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Doppiatori, voci senza volti

Il docufilm di Filippo Soldi alla scoperta di una pratica che ha influito anche su lingua e cultura

Nicola Arrigoni

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narrigoni@laprovinciacr.it

24 Ottobre 2023 - 11:19

Doppiatori, voci senza volti

CREMONA - C’è tutto l’amore per il cinema, la voglia di raccontarne gli aspetti più nascosti, i segreti del mestiere, la materia che permette di costruire sogni in immagini. C’è tutto questo in La voce senza volto, docufilm di Filippo Soldi, colto e raffinato regista cremonese, dedicato al mondo del doppiaggio.

Globo d’Oro nel 2013 per il miglior documentario con Suicidio Italia e premiato come miglior documentarista ai Nastri D’argento 2023 per Noi siamo Alitalia – Storia di un Paese che non sa più volare, Soldi ha fatto dell’arte del documentario la sua forma espressiva per eccellenza, affidando alla sua cinepresa racconti che pescano nella realtà, nei fatti di cronaca per assurgere a emozionanti e mai banali narrazioni che disvelano l’inatteso del caso Alitalia, come del mondo segreto dei doppiatori.

soldi

Filippo Soldi

Il film sarà presentato domani (mercoledì 25) alla Casa del Cinema nel ricco cartellone della Festa del Cinema di Roma. E già dal titolo le suggestioni non mancano. Recupera infatti un vecchio film di Gennaro Righelli del 1939, ma confessa il regista «Si tratta di una pura casualità, la voce senza volto è quella dei doppiatori. Poi la cosa interessante è che Righelli fu il primo regista italiano a usare il sonoro. Anche queste sono magie del mondo del cinema. In realtà la proposta di girare un documentario sul doppiaggio mi è arrivata da un amico produttore Jacopo Capanna che mi ha lanciato la sfida che ho volentieri colto, da regista e ovviamente da innamorato del cinema».

È proprio questo amore per l’arte e i mestieri del cinema che emotivamente colpisce del docufilm di Soldi. «Mi sono reso conto che il cinema che noi amiamo non sarebbe tale senza il doppiaggio – spiega -. Tutto il neorealismo, ma anche i film di Federico Fellini non sarebbero quello che sono se di doppiatori non avessero dato la voce ai corpi e alle facce scelte da Vittorio De Sica, piuttosto che da Pier Paolo Pasolini e lo stesso Fellini. I nostri grandi maestri, potendo avvalersi del doppiaggio, potevano occuparsi in tempi differenti dell’aspetto visivo e di quello uditivo. Fellini, ma anche Pasolini e De Sica andavano in cerca delle facce e corpi adatti per i loro film, prendevano spesso non attori, sapendo che poi lo specifico recitativo sarebbe stato affidato ad attori doppiatori, per lo più che provenivano dal mondo del teatro e della rivista. In Fellini ad esempio molti personaggi parlano dando le spalle alla cinepresa. È una soluzione molto poetica, ma viene anche da pensare che sia una tecnica per far dire al personaggio quello che il regista vuole senza essere legato al volto e al labiale». Ennio Flaiano diceva che l’italiano altro non era che la lingua parlata dai doppiatori, a significare come il ruolo del cinema ancora prima di quello della televisione sia stato fondamentale per la diffusione della lingua nazionale.

«Il doppiaggio è nato per esigenza dell’industria hollywoodiana di diffondere i propri film all’estero – racconta Soldi -. La scuola francese e quella italiana primeggiavano, poi in anni di autarchia Mussolini pose una tassa sul doppiaggio per tutelare il cinema italiano. Con la fine della guerra gli Stati Uniti nella contrattazione per la pace chiesero, fra le altre cose, di togliere la tassa del doppiaggio, nel mentre in Italia la scuola dei doppiatori era cresciuta. Fuori dai denti, come dicevo prima, non ci sarebbero i film del neorealismo italiano senza doppiatori e neppure certe inquadrature. Sembra una sciocchezza ma la possibilità di non avere microfoni per la presa diretta permette alla cinepresa di spaziare senza rischi e problemi. Il cinema è fatto anche di questo».

E per capire di che materia è fatto il cinema e soprattutto chi sono le voci senza volti che danno parola alle grandi star di Hollywood come ai corpi naturali del neorealismo basta affidarsi al racconto girato con cura e raffinatezza da Soldi che per dare immagine al doppiaggio ha voluto abitare le splendide sale dell’Accademia della Crusca, oppure aprire le porte della Fondazione Zeffirelli di Firenze, dell’Università per stranieri di Perugia e della Cineteca di Bologna in cerca delle testimonianze linguistiche, umane e professionali di quegli attori invisibili che da decenni danno voce al cinema italiano e non solo. Nella consapevolezza, per dirla con Stanley Kubrick che rivolgendosi al direttore del doppiaggio italiano di Full Metal Jacket disse: «Se non hai un buon attore, ogni cosa suona falsa».

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