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LE INSIDIE DELL'AMBIENTE

La pianta che ustiona scende a valle: è allerta

Dai monti, i semi di Panace Mantegazza vengono trasportati dalle piene del Serio

Dario Dolci

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13 Agosto 2025 - 05:05

La pianta che ustiona scende a valle: è allerta

La Panace di Mantegazza e un esempio dei segni che lascia sulla pelle con cui entra in contatto

CREMA - Non ci sono soltanto i ratti, le zanzare e il virus West Nile a preoccupare nella stagione calda. L’Ats Val Padana e Regione hanno emesso un’allerta per le ustioni causate dalla Heracleum mantegazzianum, una specie erbacea invasiva i cui effetti negativi sull’ambiente e sulla salute umana sono talmente rilevanti, da richiedere un intervento coordinato e uniforme a livello di Unione europea. La specie, più comunemente conosciuta col nome di Panace di Mantegazza, o di Panace gigante, è attualmente oggetto di azioni di controllo e eradicazione anche nel nostro territorio.

Il contatto con la secrezione di questa pianta, con successiva esposizione della pelle ai raggi solari, causa fitodermatite. I sintomi sono arrossamenti, gonfiore, prurito e irritazione della cute e lesioni necrotiche, che possono manifestarsi anche fino a 48 ore dopo il contatto con la fitotossina. Le zone colpite possono riportare danni permanenti simili a ustioni e possono rimanere sensibili per lungo tempo, con rischio di recidive.

Piccole quantità di linfa negli occhi possono causare cecità temporanea o addirittura permanente. La linfa rimane tossica anche alcune ore dopo che la pianta è stata tagliata, così come sui vestiti con cui è entrata in contatto. La specie si trova soprattutto sui rilievi, nelle zone montane, lungo le rive di fiumi, corsi d’acqua e laghi, i margini forestali e stradali, i bordi di sentieri e nei terreni incolti. Considerato il periodo estivo, durante il quale vi è un incremento notevole dell’affluenza di persone in queste zone, l’Ats ha ritenuto di dover sensibilizzare la cittadinanza sui rischi connessi al contatto con la pianta.

In pianura, il Panace ci è arrivato con le piene del fiume, che hanno portato a valle i semi. Ogni pianta ne produce ogni anno da 1.500 a 100mila, che conservano la capacità di germinare per circa 7-15 anni. «Come tutte le specie invasive — commenta Ivan Bonfanti, biologo del Parco del Serio — la Panace è una specie alloctona e urticante. Il suo contatto sulla pelle provoca come un’ustione. È necessario conoscerla e saperla individuare, per evitare di toccarla».

Il biologo Ivan Bonfanti

La sua presenza in pianura è in aumento, come spiega il biologo: «La Panace è presente in quantità sensibile soprattutto sui rilievi ma, dal momento che si trova lungo il fiume, quando si verifica una piena del Serio i semi vengono trasportati a valle e questo è il motivo per cui si trova ora anche in pianura. Se trova l’ambiente adatto, poi, finisce per propagarsi».

L'esperto Emilio Pini

Del Panace parla anche Emilio Pini, presidente del Gruppo micologico cremasco: «È una pianta enorme, che supera facilmente i due metri di altezza; è importante saperla riconoscere per evitarla. Quando si va in montagna o nelle valli è facile incontrarla e questo va detto a chi va in villeggiatura; in pianura un po’ meno, ma la sua pericolosità è fuori discussione».

L'assessore Gianluca Comazzi

Sull’argomento è intervenuto anche Gianluca Comazzi, assessore al Territorio e Sistemi verdi della Regione: «Il panace di Mantegazza è una pianta molto pericolosa; basta il contatto con la sua linfa per causare gravi ustioni, irritazioni cutanee e, nei casi più seri, danni permanenti. Chi frequenta parchi, sentieri e aree verdi deve saperla riconoscere e tenersi alla larga. La prevenzione parte dalla conoscenza: informarsi, segnalare subito eventuali avvistamenti e prestare la massima attenzione è il modo più efficace per proteggere se stessi e gli altri. La Regione è impegnata, insieme ad Ats, Comuni e alla Comunità montana della Valchiavenna, in attività di monitoraggio, informazione e contenimento, per la sicurezza di cittadini e ambiente».

COS'È E PERCHÉ PRESTARE ATTENZIONE

Osservandola bene, assomiglia alla pianta del carciofo, con foglia larga a tre o cinque sezioni, seghettata ai bordi. Se la si vede al bordo di fiumi, torrenti o ruscelli, occorre evitare di toccarla. Ha un nome nobile, Panace di Mantegazza, ma va estirpato, per due ragioni. Primo perché è tossico; secondo perché è invasivo e toglie luce, nutrimento e terreno alle piante locali. Il Panace può arrivare fino a quattro metri di altezza. Se arriva a coprire il terreno, muore tutta la vegetazione, tranne i semi del Panace. Il metodo più efficace resta quello di estirparlo con tutte le radici. Lavoro da fare a mano e decisamente faticoso.

La pianta è molto diffusa in tutto l’arco alpino ma ora sta prendendo piede anche in pianura. Oltre a mettere a rischio la biodiversità, questa pianta provoca gravi ustioni se si viene in contatto. Il Panace di Mantegazza fiorisce sola una volta e poi muore. Nonostante ciò, però, cresce così tanto rapidamente che è considerato una pianta infestante. Cresce spontanea in Lombardia, Piemonte, Liguria, Veneto e Trentino, regioni in cui è scattato l’allarme. Il contatto con questa pianta, infatti, provoca eruzioni cutanee gravi simili ad ustioni, caratterizzate da grosse bolle piene di liquido che poi lasciano segni permanenti tipo cicatrici.

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