L'ANALISI
SALUTE MENTALE
04 Novembre 2025 - 10:59
CREMONA - Il mondo del lavoro in Italia sta vivendo una profonda fase di trasformazione, segnata da una crescente tensione tra la cultura della performance e una nuova, irrinunciabile attenzione al benessere psicologico. In un Paese dove la cultura del “posto fisso” è ancora radicata, oltre otto italiani su dieci hanno pensato di lasciare il proprio impiego a causa dello stress, e la metà lo ha già fatto almeno una volta.
È quanto emerge dall’ultima indagine condotta da Unobravo, servizio di psicologia online e Società Benefit, su un campione di circa 1.700 persone, per fotografare il loro rapporto con il lavoro e lo stato di benessere psicologico nell’attuale contesto professionale. I risultati delineano i contorni di un’emergenza silenziosa, che svela quanto la cultura della performance possa alimentare ansia, senso di inadeguatezza e disagio emotivo.
Uno dei primi segnali di questo malessere è un pervasivo senso di inadeguatezza. Oltre il 66% degli intervistati dichiara di sentirsi non all’altezza delle aspettative di capi e colleghi. Questa pressione si traduce in senso di colpa: più dell’80% ammette di provarlo per non aver lavorato più ore o non aver raggiunto un obiettivo.
Il confine tra vita professionale e privata si assottiglia sempre più. Due terzi del campione hanno messo da parte sé stessi, la famiglia, gli amici o i propri hobby per il lavoro. Tra i genitori, quasi il 45% lamenta di non riuscire a dedicare tempo sufficiente ai figli a causa degli impegni lavorativi.
Le preoccupazioni legate al lavoro si manifestano anche fisicamente: oltre il 50% accusa tensione o sintomi come tachicardia e mal di stomaco. Quasi la metà non dorme bene, disturbata da pensieri legati alla sfera professionale.
Nonostante il disagio diffuso, molti faticano a percepire un reale sostegno in azienda. Circa il 75% ritiene che il proprio contesto lavorativo valorizzi poco o per niente il benessere psicologico. Il 66% teme addirittura di essere penalizzato o licenziato qualora ammettesse un calo di produttività dovuto a stress o problemi emotivi.
Il bisogno di ascolto emerge anche alla domanda su cosa cambierebbero del mondo del lavoro: al primo posto la richiesta di retribuzioni più giuste (quasi 62%), seguita da una maggiore attenzione alla salute mentale (oltre 50%).
Un dato interessante riguarda lo smart working: per il 58% degli intervistati il lavoro da remoto o ibrido ha contribuito a ridurre lo stress da performance, dimostrando come la flessibilità possa migliorare il benessere dei dipendenti.
«Quando la paura di non essere all’altezza diventa la norma, potrebbe non essere più solo stress: è il segnale di quanto la cultura della performance abbia condizionato il modo in cui ci percepiamo», afferma la Dottoressa Valeria Fiorenza Perris, psicoterapeuta e Clinical Director di Unobravo. «Il rischio è di trasformare il lavoro da spazio di espressione a metro di valutazione personale. Il benessere psicologico nasce dal riconoscere la nostra identità anche al di fuori della sfera performativa».
«Le grandi aziende sono ecosistemi complessi, dove è importante creare spazi per esprimere non solo i talenti, ma anche le fragilità», sottolinea Maddalena Mendola, Group Wellbeing & HSE Director di Engineering. «Con iniziative come ENG Care, in collaborazione con Unobravo, vogliamo sensibilizzare sull’importanza della salute mentale e offrire un supporto concreto e accessibile per tutti».
I dati evidenziano quanto il benessere psicologico non sia più una questione privata, ma un fattore strategico per la crescita delle imprese. Promuoverlo significa costruire contesti in cui le persone possano esprimere il proprio potenziale in modo sostenibile, trasformando la serenità in un vantaggio condiviso per chi lavora e per chi guida le organizzazioni.
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