L'ANALISI
A TEATRO
20 Febbraio 2023 - 16:15
CREMONA - Nuovo appuntamento con #DIRITTODICRITICA, l'iniziativa organizzata dal giornale La Provincia e da Fondazione Teatro Amilcare Ponchielli, che offre agli studenti delle scuole cremonesi la possibilità di esprimere il loro giudizio motivato e argomentato sugli spettacoli in cartellone al Ponchielli. Si prosegue con «Orchestra di Digione»: leggi le recensioni qui sotto.
GAUDENZI RICCARDO – 3 LICEO VIDA
Venerdì sera si è tenuto presso il teatro Amilcare Ponchielli il concerto dell’Ensemble orchestral de Dijon grazie al progetto masterclass promosso dalla camera di commercio di Cremona a partire del 2009, per valorizzare il territorio cremonese che da sempre è strettamente legato alla musica classica, come dichiara il commissario straordinario Gian Domenico Auricchio. L’idea di far ritornare l’Ensemble a Cremona è nata da un violoncellista che, oltre a suonare, è anche un liutaio nel capoluogo borgognone. Egli si è formato alla scuola internazionale di liuteria di Cremona e, tornato in Francia, è entrato nell’Ensemble. Il direttore d’orchestra Flavien Boy ha detto che il desiderio di ritornare a Cremona è nato per far conoscere l’eccellenza liutaria cremonese. Flavien Boy attualmente dirige l’Ensemble e inoltre lavora a progetti per far conciliare musica, teatro, pedagogia e danza. con Ensemble promuove un repertorio che va dalla musica barocca fino ad autori contemporanei. Con la partecipazione della città di Digione si esibisce in concerti nei luoghi più importanti della città. Al Ponchielli l’ Ensemble si è esibita in tre brani partendo dalla sinfonia fantastica ,episodio della vita di un artista, in cinque parti di cui hanno eseguito la quinta, “sogno di una notte di sabba”, composta dal Hector Berlioz ed eseguita la prima volta il 5 dicembre del 1830 ; parla dell’attrice Harriet Smithson che l’autore incontrò per la prima volta durante una rappresentazione di Romeo e Giulietta, insieme all’Amleto, a Parigi. Ha poi proseguito con il Bolero di Maurice Ravel, composto nel 1928, nato come musica da balletto e poi, in seguito, da concerto. Infine la “Sagra della primavera”di Igor Stravinsky, composta nel 1913, anche questa nata inizialmente come balletto . Il pubblico, durante tutta la rappresentazione, è stato catturato dalla professionalità dell’orchestra e dalla passione e dalla dedizione che traspariva da ogni musicista e dalle note che suonava. Si può inoltre affermare che tutti in teatro erano assorti ad ascoltare i meravigliosi brani eseguiti.
RUSSO LUDOVICO EMANUELE – 4 LICEO STRADIVARI
17 Febbraio, il Teatro Ponchielli accoglie il futuro: molti i ragazzi tra il pubblico, in platea e sui palchi, giovani i musicisti nelle fila dell’Ensemble Orchestral de Dijon. Occhi che ancora poco hanno visto del Mondo, ma che incrociano sguardi e si ritrovano nella comune passione: la musica. Un programma che abbraccia il XIX secolo con La Sinfonia Fantastica di H. Berlioz, manifesto dello stile romantico nella versione Sturm und Drang, prosegue con il Bolero di M. Ravel, che ha lasciato un’impronta indelebile e una svolta semantica nel linguaggio musicale e accarezza il XX secolo con La Sagra della Primavera di I. Stravinsky, opera che riesce a colpire le zone più primitive dell’inconscio umano attraverso un uso ardito di ritmiche complesse, di politonalità e di poliritmie. A dare ordine e a conferire armonia all’esecuzione è la bacchetta del Maestro Flavien Boy. È un attimo e l’idea musicale delle Fantasticherie di Berlioz invade il teatro, passione nobile e riservata in questa parte iniziale della sinfonia: melodia ciclica e ricorsiva: malinconia, passione e delirio, gioia, rabbia e gelosia, infine tenerezza, si susseguono per scomparire, quasi polverizzate, nel Sogno di una notte di Sabba, ultimo movimento della sinfonia. I suoni disorganici introducono un’atmosfera cupa: è il dramma dell’uomo sottolineato dal Dies Irae riproposto in una forma rovesciata, una parodia grottesca espressa dalle sonorità chiare dei fiati, quasi a testimoniare l’assurdità di un sentimento devastante più che appagante. Il tema, l’idea fissa, come l’aveva definita lo stesso musicista, ritorna violenta nell’esplosione degli accordi finali. La dicotomia dell’animo umano dipinta da Berlioz cede il passo ai contrasti definiti da Ravel. Il pubblico in sala si ritrova in una pagina bianca sulla quale lentamente inizia a comparire la linea melodica, semplice e chiara, ma strumento dopo strumento, tenuto sospeso dal costante ritmo del tamburo, si perde, si lascia trascinare via dalla ripetizione ossessiva del tema e si abbandona a quel piacere che oscilla tra enfasi e controllo, tra libertà e repressione. I colori della strumentazione orchestrale rapiscono progressivamente gli ascoltatori e le emozioni forti e cangianti esplodono, sull’ultima nota, nella vitalità trionfante di un applauso intenso e prolungato.
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