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IL RESTAURO

Bembo, svelata la sua Madonna in Sant'Omobono

Un gioiello ritrovato. L'affresco nella chiesa nascosto per secoli dal coro ligneo

Barbara Caffi

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bcaffi@laprovinciacr.it

06 Giugno 2022 - 10:57

Bembo, svelata la sua Madonna in Sant'Omobono

la Madonna in trono attribuita al Bembo

LCREMONA - L’espressione dolce, il collo e le dita allungati, il mantello rosso, che con l’azzurro dell’abito, è uno dei colori della Vergine. Vergine che siede su un trono che è in realtà «un’architettura» e che è circondata da santi e dal committente, «vestito secondo la moda dell’epoca»: da ieri, dopo un accurato restauro conservativo, l’affresco ritrovato fortuitamente nell’abside di Sant’Omobono, nascosto per secoli dal coro ligneo, è stato restituito alla comunità dei fedeli, innanzitutto, e di chiunque sappia apprezzare la bellezza dell’arte.

L’opera è della seconda metà del Quattrocento e testimonia i rifacimenti anche radicali cui è stata sottoposta la chiesa, riccamente decorata e rimessa a nuovo a partire dal 1750, ma in realtà di fattura romanica e costruita sul pre-esistente edificio dedicato a Sant’Egidio. L’affresco è attribuito a Bonifacio Bembo, impegnato in quegli stessi anni a decorare la vicina Cappella Cavalcabò in Sant’Agostino.

Il coro lo ha nascosto alla vista di tutti fino all’estate di vent’anni fa: l’opera, come ha sottolineato don Gianluca Gaiardi, incaricato diocesano per le Attività e i beni culturali ecclesiastici, è «un gioiello di bellezza per tutta la città», cui è stato restituito grazie all’impegno di don Irvano Maglia, parroco dell’Unità pastorale di Sant’Agata, Sant’Ilario e Sant’Agostino, e dei parrocchiani, «che ci hanno messo cuore, anima e portafoglio». A due di loro che non ci sono più, in particolare, è dedicato il recupero di questo piccolo capolavoro tardo-gotico: Sergio Menta, a lungo presidente dell’associazione Eridano, «un uomo che ha amato molto Cremona e la sua bellezza, e in particolare questa chiesa», e Domenico Erculiani, per tutti Ginetto, che all’affresco e al suo recupero ha dedicato infinite energie.

«Siete numerosi e non è scontato - ha detto don Gaiardi -, ed è molto significativo».

Poi parla di Maria, «Madre di Dio e della Chiesa, lo stesso papa Francesco ci chiede di pregare domani, giorno successivo alla Pentecoste, per la Vergine Madre della Chiesa». Nel dipinto sono raffigurati anche alcuni santi, «su cui si possono formulare varie ipotesi. Certa è la presenza di Sant’Omobono, riconoscibile per la borsa. È morto il 13 novembre 1197 e solo due anni dopo, a furor di popolo, fu fatto santo. Santo subito, ben prima di Giovanni Paolo II. La sua borsa da allora è cara ai cremonesi ed è un simbolo della sua e della loro generosità».

L’architetto Paolo Rambaldi spiega il progetto, l’accordo con la Diocesi e con la Soprintendenza, che ha seguito i lavori passo passo, «fino all’ultimo sopralluogo, il 28 aprile scorso».

Rosa Nolli, la restauratrice, preferisce non entrare in dettagli tecnici, ricorda che, dopo una prima pulitura con acqua e ammonio e la rimozione di alcune stuccature, di aver proceduto «con la tecnica del rigatino», ovvero il tratteggio di linee ravvicinate che danno l’illusione del reintegro del colore, rimanendo distinguibile rispetto all’originale. E poi ci si mette in fila per passare dietro l’altare e vedere da vicino questo capolavoro ritrovato.

È Roberta Raimondi, storica dell’arte, a sintetizzare la storia di una chiesa «che non è settecentesca come sembra». L’affresco è una finestra che si spalanca sul passato, che testimonia il passaggio dal gotico al rinascimento. Quella di Bembo è una pittura estremamente raffinata, aristocratica «nel senso che è legata alla nobiltà d’animo e intellettuale».

Il contesto è sacro, il luogo è sacro, ma il committente è vestito alla moda e nel dipinto sono raffigurati anche i devoti, la gente normale, i poveri che si rivolgevano a Sant’Omobono e alla sua borsa. Non è dato sapere se l’affresco prosegue anche sopra, né lo si saprà mai: ciò che l’ha eventualmente coperto si è storicizzato e le stratificazioni, giustamente, non si cancellano. A parlarci del passato della chiesa di Sant’Omobono, restano questa Madonna gotica e la sua infinita dolcezza.

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