Si premura perciò di lasciare qualcosa anche alle figure familiari, quasi a voler mantenere intatto l’ambiente domestico, evitando così ai bimbi il dolore di ulteriori perdite e abbandoni. Per questo, Agnese dà disposizioni perché anche la ‘santola’ Benvenuta, la madrina, e la ‘famula’ Reni, ovvero la domestica, ricevano qualcosa. È non dimentica il magister Raffaele da Cremona, che ai bimbi forse ha già cominciato a insegnare i primi rudimenti della scrittura e della lettura. Di Raffaele non si sa nulla, si è detto. Ma i rapporti tra Cremona e Venezia sono stati sempre proficui: città d’acqua e di mercanti, hanno intrecciato per secoli i loro destini. Lungo il Po viaggiavano merci e uomini e ovviamente le idee.

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