L'ANALISI
31 Agosto 2025 - 05:25
CREMONA - Più spese per la casa, colpa soprattutto del caro bollette, mentre si mantengono costanti quelle destinate alla tecnologia a discapito magari di qualche rinuncia negli acquisti alimentari. Questo il quadro che emerge dall’indagine di Confcommercio, su come sono cambiate le abitudini dei cremonesi negli ultimi 30 anni.
Una lunga fase, in cui la rivoluzione tecnologica ha lasciato il segno nei comportamenti, sono aumentati i consumi legati al tempo libero, mentre le spese per viaggi e vacanze e ristorazione, sebbene in ripresa, non hanno ancora recuperato le perdite post-pandemiche. Al contrario, il contenimento della domanda di beni tradizionali continua a consolidarsi anche nel 2025, segno di una prudenza che riflette sia scelte culturali che incertezze percepite.
Il tutto inserito in un dato complessivo di consumi pro capite superiore ai 24mila euro, in linea con le altre province lombarde di dimensioni simili, anche se non paragonabile a quello di Milano o delle ricche Como e Varese. La media regionale comunicata da Confcommercio è di oltre 25mila euro. Rispetto al 1995 l’aumento è stato di oltre 5mila euro, ma attenzione, nel 2007 si era già ad una media regionale di 24.400 euro. Significa che in 18 anni la crescita è stata molto blanda, complici molti fattori internazionali, dalla crisi dei mutui che ha portato alla recessione mondiale alla pandemia, sino alle recenti crisi energetiche acuite dai conflitti russo ucraino e israelo-palestinese.
«Nel nostro territorio – commenta il presidente provinciale dell’associazione di categoria Andrea Badioni –: abbiamo un buon equilibrio di spesa, non ci sono eccessive differenze tra un comparto e l’altro rispetto ai dati medi regionali e nazionali. Più in generale in questa fase prevale la prudenza, sia per le spese per i consumi, sia per gli investimenti. Manca forse un salto di qualità in alcuni ambiti, come ad esempio con l’avvio di start up. A confronto di altre province lombarde più grandi e popolose di noi, tutto sommato teniamo bene. La spesa media delle famiglie è aumentata di 500 euro annui pro capite dal 2021 a oggi passando da poco più di 20mila euro agli attuali 24mila».
Ci sono varie strade per sostenerla, dando fiato all’economia locale, non solo il commercio al dettaglio e all’ingrosso, e aiutare di conseguenza le famiglie. «Si può procedere sulle aliquote locali, riducendo la tassazione sulle famiglie – prosegue Badioni -: certo ci vuole un sostegno statale, per fare in modo che non manchino le risorse per i comuni. Non vanno inserite formule permanenti di sostegno ai consumi, che finiscono per drogare il mercato, possono essere introdotti ammortizzatori sociali sperimentali a livello annuale».
Le possibilità di spesa dei singoli cittadini, incide ovviamente anche sull’andamento del Prodotto interno lordo. Secondo gli ultimi aggiornamenti forniti dall’Istat nel secondo trimestre 2025 lo stesso è diminuito dello 0,1% rispetto al trimestre precedente, confermando i dati preliminari diffusi a luglio. Su base annua, si registra invece un aumento dello 0,4%. La crescita acquisita per l’intero 2025 è al momento dello 0,5%. La lieve flessione dell’economia è dovuta principalmente alla frenata della spesa pubblica e delle istituzioni sociali, che non hanno dato contributi alla crescita. Positivi invece gli investimenti (+0,2 punti percentuali) e l’aumento delle scorte (+0,4). La bilancia commerciale ha invece pesato negativamente per 0,7 punti. Dal lato dei settori produttivi, sono in calo agricoltura (-0,6%) e industria (-0,3%), mentre i servizi restano stabili. In leggera crescita sia le ore lavorate sia le unità di lavoro (+0,2). Diminuiscono invece dello 0,1% le posizioni lavorative. Crescono i redditi da lavoro dipendente pro capite: +0,9%.
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