L'ANALISI
10 Ottobre 2022 - 08:51
Il pianista Giuseppe Albanese
CREMONA - Così lo Stradivarifestival cambia le carte in tavola e le rimescola: il teatro musicale italiano dell’Ottocento cambia volto e voce. Protagonisti del concerto di ieri pomeriggio Giuseppe Albanese, vero virtuoso del pianoforte, e il Quartetto d’archi della Scala, composto da Francesco Manara (primo violino), Daniele Pascoletti (secondo violino), Simonide Braconi (viola) e Massimo Polidori (violoncello), che fanno parte anche dell’Orchestra e della Filarmonica del Teatro Alla Scala (dunque abituati sia al repertorio lirico che a quello sinfonico). Con il concerto di ieri, intitolato Teatro in camera, il Festival ha regalato al pubblico cremonese le trascrizioni di due immortali capolavori della lirica: Rigoletto di Giuseppe Verdi e Norma di Vincenzo Bellini, rivisitati rispettivamente da Antonio Melchiori e Franz Liszt.
La Fantasia dal Rigoletto per quartetto d’archi pensata da Melchiori (coevo di Verdi) ripercorre i brani già all’epoca più famosi dell’opera verdiana. La trascrizione è così fedele ed espressiva che, ascoltandola, il pubblico riesce magicamente a figurarsi le famosissime scene del capolavoro verdiano, l’arroganza misogina del Duca di Mantova («La donna è mobile»), l’illusione della povera Gilda, figlia di Rigoletto «sedotta e abbandonata» («Caro nome»), il dolore di un padre («Cortigiani, vil razza dannata»), e altre arie, come il «Sì, vendetta» o «Bella figlia dell’amore». Si passa poi al pianoforte, da cui Giuseppe Albanese, con uno dei suoi cavalli di battaglia (Réminescences de Norma per pianoforte – Grande fantasia di bravura, la parafrasi pianistica del capolavoro belliniano composta da Franz Liszt), strega il pubblico cremonese. Il movimento delle mani del pianista è una danza a tratti schizofrenica e concitata, ma poi legata, passionale, romantica. Ascoltando questa Fantasia, così magistralmente eseguita, sembra che Liszt dia finalmente vita a quella rottura di cui Bellini voleva farsi interprete con le forme classiche del passato. In Liszt prendono forma virtuosismo pianistico e romanticismo spinto proprio a partire dalle più belle pagine della partitura belliniana, dalla Sinfonia al duetto finale tra Norma e Pollione, passando dai grandi corali di straordinaria bellezza realizzati dal compositore catanese.
A chiudere il concerto il Quintetto in fa minore per pianoforte e archi op.34 di Johannes Brahms, che vede suonare insieme Albanese e il Quartetto scaligero, uno dei brani più celebri del compositore tedesco. L’opera, figlia di un periodo di profonda crisi emotiva per Brahms (l’anno 1864) dimostra che nei momenti di difficoltà, il compositore amava trovare rifugio nel lavoro e nella bellezza della musica. A introdurre il brano l’intervento del direttore artistico dello Stradivarifestival, Roberto Codazzi, che ha ricordato il soggiorno di Brahms a Cremona nel 1890, presso l’Albergo Pavone (che si trovava nell’attuale via Bordigallo). Non è stato l’unico elemento di cremonesità della serata: Manara suonava infatti un violino Nicola Amati 1665, mentre Pascoletti un violino fratelli Amati 1590.
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