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LA SCUOLA VERSO LA RIPRESA

«I nostri ragazzi siano al centro»

Il provveditore Chiappa: «L’inverno demografico pesa. Dobbiamo tutti pensare in anticipo a soluzioni e risorse»

Nicola Arrigoni

Email:

narrigoni@laprovinciacr.it

05 Settembre 2025 - 05:20

 «I nostri ragazzi siano al centro»

CREMONA - «Se vogliamo una scuola con la S maiuscola, dobbiamo lavorare assieme. È questo l’augurio che mi sento di fare a tutto il personale della scuola, agli studenti e alle loro famiglie alla vigilia dell’avvio dell’anno 2025/2026». Sono le parole di Imerio Chiappa, dirigente dell’Ufficio Scolastico Territoriale, pronunciate a pochi giorni dal debutto delle lezioni.

Una scuola che si riduce in termini di iscritti.
«Il calo demografico è la questione che interesserà l’intera amministrazione scolastica. Bisogna lavorare insieme per ottimizzare le risorse. Occorre capire se si preferiscono piccole scuole destinate a chiudere, nel momento in cui i numeri non saranno più sostenibili, oppure se iniziare a pensare a scuole in sinergia fra diversi Comuni. È la scommessa che attende tutti noi nei prossimi anni. Le pluriclassi possono essere una soluzione d’emergenza, ma non devono diventare la regola».

Al di là di un futuro non sereno, come si prospetta l’avvio dell’anno?
«La provincia di Cremona è l’unica a non avere istituti in reggenza: le ultime nomine di dirigenti hanno dato a ogni scuola il suo titolare. Abbiamo nominato 13 Dsga (Direttore dei Servizi Generali e Amministrativi, ndr) su 17 posti disponibili, un passo avanti nel segno della stabilità amministrativa. Grazie al lavoro degli uffici e alla collaborazione con i sindacati, le convocazioni del personale Ata hanno immesso in ruolo 77 persone nei diversi profili, coprendo buona parte dei posti disponibili. Nel frattempo, stanno partendo i bollettini per le supplenze: crediamo che gran parte dei posti potrà essere coperta. È il risultato di un buon lavoro di squadra, che il personale dell’Ust ha dimostrato di saper fare».

A conferma dell’augurio che fa alla scuola con la S maiuscola.
«Ho visto il mio personale lavorare in équipe, sostenersi nei momenti di difficoltà, al di là dei settori di competenza. È questa capacità di lavorare insieme che permette di raggiungere i risultati».

L’anno si apre sotto il segno del rigore: lavori socialmente utili per chi trasgredisce e cellulari banditi da scuola. È un ritorno all’antico?
«Credo che la domanda vada posta non tanto sul rigore, quanto sull’educazione alla responsabilità di chi vive la comunità scolastica. Bisogna aiutare i ragazzi a crescere responsabilmente. Per la loro età sono soggetti a continui cambiamenti: dobbiamo accompagnarli in questa crescita. Non serve alternare ‘bastone e carota’, ma cercare il confronto, nella certezza che il rigore ci vuole, non in termini punitivi, ma educativi, come consapevolezza da condividere. Le situazioni a volte richiedono fermezza, altre volte la capacità di andare incontro a un ragazzo in difficoltà. Un buon educatore sa scegliere la strategia giusta».

Legge così anche il divieto di usare i cellulari?
«Non basta vietare: bisogna insegnare ai ragazzi a usare il mezzo e a non farsi usare dallo strumento. Questo vale non solo per loro, ma anche per molti adulti. La scuola si ritrova a dover affrontare innovazioni tecnologiche che fanno parte del nostro presente e che devono essere insegnate e governate, per diventare risorse per l’apprendimento. In questa direzione leggo la possibilità di limitare l’uso del cellulare quando non è indispensabile e rischia di soffocare momenti relazionali importanti».

Non è un caso che ci sia molta attenzione alla riforma dell’istruzione tecnica.
«Quest’anno parte la sperimentazione del 4+2, destinata a diventare ordinamentale. Attendiamo i decreti attuativi per la riforma dei tecnici. Si tratta di lavorare in sinergia con i territori, senza abdicare alla missione educativa, ma interpretandola nel contesto di un’evoluzione tecnica e occupazionale che caratterizza il nostro mondo in continua trasformazione».

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