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CREMONA. LA STORIA

Fragilità invisibili: la battaglia quotidiana di Barbara e Ouerdane

Tra pensioni ridotte, permessi di soggiorno incerti e assistenza familiare totale, la coppia affronta un percorso difficile

Francesca Morandi

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fmorandi@laprovinciacr.it

01 Ottobre 2025 - 17:01

Fragilità invisibili: la battaglia quotidiana di Barbara e Ouerdane

L’avvocato Gianluca Pasquali con Barbara e Ouerdane

CREMONA - «È una delle tante storie di fragilità sociale», racconta l’avvocato Gianluca Pasquali. È la storia di Barbara, 53 anni, nata e cresciuta a Cremona. Finché la salute le ha permesso, ha lavorato. «Facevo le pulizie di notte».

Poi, nel 2019, sono arrivati i dolori alla schiena e alle gambe. Una seria difficoltà motoria l’ha costretta a muoversi su una carrozzella. E non si è fatta mancare un’operazione alla gola. Barbara non può lavorare. Viveva con 700 euro di pensione di invalidità al 100%, oggi ridotti a 300 euro al mese perché, nella revisione, l’invalidità è scesa all’80%.

Un anno e mezzo fa, il Comune le ha assegnato una casa. L’affitto è simbolico: 4 euro. «Ma ci sono le bollette da pagare e le bollette arrivano ogni due mesi. Per carità, i servizi l’aiutano, ma la signora non può lavorare. Dovrebbe avere un accompagnamento, non può vivere con 300 euro al mese. Senza incolpare nessuno, le istituzioni dovrebbero guardare più a fondo queste situazioni di fragilità sociale»: l’avvocato Pasquali ci «guarderà dentro», sta studiando il caso.

La ‘stampella’ di Barbara si chiama Ouerdane, 40 anni, da 14 è suo marito, senza lavoro anche lui. Nato in Tunisia, appassionato di calcio e tifoso di Milan e Cremonese, Ouerdane è arrivato in Italia nel 2007 con permesso di soggiorno e ha lavorato nel settore della sicurezza, come addetto alla vigilanza e buttafuori nelle discoteche di Cremona.

Ha una storia giudiziaria: precedenti per risse e lesioni. Oggi era davanti al giudice, accusato di aver lanciato un boccaglio di birra sullo zigomo di un venditore di rose nel 2020. «Ma io gli ho dato solo uno schiaffo», afferma Ouerdane, che si difenderà all’udienza del 18 marzo 2026.

Barbara e Ouerdane si sono conosciuti sedici anni fa, quando lui era agli arresti domiciliari. Erano vicini di balcone. «Io lo vedevo, è stato un colpo di fulmine, poi mi ha raccontato le sue vicende. Non mi ha nascosto nulla».

sposi

Nel 2011, lui era in carcere a Como. Qui, il 9 novembre, si sono sposati: matrimonio civile ‘benedetto’ dal sindaco dell’epoca.

Ouerdane è disoccupato. «Mi sono fermato per il permesso di soggiorno», spiega. Lo ha ottenuto ad aprile scorso, «ma è stato un calvario lungo due anni». Il permesso scadrà nel 2026, «ma avendo una moglie italiana in queste condizioni non può essere espulso. Non dargli il permesso lo condanna a non lavorare».

Ouerdane si occupa a tempo pieno di sua moglie. «Sto cercando lavoro, ma non è facile. E con 300 euro al mese di pensione come si fa a vivere? I miei genitori ci mandano qualcosa dalla Tunisia, ogni tanto. Il Comune ci ha aiutato con la casa, non abbiamo nulla da dire, ma è durissima».

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