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CREMONA: UNA STORIA PLURISECOLARE

Fodri, palazzo sempre vivo. La facciata torna a splendere

Garoli: «Un bell’edificio chiuso è inutile. Vorremmo essere contagiosi per rendere la città sempre più bella»

Barbara Caffi

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bcaffi@laprovinciacr.it

30 Settembre 2023 - 08:42

Fodri, palazzo sempre vivo. La facciata torna a splendere

Il taglio del nastro alla presentazione del restauro della facciata di Palazzo Fodri

CREMONA - La facciata è chiara, di un color tortora che regala luce e che fa risaltare le decorazioni e i tondi di terracotta che da sempre caratterizzano il Fodri. Fresca di restauro, la facciata è l’ultimo tassello di un importante lavoro di recupero dell’edificio cominciato nel 2011, quando l’edificio venne acquisito dalla Fondazione Città di Cremona. Prima i tetti, poi via via le sale, utilizzate fin da subito «perché un bel palazzo chiuso è inutile, il Fodri è stato sempre vivo», come ha sottolineato Uliana Garoli, presidente della Fondazione. Con lei all’inaugurazione c’erano il vice Fiorenzo Bassi, la consigliera Paola Romagnoli e il segretario generale Lamberto Ghilardi. Sono inoltre intervenuti il sindaco Gianluca Galimberti, il Soprintendente Gabriele Barucca, gli architetti Massimiliano Beltrami e Angelo Landi e le restauratrici Sonia Nani e Francesca Cè. Il vescovo Antonio Napolioni ha mandato un messaggio: «Conservare è valorizzare», ha scritto, definendo il Fodri una «porzione di bellezza» di Cremona.

La facciata restaurata di Palazzo Fodri in corso Matteotti

È anche una porzione di storia cremonese, il Fodri. Deve il nome alla famiglia che lo ha voluto alla fine del Quattrocento e che lo ha abitato a lungo. Nobiltà mercantile al servizio dei Visconti prima e degli Sforza dopo, in un periodo in cui la città era florida: il loro palazzo ne è lo specchio, elegante e raffinato. Nel corso dei secoli, il Fodri ha perso la sua funzione residenziale: alla fine del Cinquecento ospita le monache benedettine di Santa Maria in Valverde, un paio di secoli dopo sarà la sede del Monte di Pietà e poi della Casa di lavoro e di industria (una sorta di ufficio di collocamento). È di tempi relativamente recenti il succedersi di banche e l’insediarsi dell’omonimo circolo culturale, vivacissimo e frequentatissimo. Fino a un presente che vede di casa al Fodri il Coro Costanzo Porta, la scuola Specchio Riflesso Danza, la galleria d’arte Pqv, il corso di Conservazione e restauro dei beni culturali dell’Università di Pavia, il corso di Restauro e il laboratorio di Diagnostica di Cr. Forma, e Net4Market, azienda giovane che progetta e realizza software. Ognuno ha lasciato e lascia una traccia, un segno, l’impronta del proprio esserci, e anche di questo il restauro ha tenuto conto.

Galimberti, Garoli, Barucca, Landi, Beltrami e Ghilardi


«I presidenti che mi hanno preceduta - ha sottolineato Garoli -, Umberto Lonardi e il compianto Giacomo Spedini, più che un’eredità ci hanno lasciato una sfida, che oggi possiamo dire felicemente vinta. In questi anni si è fatto un grande sforzo, ma vorremmo essere contagiosi per rendere la nostra città sempre più bella». Imponente la spesa: il recupero è costato oltre 500mila euro, finanziati con fondi propri e con un parziale recupero grazie al bomus facciate. Da Fondazione Comunitaria, guidata da Cesare Macconi, è arrivato un contributo di 50mila euro attinti dal lascito di Gentilina Cella, «che sarebbe felicissima di sapere che parte del suo lascito è stato destinato a questo recupero». Galimberti ha intrecciato fili, unendo il recupero della facciata del Fodri, gli imminenti cantieri nell’ex chiesa di San Francesco e all’area Frazzi, osservando come «ricostruire la bellezza della storia» vada inserita in una progettualità «che Fondazione Città di Crema ha fatto propria». A seguire i lavori con occhio attento ma allo stesso tempo affettuoso e partecipe è stata la Soprintendenza. «Di solito - ha osservato Barucca - siamo visti come il fumo negli occhi perché siamo puntigliosi. Questo restauro è stato preceduto da un lavoro di studio esemplare, che ha approfondito con molta attenzione anche i restauri effettuati negli anni Trenta. Questo palazzo è sempre stato vivo, abitato e utilizzato e questo è un bene. Il recupero della parte in cotto segna un profondo legame con la storia artistica che caratterizza Cremona e il suo territorio».

Francesca Cè, Sonia Nani, Serenella Bertazzi, Valentina Ghisleri e Pietro Zovadelli

«È stato un lavoro complesso e di continuo confronto - ha ammesso Beltrami -, ma mi ritengo fortunato ad aver lavorato a questo progetto». «Ogni restauro - ha detto Landi - è un progetto di responsabilità nei confronti di chi ci seguirà». Si è poi soffermato sul marcapiano di Giovanni de Fondulis che il recupero e la pulitura permettono ora di ‘leggere’ e comprendere appieno. Infine, un appello: a Cremona non si pubblica più, anche se ogni ricerca è al tempo stesso punto di arrivo e di partenza. A Sonia Nani il compito di addentrarsi nella parte più tecnica: «Un’attenzione particolare è stata dedicata al fregio in terracotta, elemento distintivo della facciata; l’obiettivo primario del restauro era fermare il degrado attraverso diverse fasi, tra cui il consolidamento dei materiali, la stuccatura di fessurazioni e microfessurazioni, e la rimozione dei depositi e degli elementi inidonei. È stato dato grande valore alla conservazione di tutti i frammenti delle finiture di scialbi pigmentati storici. La pulitura ha comportato l’eliminazione dei depositi parzialmente aderenti e un alleggerimento generale degli annerimenti della superficie, seguita dall’applicazione di un trattamento protettivo». Con lei sui ponteggi, oltre a Francesca Cè, le restauratrici Valentina Ghisleri e Serenella Bertazzi, Pietro Zovadelli per gli elementi lignei e Piergiacomo Belli di 55 LAB srl per le tinteggiature. 

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