L'ANALISI
20 Gennaio 2023 - 05:00
CREMONA - «‘Ha da passà ‘a nuttata’, la battuta con cui si chiude Napoli milionaria!, non c’è nel libretto di Eduardo De Filippo che si chiude in altro modo»: per evitare inutili attese Arturo Cirillo mette le mani avanti, raccontando con l’entusiasmo e la competenza che lo caratterizzano l’opera di Nino Rota di cui cura l’allestimento che stasera (ore 20,30) e domenica (ore 15,30) chiuderà il cartellone della lirica del Ponchielli.
Nel volume Cantata dei giorni dispari, Anna Barsotti scrive della pièce che va in scena «l’avventura normale di una famiglia napoletana, investita da una bufera che la costringe ad una metamorfosi traumatica e appunto perciò rivelatrice. Passando dalla fame alla speculazione sulla fame, dalla paura dei bombardamenti alla speranza nella liberazione, questa famiglia sconta un’euforia fittizia (la Napoli milionaria del secondo atto) con l’inevitabile, amaro risveglio (la perdizione dei figli maggiori e la morte annunciata della figlia più piccola)».
«Napoli milionaria! è la commedia della grande speranza, una speranza che è andata ben presto distrutta, di fronte alla caduta di tutte quelle che erano state le illusioni di allora», disse Eduardo De Filippo della sua commedia, una pièce teatrale e non solo che sembra di aver visto, anche quando in realtà, magari, non è così. «È anche questa la grandezza di Eduardo che seppe raccontare il suo tempo, la sua città liberata dagli americani con tutto ciò che questo comportò fra attese e illusioni, incontro di culture diverse e un’Italia che con determinazione voleva lasciarsi alle spalle la guerra».
Un’opera non baciata da particolare fortuna nella sua versione lirica.
«Il debutto assoluto di Napoli milionaria! su libretto dello stesso Eduardo De Filippo e su musiche di Nino Rota si tenne al Festival dei Due Mondi di Spoleto, diretto allora da Romolo Valli, nel 1977. L’opera non fu capita e fu assai criticata. Eravamo negli anni di piombo, la musica contemporanea andava in un’altra direzione rispetto allo stile compositivo di Nino Rota che pagava il fio di essere considerato un musicista di sole colonne sonore per film».
Da un lato il titolo è popolarissimo e dall’altro l’opera non ha altrettanta notorietà.
«Eppure è una bellissima opera che non gode della frequentazione che meriterebbe. Si contano sulle punte delle dita di una mano gli allestimenti di Napoli milionaria! Credo che la mia regia sia la terza in assoluto. Con il circuito OperaLombardia ho ripreso l’allestimento che firmai nel 2010 al Festival della Valle dell’Itria di Martina Franca. È stato un piacere riprendere quest’opera che parla soprattutto attraverso la musica».
Detto da un regista teatrale che affronta un testo nato per il teatro e firmato da un drammaturgo come De Filippo fa un po’ riflettere…
«La musica, più ancora che le parole, nell’opera lirica costruisce la narrazione di quello che accade in scena. È questa una certezza per me, almeno quando affronto una regia lirica».
E nel caso di Napoli milionaria! quanto pesa il portato teatrale e quali sono le differenze fra drammaturgia e libretto?
«Le differenze sono tante a tal punto che siamo di fronte a due racconti diversi, nel caso della versione lirica una storia più drammatica che finisce con un morto e il pianto della madre… Una Napoli in cui c’è meno speranza. Si avverte un incupirsi dei toni, forse dovuto agli anni in cui Eduardo scrisse il libretto, gli anni Settanta, ben diversi dagli anni all’indomani della fine della guerra. A tal punto che la battuta ‘Ha da passà ‘a nuttata’ viene sostituita da una considerazione sulla condizione di guerra destinata a non finire. Nel passaggio dal testo drammaturgico al libretto d’opera varie cose mutano: la lingua che è più italianizzata, l’ironia che è meno presente, la vicenda stessa che prende risvolti diversi, più drammatici rispetto al testo teatrale».
Tutto ciò dal punto di vista registico come si traduce?
«Mi ricollego a quanto dicevo prima sulla musica e sulla narrazione insita nella partitura. Non credo che un approccio realistico sia funzionale per l’opera lirica, questo almeno per la mia esperienza. Il solo fatto che i cantanti siano chiamati a modulare il linguaggio e le parole secondo la partitura fornisce un approccio straniante, sempre e comunque. Venendo a Napoli milionaria! ho lavorato con il mio scenografo Dario Gessati sulla grande stanza in cui vivono Gennaro e Amanda Jovine costruendo uno spazio astratto che di volta in volta si ridefinisce tramite segni che spaziano dalle Madonne di tutte le fogge sul modello di certo Almodovar ad un’ambientazione che richiama il musical, ma anche l’America di Tennessee Williams, oppure il fascino di Broadway, dove per altro Nino Rota lavorò e suonò. Ed è stata ancora una volta la musica a suscitare alcune citazioni d’ambientazione».
Come ha lavorato con i cantanti?
«Mi piace sottolineare come il cast di questa versione sia composto di cantanti che arrivano dal Sud, campani come pugliesi. È stato più facile lavorare con loro perché hanno quello spirito mediterraneo che è necessario a un lavoro come questo, senza per ciò cadere nella caratterizzazione eccessiva. Ho trovato un gruppo di cantanti che già alla prima prova sono venuti preparati, avevano visto la registrazione di Martina Franca e già erano entrati nello spirito del lavoro».
È quindi soddisfatto di questa ripresa della sua Napoli milionaria!
«Conosco Eduardo De Filippo, conosco ciò che ha preceduto Eduardo, sono napoletano, ma questo non vuol dire più d tanto anche se aiuta. Per tutte queste ragioni fare Napoli milionaria! è per me un piacere, tenendo conto poi che non ho mai messo in scena un testo di De Filippo a teatro, se escludo le prove di accademia fatte con i miei studenti. Credo che Napoli milionaria! sia una bellissima opera, dal punto di vista musicale un mix fra l’opera lirica, il musical, l’Italia e Broadway, un lavoro che dimostra la grandezza di Nino Rota. L’invito che faccio agli spettatori è quello di non perdersi l’occasione di vedere Napoli milionaria! Può sembrare un consiglio interessato, ma non è così, credetemi».
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