L'ANALISI
10 Febbraio 2023 - 09:51
Leonardo Cremaschi ritratto da Christophe Keip e nei panni di Siegfried, il principe protagonista del Lago dei cigni
CREMONA - Il primo ricordo che associa alla danza è la mamma che gli chiede di spegnere la musica: non è stato un balletto a folgorare Leonardo Cremaschi, né un danzatore o una danzatrice che lo hanno colpito. Solo se stesso in movimento, inseguendo un ritmo e inventandosi gesti e movimenti: «Gli altri bambini avevano l’orario per guardare la tv, io mi portavo dietro un mangiacassette e ballavo, ballavo e a volte organizzavo spettacoli in casa per mia zia». Il gioco che diventa passione che diventa mestiere. Domenica sera (ore 20,30) al Ponchielli Leonardo sarà interpreterà Siegfried nel Lago dei cigni firmato da Angelin Preljocaj, genio riconosciuto della danza contemporanea, coreografo che come pochi altri sa coniugare gli stilemi del balletto neoclassico con l’urgenza dell’oggi, con la necessità di parlare al pubblico dei nostri tempi. «Sono emozionatissimo all’idea di ballare al Ponchielli, il teatro in cui ho ballato da bambino nei saggi - ammette Cremaschi -. Ci sarà la mia famiglia, verranno i miei amici: sarà una serata davvero speciale».
Leonardo ha pochi anni quando viene iscritto alla scuola TeatroDanza di Paola Posa, che ne intuisce il talento, e lo fa crescere: con lei i rapporti sono ancora frequenti, affettuosi e infatti domani Leonardo sarà a TeatroDanza per una masterclass con le ragazze della scuola. «La mia famiglia - ricorda il danzatore, oggi trentenne - mi ha sempre appoggiato e sostenuto anche economicamente, i momenti difficili non sono stati pochi. L’unica cosa che mi hanno chiesto è che finissi il liceo, ho frequentato l’artistico Bruno Munari».
Poi il grande salto, intorno ai 18 anni, quando Cremaschi viene ammesso tra i pochi, selezionatissimi allievi dell’Ecole-Atelier Rudra Béjart a Losanna, «dove ho imparato non solo gli aspetti tecnici, ma anche la mentalità del ballerino professionista», che significa rigore, sacrifici, determinazione, e anche, come ora succede spesso, «accettare di vivere a casa propria solo quattro, cinque giorni al mese». Dopo Losanna (dove Cremaschi ha danzato nel Béjart Ballet), Madrid - al Conservatorio superiore di danza - e i mesi difficili a fare audizioni, inseguire contratti e spesso sentire no. Fino al 2015, con l’ingresso nel Ballet Preljocaj Junior e poi (cosa non scontata) nella compagnia vera e propria, che ha accolto Leonardo dal 2017.
Punta di diamante della danza contemporanea, tra i massimi esponenti della Nouvelle danse française, Preljocaj - nato in Francia da genitori rifugiati politici albanesi -è anche frutto della politica culturale d’Oltralpe, che ha permesso da decenni la creazione di Centri nazionali per la danza, il sostegno a coreografi emergenti e alla formazione di giovani compagnie. La sede attuale è il Pavillon Noir di Aix-en-Provence ed è spazio per prove e spettacoli, competenze tecniche compagnie ospiti, stage aperti al pubblico, artisti in residenza, iniziative che coinvolgono il territorio per portare ovunque la cultura della danza, investimenti su artisti e coreografi. A Aix - en - Provence, appunto, non a Parigi.
La conseguenza di tutto ciò è, anche, il lavoro incessante della compagnia, le tournées continue («Dopo Cremona ci spetta un lungo tour negli Stati Uniti» dice il giovane danzatore cren, tanti balletti in repertorio e nuove creazioni che si aggiungono. «La compagnia - spiega Cremaschi - fa 150-160 date ogni anno. È tantissimo, massacrante e spesso si fa fatica a recuperare sia fisicamente che mentalmente, a punto che a volte mi sembra di dover parlare di danse-à-porter. Però è anche un modo per conoscere il mondo e per parlare a pubblici molto diversi tra loro attraverso il linguaggio universale della danza».
La via di fuga, quando è possibile, c’è ed è Disneyland. Leonardo ride quando gli ricordiamo che il suo profilo Instagram è pieno di pupazzi, pupazzoni e castelli incantati: «Premetto che sono un geek (un grande appassionato, quasi in esclusiva, ndr) in tutte le cose - dice -, andare a Disneyland è un modo per entrare in un altro mondo, dove trionfano la fantasia e la leggerezza. È anche un ritorno all’infanzia, di molti film da bambino ho consumato le cassette vhs a forza di guardarli».
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