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CREMONA: IL SOFFITTO SEGRETO

Tavolette e fregi fuori dall’oblio di casa Pescaroli

Databile intorno al 1470, perfettamente integro, è un unicum in città

Mariagrazia Teschi

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mteschi@laprovinciacr.it

31 Ottobre 2023 - 08:49

Tavolette e fregi fuori dall’oblio di casa Pescaroli

Enrico Perni sul ponteggio durante i lavori di restauro del soffitto ligneo

CREMONA - La rimozione di un controsoffitto ad arelle che lo ha occultato per decenni, ha permesso di portare di nuovo alla luce un soffitto a tavolette policrome di casa Pescaroli, databile attorno al terzo quarto del XV secolo, all’interno di palazzo Manna. Un unicum a Cremona, un raro esempio di solaio rinascimentale perfettamente integro e originale in ogni sua parte, completato da porzioni ben leggibili di fregi parietali. La sala quattrocentesca e i suoi decori ritrovati, concorrono a svelare la parte più antica, e finora sconosciuta, del grande edificio all’incrocio tra via Manna e via dei Tribunali appartenuto alla famiglia nobile cremonese già dalla fine del XVI secolo. Roberta Aglio, storica dell’arte e studiosa del soffitto ritrovato e Enrico Perni a cui è stato affidato il lavoro di restauro, sono stati le guide d’eccezione alla visita che l’Associazione Amici del Museo guidata da Maria Giovanna Carutti ha effettuato nei giorni scorsi.

Roberta Aglio, storica dell’arte e studiosa del soffitto ritrovato


«Un ritrovamento davvero eccezionale — conferma Aglio — e un’importante testimonianza artistica che contribuisce ad arricchire le conoscenze sulla produzione di tavole da soffitto cremonesi, soprattutto in relazione alla dispersione che ha portato alla perdita di centinaia e centinaia di tavolette cremonesi tra XIX e XX secolo», oggetto della tesi di dottorato che la storica dell’arte sta per concludere presso l’università di Tarragona, in Spagna con la professoressa Licia Buttà. «L’eccezionalità del ritrovamento, per quanto fortuito, è vivida testimonianza della storia più antica di palazzo Manna, vasto fabbricato ottenuto dall’accorpamento di diversi, piccoli edifici di origine medievale e rinascimentale — spiega la studiosa —. Si tratta di una scoperta di notevole rilevanza per Cremona poiché rappresenta un raro esempio di soffitto a tavolette non manomesso, interamente integro e originale nei dettagli, completato da porzioni ben leggibili di fregi parietali. L’apparato figurativo vivace, anche se ripetitivo», è il probabile esito di una scelta funzionale all’economia della realizzazione, ma anche al significato veicolato dalle immagini.

Un particolare del soffitto ritrovato

«Le tavole da soffitto, infatti, non erano solamente piccoli, colorati dipinti chiamati a ravvivare l’ambiente, ma racchiudevano messaggi correlati alla vita e alle esigenze sociali del padrone di casa», aggiunge. Le tavolette di questa sala sono ornate da un vistoso elemento floreale «che si ripete identico lungo tutte le campate, alternato a soggetti zoologici tra cui cervi, cerbiatti, falconi, volpi, cicogne e soprattutto conigli, singoli o accoppiati, raffigurati in una molteplicità di pose, studiate allo scopo di rendere l’insieme dinamico, suggerendo una chiara idea di movimento».

Lo stemma Pescaroli


I listelli ‘copritratta’, posizionati lungo la trave allo scopo di nascondere l’inserzione delle tavolette, portano elementi decorativi che forniscono importanti elementi sulla committenza (la famiglia Pescaroli), il suo ruolo sociale, le disponibilità economiche, la destinazione della sala. Il casato è documentato nella vicinìa di Santa Lucia proprio attorno agli anni ’80 del XVº secolo. Il suo stemma — tre uccelli con pesce in bocca — ricorre continuamente sui listelli, alternato a quello di altre casate cremonesi. Nei primi anni del XX secolo, il blasone era ancora segnalato su alcuni capitelli nel cortile del palazzo dell’attuale Questura, oggi non sono più esistenti ma la loro presenza documentata «un’informazione interessante sulla conformazione dell’antica dimora rinascimentale inglobata successivamente in palazzo Manna». Sulla destinazione di quella grande sala impreziosita dal soffitto decorato ancora non vi è certezza. Tuttavia gli stessi soggetti delle tavolette, «fiori rigogliosi e conigli simboli di fecondità, falconi addomesticati con il campanellino legato alla zampa oppure rapaci, da interpretare come pericoli per la vita famigliare, e ancora stemmi di famiglia continuamente ripetuti, sembrano alludere a tematiche matrimoniali e comunque femminili, rese esplicite dalle scritte ‘amor’ e ‘a bon fin’ che ricorrono nelle cornici di tavolette e cassettoni, nei listelli e lungo i fregi dipinti sulla parte alta delle pareti», aggiunge Aglio.

Un fascione decorativo su intonaco

Il restauro assolutamente conservativo, accurato e puntuale nel rispetto dei dettami della Soprintendenza, si è dato poche concessioni. «Originali le cromie di indaco e cinabro, nessuna integrazione delle tempere, lo stato di conservazione era quasi perfetto. Il controsoffitto ha preservato i colori dalla luce che è il principale fattore di degrado», spiega Enrico Perni. Minimi ritocchi hanno interessato un paio di tavolette e di cornici, parzialmente ricostruite per mantenere gli equilibri estetici ed evitare le infiltrazioni di sporcizia. Datazione e contesto esecutivo, infine, sono ipotizzabili attraverso alcuni confronti. «In particolare il ramo fiorito, qui piuttosto stilizzato, richiama quello più raffinato di una serie di tavolette prossime all’ambito bembesco, oggi nei depositi del Museo Civico di Cremona, con putti e vasi in pastiglia dorata.

Alla stessa bottega sono attribuiti anche alcuni pannelli oggi presso la Casa del Podestà a Lonato del Garda dove le coincidenze con le tavolette della sala riguardano la cornice ad arco trilobato e soprattutto il trattamento dello sfondo disseminato, quasi fosse un arazzo, da fiorellini piccolissimi. Questi elementi uniti alla tipologia dei fregi parietali permette, in assenza di altra documentazione di ipotizzare una datazione prossima al 1470-1480». Persino un soffitto, dunque, può diventare un prezioso e affascinante documento di storia di una comunità, da scoprire con il naso all’insù. Fortuna ha voluto che, passati di moda nei primi decenni del ‘500, fossero coperti e non distrutti, come a casa Persichelli. Sarebbe stato un lavoro tropo faticoso e oneroso, ed è così che sono arrivati intatti fino a noi. 

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