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LA CITTÀ DEI FRAGILI

Accampati in ospedale: «Qui come in famiglia»

Il racconto dei senzatetto che cercano riparo nella hall del Maggiore per sfuggire al freddo. Intervenuti Prefettura, Comune e Asst: «Non un problema di ordine pubblico, ma sociale»

Claudio Barcellari

Email:

cbarcellari@laprovinciacr.it

16 Dicembre 2025 - 05:00

Accampati in ospedale: «Qui come in famiglia»

CREMONA - «Qui c’è tutta brava gente. Si sta bene. Siamo quasi una famiglia, si direbbe». Guglielmo si interrompe e si volta verso l’amico Leonardo, che gli sorride stringendo tra le mani un bicchiere di plastica. Hanno, rispettivamente, 60 e 70 anni. Intorno a loro, il vociare dei pazienti dell’Ospedale Maggiore di Cremona che rimbomba nell’atrio: i passanti sembrano tutti uguali in quell’andirivieni di ogni giorno che ben conosce chi visita il nosocomio. Guglielmo e Leonardo, però, non sono lì per essere visitati, né per ritirare un referto.

«Questa per il momento è la nostra casa — spiega Guglielmo —. Sono venuto a vivere qui perché mi sono ritrovato senza un appartamento dove stare». E aggiunge: «Ho lavorato tanti anni in una cucina sul bresciano. Poi mi sono spostato sul lago di Garda. Ora mi trovo qui. Ma solo in via provvisoria». E dopo aver raccontato la sua storia, precisa che «ciascuno di noi, qui, ha la sua». Si riferisce agli altri quattro senzatetto che vivono insieme a lui nella hall dell’Ospedale: altri due uomini e due donne.

Tra cui, appunto, anche Leonardo, che racconta di essere accampato lì da molto più tempo. «Quasi un anno — ammette — da quando sono uscito dal carcere. Dopo aver riavuto la libertà, non sapevo dove andare e come fare. Nessuno mi ha aiutato.» Sa però come tenere alto l’umore: «Potrei avere finalmente trovato una soluzione per l’anno prossimo. Ma vedremo».

A pochi metri c’è il loro terzo compagno, Emanuele. È l’ultimo arrivato. È seduto, ha lo sguardo fisso nel vuoto e un sorriso spento. «Ho passato un anno terribile — confessa —. La mia compagna è morta di cancro quasi un anno fa. Poi è toccato a mia madre. Ho venduto la casa: non volevo più starci, non volevo più vederla». Qualche secondo di silenzio. Poi scuote la testa, e conclude: «Per ora preferisco stare qui».

Cinque storie che si sono incrociate sotto il tetto della hall dell’ospedale, con in comune il solo desiderio di ripararsi dal freddo che c’è fuori. Storie di fragilità rispetto a cui il ‘padrone di casa’, l’Asst, si sta mostrando tutt’altro che indifferente. «Gli infermieri qui sono molto gentili con noi — torna a spiegare Guglielmo — , e le persone in genere comprendono la nostra situazione».

Da subito, dicono dall’Asst, c’è stato l’interessamento della direzione aziendale, del servizio sociale e dei cappellani dell’ospedale. «Ci siamo avvicinati per provare a dialogare, soprattutto per cercare insieme a loro qualche alternativa», riporta l’Asst.

La presenza dei senzatetto, secondo alcuni utenti dell’ospedale, sarebbe un rischio per la sicurezza. A vigilare sulla situazione, rassicura l’Asst, c’è il servizio di sorveglianza: «Le guardie giurate sono presenti di giorno e di notte; le squadre degli addetti antincendio fanno ronde h24, sette giorni su sette, scandagliando sistematicamente ogni parte della struttura (aree interne ed esterne) allo scopo di monitorare e segnalare tempestivamente qualsiasi anomalia. Va ricordato, inoltre che ai reparti si accede solo digitando un codice segreto, a garanzia di sicurezza per operatori e pazienti. Ad oggi, non risultano segnalazioni né di furti né di altre tipologie di reato

Giovedì scorso in Prefettura si è riunito il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, al quale hanno partecipato il direttore generale Ezio Belleri, il direttore sanitario Francesco Reitano e il direttore amministrativo Gianluca Leggio. Dall’analisi fatta in quel contesto è emerso che i senzatetto dell’ospedale non costituiscono un problema di ordine pubblico, bensì di carattere sociale. La direzione precisa che «il Servizio sociale dell’Asst e i Servizi sociali del Comune di Cremona stanno collaborando in modo stretto affinché si possano trovare, a breve, alternative possibili da offrire a queste persone». Ad esempio, «un luogo caldo e attrezzato come il dormitorio della Caritas che ha posti letto disponibili. La speranza è che le proposte vengano accolte».

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