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LA STORIA

Destinazione Sofia: Anna Vallari e il viaggio umanitario nel cuore dell’Europa

A 23 anni, dopo la laurea triennale in Scienze Politiche, partirà per un progetto UE in Bulgaria, dove sosterrà minori non accompagnati ucraini e siriani. Un percorso internazionale che segue esperienze di volontariato in Francia e in Italia, tra crescita personale e impegno sul campo

Francesca Morandi

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fmorandi@laprovinciacr.it

08 Settembre 2025 - 05:30

Destinazione Sofia: Anna Vallari e il viaggio umanitario nel cuore dell’Europa

Anna Vallari (a sinistra) durante l’esperienza da volontaria nel campo profughi di Grande-Sinthe, in Francia

CREMONA - Quando aveva 12 anni, ha letto, tra gli altri, “Sotto il burqa” e “Una goccia nel mare di Gaza”. A Natale, Anna festeggerà i 22 anni. Ora, la laurea triennale in Scienze Politiche e Relazioni internazionali, all’Università Cattolica di Milano. La discuterà il 27 settembre. Tesi: “Il ruolo del Foreign fighter nel contesto della guerra Russia-Ucraina”. Poi, il 5 ottobre Anna Vallari, casa a Castelverde, maturità al liceo linguistico Manin, volerà in Bulgaria, a Sofìa, presso la Caritas: per dieci mesi lavorerà in un campo profughi per minori non accompagnati, ucraini e siriani.

Anna è stata selezionata all’interno del progetto dell’Unione europea “A New Hope”: progetto sganciato dall’università. Lo ha saputo il 22 agosto, mentre rientrava dalle tre settimane di esperienza, qui come volontaria, in un altro campo profughi, nel Nord della Francia: quello di Grande-Synthe, a dieci minuti dalla città di Dunkerque. «Un campo profughi in mezzo al nulla; dieci minuti prima sei in una città come Cremona, dieci minuti dopo in un microcosmo dove non hanno nulla».

«Ho deciso di non continuare subito la magistrale, ma di fare questo progetto in Bulgaria con l’Unione europea», spiega Anna. Funziona così. «Sul sito European Solidarity Corps vengono offerte opportunità ai giovani dai 18 ai 35 anni. L’elenco è lunghissimo. Le opportunità riguardano tutti gli ambiti (salvaguardia dell’ambiente, attività per bambini o per disabili) e sono finanziate da fondi che l’Ue alloca a tutte le associazioni sparse per l’Europa». Obiettivo: «Coinvolgere i giovani in modo attivo. Non è una occasione di studio, ma vai a supportare il team che lavora in questi luoghi». A Sofìa, «secondo quanto è stato spiegato, per i minori si organizzano attività ludiche, lezioni di inglese. In più, probabilmente da febbraio in poi, là racconterò la mia esperienza anche nelle università affinché i giovani conoscano tutte le opportunità che la Ue offre loro».

Anna ha mandato una lettera di motivazione: «Dopo aver terminato la triennale principalmente in Relazioni internazionali, il mio obiettivo è di acquisire un’esperienza per poi continuare gli studi più in campo umanitario». «E questo perché, più in generale, ho sempre fatto volontariato». Anna lo ha sempre fatto in paese e, durante l’università, da ottobre scorso a febbraio di quest’anno, al Giambellino, quartiere difficile. «Collaboravo con Save the Children, che offriva spazi studio per i ragazzi di varie fasce di età. Accompagnare lo studio a queste attività di volontariato, di associazionismo, è importante per la mia crescita professionale, soprattutto se si vuole lavorare in quel contesto».

E se l’università è la base, l’esperienza sul campo è il valore aggiunto. Anna l’ha appena fatta in Francia. «C’è la formula “Volontariato nel mondo” con moltissime opportunità. Le varie associazioni mettono la loro proposta. Ho trovato l’associazione di carità Ruz (radici) che opera al Nord della Francia». Il primo agosto è partita il campo di Grande-Synthe. «Ci sono rifugiati che arrivano da ogni parte del mondo: 2mila tra famiglie, bambini, anziani e disabili. Cercano di attraversare la Manica in maniera illegale». Là, «è come se fosse una Lampedusa». L’associazione «fornisce ai profughi che non hanno i documenti e che non hanno niente, beni di prima necessità: prodotti per l’igiene personale, docce per lavarsi costruite dall’organizzazione in un campo all’aperto, distribuzione dei pasti, possibilità di ricaricare i telefonini. Tutto questo viene fatto dall’associazione, che si finanzia anche attraverso le donazioni».

Anna e i volontari vivevano in una casa comune, a pochi chilometri da Grande-Synthe. Il briefing alle 9, alle 10.30 nel campo fino alle 16 con team e coordinatori. «Mettevamo giù il gazebo e offrivamo i servizi, cercando di accontentare tutti. Il loro obiettivo è andare in Gran Bretagna: la vedono come la terra dei sogni. Molto spesso, hanno già abitato o in Germania o in Francia, alcuni in Italia, ma poiché non hanno ricevuto i documenti, sono dovuti scappare. Alcuni hanno parenti in Gran Bretagna. Ci sono anche persone coltissime con master e dottorati».

Il campo di Grande-Synthe è un inferno nel cuore dell’Europa. «In maniera un po’ critica, dico che lo Stato francese offre solo acqua potabile in rubinetti che potrebbero essere le fontanelle in mezzo a un parco. Null’altro. Io non conosco i regolamenti interni. È appena stato concluso un accordo tra Starmer e Macron. Considerano i profughi come pedine: “Io te ne do 10, io te ne do indietro uno di quelli che arrivano”. Dalla mia esperienza, se non ci fossero le organizzazioni, i profughi non avrebbero niente. Se già paghi migliaia di euro per attraversare la Manica, non so quante risorse tu possa avere per pagarti anche un giubbotto. Perché poi, d’inverno fa molto freddo: fango e acqua».

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