L'ANALISI
01 Settembre 2022 - 09:22
Bogdan Plish e Antonio Greco
CREMONA - «Io sono tranquillo, ma ovviamente i miei familiari sono un po’ preoccupati. Li capisco». A parlare è Antonio Greco che domenica partirà per Kiev dove dirigerà il Vespro della Beata Vergine di Claudio Monteverdi con il Coro dell’Opera di Kiev, preparato da maestro Bogdan Plish. «Tutto è nato all’interno delle Vie dell’amicizia, iniziativa sotto la direzione di Riccardo Muti che ci ha portato a Lourdes e Loreto. Insieme al Coro Cherubini e al Cremona Antiqua, ensemble che dirigo, c’era anche il coro ucraino, accolto a Ravenna nel mese di marzo, proprio allo scoppio della guerra. In questi mesi si è creato un bel rapporto di amicizia, si è lavorato intensamente insieme per preparare i concerti di agosto a Lourdes e Loreto. Ma certo per i nostri colleghi ucraini tutto era più difficile, il pensiero andava sempre al loro Paese in guerra e a chi era rimasto là».
La musica dunque unisce realmente, ma la guerra in Ucraina ha fatto irruzione nella vita di tutti i giorni, sembra di capire.
«È stato così, a Ravenna lo abbiamo toccato con mano più che mai. Vivere quotidianamente accanto ai musicisti ucraini è stato vivere con loro la preoccupazione per i familiari rimasti in Ucraina, condividere le loro paure, il timore per la vita di amici e parenti sotto le bombe. Forse da questa empatia è nata l’invito che Bodgan Plish, a nome dell’Opera di Kiev, mi ha fatto di andare nella capitale Ucraina a eseguire il Vespro della Beata Vergine di Monteverdi».
Come ha accolto questa proposta?
Sorride. «Ho detto sì, come se si trattasse di una chiamata, più che un invito. Mi è sembrata, da subito, la risposta più naturale dopo l’esperienza delle Vie dell’amicizia e i due concerti a Lourdes e Loreto. Mi ha stupito che Plish mi abbia chiesto proprio di eseguire il Vespro, partitura monteverdiana che abbiamo proposto con Cremona Antiqua al festival Monteverdi, poi a Mantova, ieri a Milano e oggi faremo tappa a Perugia. Il Vespro della Beata Vergine sta segnando questo anno e che approdi a Kiev e trovi respiro nelle voci dei cantanti della Liatoshynskyi Capella mi emoziona. Per questo l’aver ricevuto l’invito e l’averlo accettato sono stati un tutt’uno».
Che effetto le fa andare in Ucraina, trovarsi a breve in quella Kiev che resiste all’avanzata russa?
«Mi emoziona, ma di più ora non riesco a dire. Partirò domenica. Sappiamo che la vita a Kiev da qualche mese è tornata alla normalità. I teatri hanno riaperto, ha ripreso il campionato di calcio. Si è sempre in una nazione in guerra, ma chi è là parla di una vita normale. Forse la normalità è data anche dal fatto che si è tornati a fare cose che a marzo non era possibile fare, come andare a teatro».
Da europeo la cosa è diversa?
«Inevitabilmente, ma è importante andare, per l’amicizia che è nata, per me come italiano ed europeo e cremonese, portando a Kiev il capolavoro del divin Claudio. Per gli ucraini il fatto che un direttore italiano vada a dirigere il coro della capitale ha un grande valore, è un segnale di solidarietà. Anche in questo modo l’Ucraina si sente meno isolata. Per questo accettare è stato naturale e, spiritualmente, non c’erano alternative».
La sua missione si completa con un’ulteriore azione di solidarietà nei confronti della Borodian Children’s School.
«È una richiesta che è arrivata dal maestro Plish. La scuola è stata distrutta interamente il marzo scorso. Oggi le lezioni sono riprese in un capannone. Ma i bambini hanno bisogno di libri e di strumenti musicali. La scuola ha perso tutti i suoi strumenti, mezzi violini e violini da un quarto per i bambini, strumenti che solitamente le famiglie ricevono dall’istituzione. La richiesta è stata inviata a molte istituzioni musicali europee e sarebbe bello che anche Cremona potesse partecipare. Poter tornare a studiare musica per i piccoli ucraini ha il sapore di una vittoria dell’anima e della creatività sull’orrore della guerra».
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