L'ANALISI
07 Ottobre 2025 - 16:40
CREMONA - Recuperare il suono degli strumenti antichi a tastiera, cercare di definire le prassi costruttive e formulare una sorta di viatico per entrare nel cuore della musica che è suono prodotto da strumenti materiali e suono recepito, in un tempo e in uno spazio specifici. Tutto questo vale 8 milioni di euro, stanziati dall’European Research Council (ERC), presieduto da Maria Leptin, per il progetto REM@KE; di questi, 4 milioni andranno al Dipartimento di Musicologia e Beni Culturali dell’Università di Pavia, ente capofila del progetto di ricerca.
È possibile recuperare il suono autentico degli strumenti, al di là del tempo passato? È questo l’interrogativo a cui cercheranno di rispondere Massimiliano Guido, professore associato presso il Dipartimento di Musicologia e Beni Culturali dell’Università di Pavia, come coordinatore (Corresponding Principal Investigator) del progetto REM@KE, insieme a Andrea Schiavio dell’Università di York (Inghilterra), esperto di scienze cognitive applicate alla musica, e a Joel Speerstra (Università di Göteborg, Svezia), concertista e docente di prassi esecutiva su tastiere storiche, ma anche costruttore di strumenti, gli altri due Principal Investigators e responsabili delle unità che lavoreranno insieme a Guido per i prossimi sei anni. Le tre sedi di Pavia-Cremona, York e Göteborg attireranno un pool di esperti e collaborazioni a livello globale. Ancora in fase progettuale avevano già confermato la loro adesione ricercatori provenienti dal Metropolitan Museum di New York, il Westfield Center for Historical Keyboard Studies della Cornell University e l’Istituto di Scienze del Patrimonio Culturale del CNR.
«Il progetto è stato accettato per la sua originalità e per il desiderio di tentare l’impossibile e farlo mettendo insieme diverse competenze: quelle storico-musicologiche, ma anche quelle scientifiche dell’analisi diagnostica dei materiali e degli antichi strumenti — spiega Guido —. Ai dati oggettivi forniti dalla scienza si affiancano le ricerche musicologiche e storiche, ma anche le scienze informatiche per la riproduzione virtuale e poi in 3D degli strumenti, il tutto coniugato con la necessità di celebrare il suono e la musica. La conservazione degli strumenti antichi non può non tenere conto che la finalità è fare musica, al tempo stesso la loro fragilità, con secoli di storia sulle spalle, necessita di essere tutelata, proprio per la loro fragilità».
Gli strumenti musicali conservati nei musei si trovano di fronte a un paradosso: se non vengono suonati, la loro voce si perde; se vengono suonati, la loro fragile materialità è a rischio. Poiché la conservazione ha la precedenza, molti strumenti rimangono per sempre muti, cancellando i suoni e le tecniche che un tempo li definivano. Le generazioni future potrebbero non ascoltare mai questi tesori storici. È essenziale ricostruire non solo gli strumenti stessi, ma anche la conoscenza musicale incarnata dei loro costruttori e suonatori.
«Il progetto REM@KE, finanziato dal CER, sta affrontando questa sfida sviluppando metodi per ricreare il suono, la funzione e le tecniche di esecuzione di strumenti perduti. REM@KE fonde organologia, ricerca sulla performance e scienza cognitiva per ricostruire il patrimonio musicale, sia materialmente che virtualmente — spiega Guido —. REM@KE produrrà una molteplicità di risultati:
Tutto questo materiale sarà accessibile liberamente in formato digitale sul portale del progetto, che diventerà un ambiente di ricerca collaborativa aperto a tutti, anche al di fuori dell’accademia».
Per raggiungere questi obiettivi Guido, Schiavio e Speerstra propongono una nuova piattaforma di ricerca che mette insieme risorse dell’organologia, della ricerca artistica e dell’Embodied Cognition (Cognizione Incarnata). «Questa recente branca delle scienze cognitive si fonda sull’idea che la nostra mente sia un tutt’uno col corpo e con l’ambiente circostante, e che il cervello da solo non sia abbastanza per spiegare come pensiamo, ragioniamo, o proviamo emozioni. I tre ricercatori studieranno quindi le persone insieme agli strumenti coinvolti nella creazione musicale: i gesti dei costruttori di oggi che recuperano una tradizione del passato e quelli degli interpreti che ricostruiscono una tecnica esecutiva — si legge nelle note al progetto —. In questo modo si arriverà a una comprensione più ricca delle esperienze di coloro che oggi si confrontano con gli strumenti musicali sia storici, sia di nuova costruzione».
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