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L'INTERVISTA

Accardo: «Mi manca la musica davanti al pubblico»

Il violinista: «Non ho mai studiato così tanto come ora. Aiuto mia figlia Irene in pianoforte. Ines ama la danza, lì sono un po’ carente»

Cinzia Franciò

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cfrancio@laprovinciacr.it

12 Maggio 2020 - 14:01

PUBBLICARE NEL POMERIGGIO Accardo: «Mi manca la musica davanti al  pubblico»

di Nicola Arrigoni

CREMONA (12 maggio 2020) - «Non ho mai studiato tanto come in questo periodo», ironizza Salvatore Accardo, impegnato nelle lezioni a distanza per l’Accademia Stauffer e come tutti gli artisti orfano di quell’emozione unica che è suonare davanti a un pubblico. In questa situazione di sospensione dello spettacolo dal vivo, si moltiplicano, paradossalmente, le iniziative di concerti in streaming, di ensemble che suonano con ogni membro in collegamento da casa. C’è voglia di reagire…
«E questo è umanissimo. Ho visto le tante iniziative di concerti in rete, di orchestre che suonano a distanza. Credo che tutte queste testimonianze siano un modo per dire che i musicisti continuano ad esserci e sono pronti a rimettersi in gioco».

Dalle sue parole si percepisce che tutto questo è lodevole, ma c’è qualcosa che non torna, c’è un ma…
«Il ma è legato al suono e alla sua percezione attraverso un video, un collegamento Zoom o qualsiasi piattaforma informatica. Quello che manca è il suono, la sua plasticità, la sua resa che non è minimamente paragonabile a quello di qualsiasi concerto dal vivo. È questa, forse, una banalità, ma la musica vive di suono, un suono che emoziona, che arriva diretto».

Arriva diretto al pubblico. Anche se un pubblico c’è, ma dietro al video?
«Un pubblico spettatore che assiste, ma non interagisce, la cui emozione non è percepita da chi suona o recita, o canta. Un concerto, come qualsiasi spettacolo dal vivo, è fatto dagli artisti che si esibiscono su una scena e dal pubblico reale che assiste. In questa alchimia di presenza c’è uno scambio di emozioni, di energia. Non c’è nessuna grande esibizione senza la presenza di uomini e donne che sono lì ad ascoltare, insieme a chi suona. Il pubblico è parte integrante di ogni concerto, così come di ogni esibizione dal vivo».

Come vede il futuro delle attività musicali?
«Molto lontano. Circolano delle ipotesi. Ma, solo per fare un esempio, come è possibile pensare a distanziamenti sociali in un orchestra, magari posizionata nel golfo mistico? Credo che sarà necessario aspettare di avere la certezza che il virus abbia perso forza o ci sia un vaccino. C’è chi parla della ripresa delle attività musicali non prima dell’inizio del 2021 per i luoghi al chiuso. Ogni previsione sembra difficile».

Ed intanto Salvatore Accardo concertista cosa fa?
«Come dicevo prima, non credo di aver mai studiato così tanto, neppure quando ero al conservatorio. Seguo mia figlia Irene di 11 che suona il piano e studia con Maria Grazia Bellocchio, insegnante al conservatorio di Bergamo. A causa del Covid-19 si è tutto bloccato. Anche Maurizio Pollini ha mandato suo figlio dalla Bellocchio. Ogni tanto Irene si sente con la sua insegnante, a distanza naturalmente, poi l’aiuto io, con tutti i limiti del caso (ride ndr). Ci si scambia dei video, o si fanno lezioni via Skype, ma poi quello che manca per le lezioni, così come per i concerti, è la restituzione del suono, falsata dai microfoni. È molto difficile intervenire su un’esecuzione in questo modo di didattica a distanza».

E l’altra gemella che cosa fa?
«Per lei le cose si fanno più complicate».

Per quale motivo?
«Ines ama molto il balletto ed è appassionata di musical. In questo campo non posso proprio aiutarla e qui l’essere in presenza è più che mai indispensabile».

Quando si è deciso di interrompere ogni attività a causa del Covid-19 cosa stava facendo?
«Al di là dei concerti saltati, stavo incidendo le sonate per violino e pianoforte di Debussy, Ravel, Prokofiev, Grieg. Si tratta di un progetto discografico che mi sta particolarmente a cuore. Nel mese di settembre del 2021 compirò ottant’anni e mi volevo fare un regalo, un viaggio nella grande tradizione delle sonate per i due strumenti principi della musica colta».

E il progetto a che punto è rimasto?
«Ho inciso alcune sonate, ma ora questo tempo sospeso mi permette di approfondire e studiare, appunto. Poi quando sarà possibile tornare di nuovo in sala di registrazione spero di poter completare questo regalo che vorrei fare a me e a chi ama la musica».

In tutto questo c’è spazio anche per la didattica a distanza con i suoi studenti dell’Accademia Stauffer?
«Non abbiamo mai smesso. Facciamo lezione via Skype. Certo non mi sarei mai aspettato di dovermi reinventare così, ma soprattutto di dover insegnare attraverso uno schermo. Certo credo che nel caso dell’insegnamento di uno strumento musicale la didattica a distanza sia una soluzione emergenziale, non può sostituire la presenza del maestro. L’attenzione al suono e alla maniera di ottenere quel suono specifico necessita di prossimità, nonché di un rapporto diretto, un ascolto non mediato che ora non è possibile. Le lezioni via Skype sono un modo per non perdere il contatto, sono un modo per continuare malgrado tutto in attesa che si possa tornare alla normalità. Di più credo che sia francamente difficile fare».

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