L'ANALISI
29 Marzo 2023 - 15:30
CREMONA - Nuovo appuntamento con #DIRITTODICRITICA, l'iniziativa organizzata dal giornale La Provincia e da Fondazione Teatro Amilcare Ponchielli, che offre agli studenti delle scuole cremonesi la possibilità di esprimere il loro giudizio motivato e argomentato sugli spettacoli in cartellone al Ponchielli. Si prosegue con lo spettacolo «Il Gabbiano», andato in scena il 22 marzo: leggi le recensioni qui sotto.
LELI VIOLA – 2 LICEO SCIENTIFICO ASELLI
Leonardo Lidi, considerato una giovane promessa della regia teatrale, ha portato in scena un'atmosfera sonnambula, di perenne attesa, incorniciando personaggi straordinariamente umani che ci catturano nella loro quotidianità semplice, ma che ci lascia riflettere: questo è “il Gabbiano” di Anton Čechov, riportato fedelmente in scena mercoledì scorso al Teatro Ponchielli. La pièce narra le vicende di una compagnia teatrale in crisi, in cui ogni personaggio rappresenta una diversa sfaccettatura dell'arte e della vita. Il novello sceneggiatore Konstantin cerca di spiccare in un ambiente retrogrado e la bella Nina, che lui ama, si fa coinvolgere nelle sue rappresentazioni. Il rinomato scrittore Trigorin gli soffia il posto: Nina è la sua musa ispiratrice sotto le spoglie di un gabbiano, figura allegorica della libertà dell'artista, in balìa del primo folle assassino. Amori non corrisposti, confronto generazionale, ricerca dell'ispirazione artistica accompagnata da disillusione e insoddisfazione, affrontate da tutti i personaggi che nel mentre si intrecciano nella storia; temi trattati con una profonda sensibilità e un'ironia pungente. L’operazione di “teatro nel teatro” crea continui rimandi fra vita e azione drammatica e consente di mostrare la bravura degli attori che si mettono a servizio dei personaggi, non oltrepassando il loro vero essere. Grazie a un'ambientazione artificiosa che denuda le quinte teatrali, le luci fredde dei faretti in bella vista, i vestiti poco originali, tutto rende possibile la visione della vita semplicemente complessa, come nelle intenzioni dell’autore. Il viaggio di Lidi proseguirà, concludendo la trilogia su Čechov, con “Lo zio Vania” e “Il giardino dei ciliegi”. Il cast, attentamente scelto dal regista e proveniente da diverse esperienze teatrali comprende: Giordano Agrusta, Maurizio Cardillo, Ilaria Falini, Christian La Rosa, Angela Malfitano, Francesca Mazza, Orietta Notari, Tino Rossi, Massimiliano Speziani, Giuliana Vigogna. Scene e luci sono di Nicolas Bovey, i costumi sono di Aurora Damanti, il suono è di Franco Visioli. “Il Gabbiano”, nonostante sia stato un insuccesso al suo esordio, da Stanislavskij in poi, si è riconfermato un successo anche sulla scena del Ponchielli, un capolavoro di sorprendente attualità, è stato acclamato da una platea sensibile e amante dei grandi classici della storia del teatro.
GAETANI GIULIA – 4 LICEO SCIENTIFICO ASELLI
Libera come un gabbiano. Con queste parole la promettente attrice Nina trasforma in una metafora travolgente il reale fil rouge della famosa commedia russa. Messo in scena per il pubblico cremonese al teatro Ponchielli nella serata di mercoledì 22 marzo, il Gabbiano, nato dalla fantasia di Anton Cechov, si configura come un dramma metateatrale, colmo di intriganti intrecci tra i personaggi, di antitesi, parallelismi e con una morale tutta da scoprire. La regia di Leonardo Lidi coordina così la compagnia del Teatro Stabile dell’Umbria, in grado di conferire alla penna di Cechov una dimensione libera da confini spaziali e temporali, a partire dalla scenografia. I legami narrati, ambientati in una tenuta di campagna della Russia di fine Ottocento, si animano su un palco povero di elementi, spoglio, con scale, scatoloni, che circondano l’unica panchina al centro del palcoscenico. La narrazione prende qui il via con la performance artistica di Nina, una promettente attrice dal tormentato passato che tenta di dare voce al progetto commediografo di Konstantin, il borghesuccio di Kiev in procinto di voler dare una svolta alla propria vita. Risulta allora evidente agli occhi del pubblico come l’elemento in grado di legare i personaggi non siano le innumerevoli relazioni amorose, ma i travagliati trascorsi di vita che assumono differenti sfumature in ognuno dei protagonisti. A partire dalla figura di Irina, attrice affermata vivificata da Francesca Mazza, in evidente antitesi con la personalità di Maša, donna stanca dalla vita che non nega di voler abbandonarsi alla morte. A sua volta, la realizzazione professionale di Irina richiama costantemente l’ambizione di Nina, così come il legame tra Trigorin e Konstantin. Lo spettatore, dunque, ne risulta quasi frastornato, curioso però di individuare un denominatore comune alle vicende di ciascuno. Riecheggia a questo punto la figura del gabbiano, in grado di trasformarsi in una vera metafora di libertà. Come se ognuno desiderasse ardentemente dissociarsi da una condizione raggiunta, magari cercata o forse capitata, come se volesse conquistare una diversa dimensione. Una dimensione indipendente, quella del gabbiano, che muta la propria natura dall’essere preda, all’essere speranza della più piena libertà.
DOBROZI SAMANTA - 3 LICEO CLASSICO MANIN
Mercoledì, per la prima volta al Teatro Ponchielli, Leonardo Lidi ha portato in scena “Il Gabbiano”, un dramma di illusioni perdute, scritto dal drammaturgo russo Anton Cechov nel 1895. In questo allestimento essenziale che vede al proprio centro l’interpretazione di dieci attori e le parole del maestro russo, Lidi costruisce una perfetta cassa armonica per i sentimenti che muovono i personaggi della storia. Attraverso l’intreccio di vane e insane passioni vengono anticipati alcuni temi tipici nel teatro del Novecento: in particolar modo, vengono portati in scena l’amore e la sua assenza, il disagio esistenziale, il timore per il futuro, la nostalgia, il rimpianto per un’esistenza mai vissuta fino in fondo e il costante dibattito sulle nuove forme d’arte; tutti questi temi compongono il mosaico del dramma e ci spingono ad aprirci e a interrogarci sulla semplicità del nostro essere, ben rappresentato dalle impeccabili interpretazioni degli attori di personaggi definiti dallo stesso Lidi come immortali poiché capaci di trattare dei sentimenti più semplici e puri dell’uomo che diffondono la sensazione di modernità del pezzo. Il “Gabbiano” parla del mondo del Teatro e delle persone che lo compongono e che cercano di farlo, ed è proprio in questa ricerca che si inserisce il sentimento amoroso. La storia narra le vicende di personaggi isolati sulle sponde del grande lago di una tenuta estiva: il tormentato Konstantin (Christian La Rosa) prova ad affermarsi come scrittore in un contesto che non gli permette di staccarsi dalla vecchia idea di teatro: egli ama perdutamente la giovane Nina (Giuliana Vigogna), che desidera diventare una grande attrice, ma è ostacolata dal padre e dalla matrigna. A sua volta, la giovane è ammaliata dal fascino del maturo scrittore Trigorin (Massimiliano Speziani) che rappresenta, assieme al personaggio di Konstantin, il netto contrasto tra le vecchie e le nuove forme di Teatro. Trigorin è amante della madre di Konstantin, Irina Arkadina, un’attrice d’altri tempi (interpretata dalla cremonese Francesca Mazza). La semplicità della scenografia, composta solo di una panchina e pochi oggetti scenici, permette al pubblico di concentrarsi sulle vicende che si sviluppano nella tenuta, ma soprattutto di immedesimarsi con gli stati d’animo dei personaggi portati in scena da strabilianti artisti che, grazie anche ad uno sbalorditivo utilizzo di luci e costumi, sono riusciti a coinvolgere l’intero Ponchielli in una serata indimenticabile.
ALDOVINI BIANCA – 3 LICEO CLASSICO MANIN
La sera del 23 marzo il regista Leonardo Lidi ha portato sul palco del teatro Ponchielli, come ventesima tappa della tournée, lo spettacolo “Il gabbiano”. Gli attori erano dieci, di cui cinque uomini e cinque donne. È stata messa in scena una vicenda complessa e colma di avvenimenti che hanno diverse ambientazioni: da un teatro ad una casa e ancora alla riva di un lago. Inizialmente i personaggi si trovano in un teatro e discutono su quale sia la forma migliore per trasmettere dei valori al pubblico. In discorsi ricchi di astrattismi e simbolismi pian piano emergono le loro vite segrete e vengono a galla le debolezze della psiche umana. Successivamente appare in scena l’amore e il suo potere distruttivo. Lo spettacolo porta il pubblico a fare una riflessione sull’amore e su quanto può far male. “Perché in fin dei conti chi ama è sempre sconfitto e la sconfitta in amore ha una sincerità tale che unisce la gran parte di noi”. Il protagonista Kostantin ama Nina, ma il suo sentimento non è corrisposto. Infatti Nina è invaghita di Trigorin, un uomo che è in costante ricerca di qualcosa da scrivere. Masa ama Kostantin, ma finirà per rassegnarsi e sposare un altro uomo. Gli attori sono molto espressivi e i ruoli dei personaggi perfettamente messi in relazione tra di loro. Le scene sono intrecciate in un continuo cambio di spazio e tempo. Inoltre grandiosa è la recitazione dello zio, interpretato da una donna. La scenografia a sipario alzato è apparsa bizzarra: le quinte sono scoperte e si può vedere interamente la profondità del palcoscenico, colmo di materiale da backstage per creare l’illusione del teatro nel teatro. L’unico oggetto essenziale attorno al quale si sono svolte le scene è una panchina posta al centro del palco. Per il resto, l’abilità degli attori ha permesso di lasciar immaginare al pubblico i cambi di spazio e tempo
MUTI ANDREA - 2 LICEO SCINTIFICO ASELLI
Il gabbiano è un dramma scritto nel 1895 da Anton Pavlovič Čechov. L’opera parla di un intreccio amoroso tra scrittori e attori ambientato nella tenuta estiva di Petr Sorin, un ex consigliere di Stato. Il protagonista è il nipote di Petr, un ragazzo di nome Konstantin Treplev, aspirante drammaturgo e figlio della famosa attrice Irina Arkadina. Il giovane è perdutamente innamorato di Nina, una ragazza residente in una villa vicina alla tenuta di Petr che sogna di fare l’attrice. La ragazza durante l’opera s’ innamora dell’amante di Irina, uno scrittore di nome Boris. Il giovane Konstantin ha però a sua volta una pretendente, Masa, la figlia dell’amministratore della tenuta di Petr. Konstantin è così depresso dall’amore non corrisposto per Nina che decide di spararsi. I temi sono: l’amore che, come già detto, si manifesta nell’opera attraverso molti intrecci, l’idea del teatro nel teatro e il gabbiano a cui Konstantin spara in riva al lago dove è collocata la tenuta per regalarlo alla sua amata. Il gabbiano rappresenta Nina che vola felice prima che Boris le spari. L’opera è ricca di espressioni poetiche ma non è per niente difficile da capire, la trama è molto interessante, ma ciò che mi ha affascinato di più è senza dubbio l’interpretazione degli attori. Le espressioni erano incredibilmente chiare e lasciavano trasparire perfettamente le emozioni dei personaggi, soprattutto l’attore che interpreta Boris durante il suo sfogo con Nina sulla difficoltà della vita da scrittore. La scena che mi ha colpito di più è quella finale. Infatti nell’ultimo atto dell’opera gli amici si ritrovano tutti nella tenuta di Petr, in quanto l’ex giurista è gravemente malato. Nell’ultima scena Petr ormai morto viene lasciato sul pavimento del salotto della tenuta mentre il resto della compagnia va a pranzare. Accanto a lui rimane soltanto il nipote che poco dopo avrà il suo colloquio finale con Nina, tornata in città dopo tanti anni. La ragazza gli dice che lei continua ad amare Boris, nonostante lui l’abbia abbandonata. In seguito a questa informazione Konstantin si toglie la vita con un colpo di pistola, in quel momento Petr si alza e insieme escono di scena con sotto le voci degli altri membri del gruppo che si chiedono da dove provenga quello sparo.
SCOGNAMIGLIO ALESSANDRA – 5 EINAUDI
Mercoledì 22 marzo si è tenuto lo spettacolo teatrale “Il Gabbiano”, di 1 ora e 50 minuti, a Cremona, nel teatro Amilcare Ponchielli. È difficile raccontare a parole la sensazione che la messinscena mi ha suscitato. Mentre lo spettacolo si evolveva sentivo uno strano sentimento di inadeguatezza, quasi a volermi chiedere: “ma io cosa ci faccio qui?” e a non ricordarmi più il perché avessi scelto la visione di questo lavoro. Non saprei dire con esattezza la tematica principale che è stata approfondita ma posso dire che sentimenti ho provato. Ho provato sentimenti contrastanti di gioia, angoscia e inquietudine. Sentendo una spettatrice del pubblico potrei definire quest’opera un dramma delle speranze deluse, amato comunque dalla gente di teatro, dati i lunghi applausi finali. Il gabbiano viene considerato dalla critica il testo più rappresentato di Cechov in ogni epoca e in ogni luogo per la profondità nell’analisi della condizione umana e per la felicità poetica di storia e personaggi. La felicità intesa come momentanea in quanto le cose eterne, secondo Cechov non esistono. La felicità è legata al lago in cui tutti si rifugiano quando sono nella paura, forse perché il lago mischiato al cielo dà speranza. In questo spettacolo si mettono in risalto il paesaggio attraverso le luci, a volte molto forti a volte molto sfumate e malinconiche. È come se i personaggi fingessero tutti di non essere il ruolo che interpretano. Questo mi ha colpito. Per esempio, un uomo era interpretato da una donna e una giovane ragazza da una donna. Questo ha contribuito a rendere difficile la comprensione. Ma alla fine penso che non si tratti di comprendere ma di trovare una interpretazione. La mia è questa: “La vita è una, non continuiamo a inseguire gabbiani nella speranza che tutto ci vada bene. Perché a volte, sognare comporta dei rischi, e volare, di più”.
SOMENZI LISA – 4 LICEO ARTISTICO
Il 22 Marzo scorso al Teatro Ponchielli è stato messo in scena Il Gabbiano di Anton Čechovcon la regia Leonardo Lidi. Il gabbiano è uno dei testi teatrali più noti del drammaturgo russo, e uno dei più rappresentati in assoluto. I personaggi della giovane Nina, della madre attrice Irina, dello scrittore Trigorin sono stati interpretati in tutto il mondo dai maggiori attori di teatro. Questa è la storia di un gabbiano che muore a causa di un giovane codardo. Questo uccello se non fosse morto, chiederebbe al suo assassino, che di nome fa Konstantin, perché mai abbia posto fine alla sua vita. Il giovane codardo, allora, parlerebbe del suo dispiacere e del suo male e del suo amore non corrisposto per un’altrettanto giovane Nina. Durata circa due ore, questa rappresentazione, mi ha lasciata davvero colpita: innanzitutto la scenografia mi ha incuriosito inizilmente poiché risultava come inesistente, e per poi portarmi a capire che quest’ultima aveva un senso inerente alla storia. Dal protagonista Konstantin Gravilovič, un drammaturgo malinconico, interpretato dal grandioso Christian La Rosa, e a Giuliana Vigona, interprete di Nina Michajlovna Zarečnaja, per arrivare ai personaggi secondari di Polina Andreevna (Angela Malfitano), Petr Nikoleavič Sorin (Orietta Notari), Semen Semenovič Medvrdenko), Evgenij Sergeevič (Maurizio Carrillo), Maša (Ilaria Falini), il’ja Afanas’ evič Šamraev (Tino Rossi) e Boris Alekseevič (Massimiliano Spezzano) sono stati spettacolari, all’altezza di tutte le aspettative del pubblico del teatro Ponchielli. Ma colei che mi ha colpita di più nella recitazione è stata Francesca Mazza, che ha interpretato Irina Nikoleavič Sorin, madre del protagonista drammaturgo e attrice, avara e un po’ egoista. La sua recitazione mi ha incantata e ha lasciato passare quell’ora e cinquanta minuti come se niente fosse.
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