L'ANALISI
CREMONA: AL MUSEO DEL VIOLINO
22 Settembre 2022 - 11:36
Virginia Villa, Gianluca Galimberti e Fausto Cacciatori
CREMONA - Sono storie di uomini prima che di strumenti, storie di liutai che hanno intrecciato le loro vite con la grande Storia del Novecento: un secolo particolarmente fecondo, con eccellenti costruttori e percorsi di ricerca eterotopi quanto interessanti. Li indaga la mostra, a cura di Fausto Cacciatori, Liutai Italiani del Novecento nelle Collezioni del Museo del Violino, da oggi al 26 febbraio 2023 al Museo del Violino (da mercoledì a venerdì 11 - 17, sabato e domenica 10 - 18). Un percorso lungo 54 strumenti racconta la rinascita di questa tradizione alto artigianale, dal ruolo marginale di fine Ottocento all’iscrizione, nel 2012, del «saper fare liutaio» cremonese nella lista rappresentativa del Patrimonio Immateriale dell’Umanità redatta da Unesco. Ieri c’è stato il taglio del nastro a cui hanno preso parte maestri liutai (sono 180 in città gli artigiani del violino), maestri archettai, esponenti del mondo culturale e delle istituzioni. A fare gli onori di casa il direttore generale del Museo del Violino, Virginia Villa, affiancata dal sindaco Gianluca Galimberti, ieri in veste anche di presidente della Fondazione Stradivari-Museo del Violino e dal conservatore Fausto Cacciatori, a cui si deve inoltre il catalogo completo della collezione, con la documentazione fotografica, le schede tecniche e i complementi di approfondimento, risultato di meticolose indagini.
«Una mostra prodotta dal Museo del Violino — ha detto Villa — frutto di tanto lavoro, della competenza di molti, della generosità dei donatori e delle loro famiglie. A tutti vada il nostro sentito ringraziamento. Oggi potrete sentire il racconto delle vite di uomini che con il loro lavoro hanno fatto la storia della liuteria cremonese e italiana». Una mostra che racconta i fondamenti della città e parla di passato ma anche di presente e futuro della città, una mostra che ci lascia eredi di un patrimonio inteso nella sua accezione latina «come compito del padre e poi come qualcosa appartenente al padre» e dunque ereditato dalla comunità che ha il dovere di «tutelare con l’orgoglio della consapevolezza della propria storia»: questi i punti che Galimberti ha sviluppato nel suo intervento. «Chi la visiterà ha il dovere di aprire occhi, cuore e conoscenza indispensabili per leggere le differenze di bellezza, affinare il senso estetico, riconoscere le proprie radici. Solo così riuscirà a capire l’anima del saper fare».
L’origine della raccolta risale ai primi decenni del secolo scorso, «frammento importantissimo nella storia della città — ha esordito Cacciatori —. ed è frutto di numerose donazioni che si sono susseguite dal 1932 al 2021 oggi conservate al Museo del Violino: per la maggior parte violini, tra i quali quello in miniatura del liutaio genovese Giuseppe Lecchi e il contro violino di Valentino De Zorzi, ma anche viole, violoncelli e un violetto, uno strumento suonato a spalla di taglia intermedia fra la viola e il violoncello, brevettato dal cremonese Luigi Digiuni nel 1922». Le Celebrazioni Stradivariane del 1937 indicano che Cremona è il luogo da cui far ripartire la liuteria italiana mentre formazione (la scuola di liuteria nasce l’anno successivo) e conservazione «sono assunte come direttrici principali per il rilancio. Quasi un secolo dopo si può affermare che Cremona non solo ha onorato quell’impegno ma ha rafforzato quella rinascita grazie al Museo del Violino e a sinergie con scuole, enti, università», ha concluso. Le donazioni non si sono mai fermate. Tra tra le più recenti Lecchi, Regazioni, Ferraroni, Bissolotti, Scrollavezza, Mosconi a testimoniare i primissimi anni della Scuola di liuteria e il contributo, seppure con ambiti di azione diversi, dei primi allievi al rilancio della liuteria cremonese e italiana.
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