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#DIRITTODICRITICA: 'Zio Vanja', le recensioni degli studenti

Torna l'iniziativa organizzata dal giornale La Provincia e da Fondazione Teatro Amilcare Ponchielli

La Provincia Redazione

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12 Dicembre 2023 - 15:38

#DIRITTODICRITICA: 'Zio Vanja', le recensioni degli studenti

CREMONA - Torna l'appuntamento con #DIRITTODICRITICA, l'iniziativa organizzata dal giornale La Provincia e da Fondazione Teatro Amilcare Ponchielli, che offre agli studenti delle scuole cremonesi la possibilità di esprimere il loro giudizio motivato e argomentato sugli spettacoli in cartellone al Ponchielli.

E' di scena il grande drammaturgo russo Anton Čechov con Zio Vanja, tra ironia e malinconia.

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Martedì 5 Dicembre 2023 il regista Leonardo Lidi, insieme alla sua compagnia, ha portato in scena lo spettacolo “Zio Vanja” ispirato all’omonimo dramma scritto alla fine ‘800 dall’autore russo Anton Čechov. Questa compagnia era già approdata al teatro Ponchielli di Cremona nella scorsa stagione, con la presentazione de “Il Gabbiano”, prima tappa del progetto dedicato al drammaturgo russo.

Una storia drammatica e ironica, una scenografia composta da un semplice muro di legno di betulla e una panca appoggiata ad esso, nove attori in scena e un cane: i personaggi di “Zio Vanja” ci raccontano la storia della loro famiglia, che vive in una tenuta nella campagna russa, e di come la loro vita sia cambiata negli ultimi dieci anni, cioè da quando il Professore, cognato di zio Vanja, è tornato a vivere lì, ormai da anziano, con la seconda giovane moglie Helena. La donna, molto attraente, non va inizialmente d’accordo con la figliastra Sonja, mentre è contesa dallo Zio e dal medico di famiglia, che frequenta la casa per curare il professore. In secondo piano compaiono la nonna, il maggiordomo e una coppia che aiuta nei lavori: tutte persone infelici, per motivi amorosi, per il troppo lavoro, per la vecchiaia sopraggiunta o per un irrealizzabile desiderio di ritorno al passato.

In un clima pieno di rancori inespressi e di molta agitazione, si susseguono fin dall’inizio lunghi monologhi, interrotti da improvvise e prolungate pause di silenzio, che lasciano allo spettatore la sensazione che qualcosa di importante stia per accadere. E qualcosa accade: Helena cede al fascino del medico, lo Zio tenta di uccidere il cognato, la nipote, rassegnata ad un amore non corrisposto, consola lo zio sperando in un futuro migliore.

Tutto lo spettacolo si svolge davanti al muro di legno e in alcune scene gli attori si appoggiano alla parete come se si sentissero schiacciati da una realtà che vorrebbero diversa; la lunga panca viene utilizzata dai personaggi che si alzano e si siedono mentre discutono, si confidano, si amano e si odiano.

L’incessante susseguirsi di dialoghi si è svolto nel silenzio del teatro, che ha assistito con partecipazione ad una serata impegnativa, dove sono stati trattati diversi argomenti importanti, dalla natura devastata per opera dell’uomo alla sofferenza dell’animo umano, ma che talvolta è anche riuscita a strappare qualche risata al pubblico presente in sala.

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Mercoledì scorso è andato in scena “Lo Zio Vanja”, secondo lavoro di Leonardo Lidi di una trilogia dedicata ad Anton Čechov portata al Teatro Ponchielli già l’anno scorso con la messa in scena de Il Gabbiano. Quest’anno Lidi torna carico incassando il Premio Ubu 20232023 e assicurandosi per il 2024 un posto al Ponchielli per rappresentare l’ultima opera della trilogia: il Giardino dei Ciliegi.

L’opera di Cechov ruota attorno a una famiglia contadina russa che vive in una tenuta di campagna. Lo zio Vanja, un uomo di mezza età dal carattere vivace e sfrontato convive con la delusione di una vita non vissuta appieno, come del resto accade anche ai componenti della famiglia; basta l’arrivo del professor Serebrjakov, accompagnato dalla giovane moglie Elena, a distruggere ogni equilibrio familiare.

La quotidianità rappresentata, seppur semplice e talvolta monotona, ospita sentimenti repressi che provocano un enorme insoddisfazione che sfocia poi in tensioni familiari, in grado di emergere durante la storia.

In una raffinata interpretazione de "Lo zio Vania" di Anton Čechov, la compagnia teatrale, diretta da Leonardo Lidi, ha offerto uno spettacolo magistrale. Gli attori, tra cui Giordano Agrusta, Maurizio Cardillo, Ilaria Falini, Angela Malfitano, Francesca Mazza, Mario Pirrello, Tino Rossi, Massimiliano Speziani, Giuliana Vigogna, hanno dato vita ai personaggi con intensità. Le scenografie di Nicolas Bovey e i costumi di Aurora Damanti hanno creato un suggestivo sfondo visivo. Il suono di Franco Visioli ha arricchito l'esperienza. Il Ponchielli ha ospitato una produzione che, con maestria e cura dei dettagli, onora e rinnova il capolavoro di Čechov.

"Lo zio Vania" ha suscitato un entusiasmo travolgente tra il pubblico, coinvolto dalla potente interpretazione degli attori, dalla regia accurata e dalla suggestiva atmosfera creata sulla scena. La compagnia ha reso vivo il realismo psicologico di Chekov ed è riuscita a trasportare il pubblico nel cuore delle emozioni dei personaggi. La performance è stata accolta con applausi scroscianti e un generale senso di apprezzamento da parte degli spettatori.

“Lo Zio Vanja" è uno spettacolo che ci si ripromette di andare a rivedere; imperdibile per gli amanti del teatro e per coloro che cercano una rappresentazione fedele e coinvolgente di un classico della letteratura drammatica.

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Martedì 5 dicembre è andato in scena presso il Teatro Ponchielli “Zio Vanja”, riadattamento dell’opera scritta nel 1896 da Anton Čechov. La regia di Leonardo Lidi rimane fedele al testo originale, anche se l’ambientazione si distacca completamente dalla tradizionale ottocentesca dell’autore russo, per immergersi nella quotidianità di una famiglia scapestrata degli anni Sessanta del Novecento. Questa follia si riflette su costumi, acconciature e atteggiamenti: i personaggi mantengono il proprio ruolo all’interno dell’opera, ma la loro essenza viene completamente stravolta.

A partire dalla figura del dottor Astrov (interpretato da Mario Pirrello), originariamente visto come l’archetipo colto e di sicuro fascino, che nella rivisitazione dell’opera assume le sembianze di un reietto dedito all’alcool e che lascia intravvedere lo sfacelo del suo tempo.

Allo stesso modo, la figura della balia (Francesca Mazza) sveste i panni della nonna per assumere invece quelli di una trasandata casalinga solita girare per casa con bigodini in testa e mozzicone di sigaretta pendente dalle labbra.

Ognuno di loro è costretto a convivere con le proprie frustrazioni, e sembra essere in attesa di fuggire da qualche parte senza mai riuscire nel tentativo di uscire definitivamente dal contesto in cui si trova, un po’ come il piccolo Scottish Terrier che dall’inizio sino alla fine della rappresentazione si muove indifferente alla scena, allontanandosene per poi ritornarvi continuamente.

Gli attori si muovono con maestria su un palcoscenico minimalista costituito esclusivamente da una parete in legno, con una panca antistante che diviene il ruolo di ritrovo e il fulcro dell’azione. Altri elementi costitutivi della scenografia sono proiezioni di coni di luce che vanno a restringere la scena concentrandola sui singoli personaggi. Le carte geografiche che Astrov ha realizzato con assoluta dedizione sono trasmutate in disegni di bambino ove il colore è tracciato con campiture sbadate accentuando l’ironia del tutto. Gli sprazzi musicali sono alquanto azzeccati e di sicuro effetto con le loro note improntate al blues.

La solennità dei dialoghi del testo originale viene scalzata dall’atteggiamento caricaturale cui è improntata la recitazione, con l’effetto di suscitare volontaria ilarità che si traduce nel lungo applauso liberatorio finale.

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