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LA GUERRA COMMERCIALE

Dazi: «Scontro evitato: ora pesano gli interrogativi. Servono nuovi mercati»

Nell’attesa di valutare i dettagli dell’intesa e l’impatto sui vari settori tra i rappresentanti del mondo produttivo locale si ipotizza un -20% nell’export. Si temono ripercussioni pesanti sulle piccole aziende legate alla globalizzazione

Stefano Sagrestano

Email:

stefano.sagrestano@gmail.com

29 Luglio 2025 - 05:20

«Scontro evitato: ora pesano gli interrogativi. Servono nuovi mercati»

CREMONA - Un sospiro di sollievo, ma solo parziale. L’accordo tra Ue e Usa sui dazi al 15%, la metà di quanto aveva annunciato di voler attuare il presidente americano Donald Trump solo due settimane or sono, non lascia comunque tranquillo il mondo economico cremonese. I vertici delle associazioni di categoria si mantengono prudenti e per tutti vale il principio di base che i dazi sarebbe stato meglio non averli del tutto. A fronte di questo accordo, adesso il focus è sull’analisi dell’intesa, per capire quali tipologie e categorie di prodotti, e di conseguenza quali aziende, potrebbero essere maggiormente penalizzate.

Gian Domenico Auricchio, presidente della Camera di Commercio di Cremona, Mantova e Pavia, plaude al fatto che si sia evitato lo scontro totale. «Non sono in grado al momento di prevedere ripercussioni sulla nostra economia – commenta –: certamente con questo accordo ha vinto il buon senso. La trattativa era l’unica strada percorribile e l’unica scelta sensata tra Ue e Usa e in particolare tra il nostro Paese e gli Stati Uniti. Siamo da sempre ottimi alleati e i rapporti sono strettissimi. Basti pensare al dato turistico, innegabile dimostrazione di ciò. Ogni anno un milione di italiani va negli Usa, da dove sei milioni di americani raggiungono l’Italia. Un partner economico e strategico. C’è soddisfazione, in quanto c’è stata una trattativa e non si è arrivati al muro contro muro. Questo non significa che i dazi non facciano male. Sicuramente ci saranno ripercussioni».

Sonia Cantarelli, presidente di Apindustria Cremona, avanza una stima sulle conseguenze economiche dell’intesa. «Come associazione piccola industria ipotizziamo una perdita di fatturato dell’export verso gli Usa pari al 20%, 12 miliardi di euro. Di fronte a questa prospettiva, come imprese dobbiamo essere molto veloci ad espanderci su altri mercati partendo dagli Emirati Arabi, così da riposizionare i nostri prodotti. Siamo di fronte ad un cambiamento epocale, dove prevarranno i più forti, con le aziende maggiormente strutturate che si stanno già riorganizzando. Resta il fatto che il 15% sia meglio del 30%, ma le conseguenze per la nostra economia rimangono pesanti. Fondamentale che il Governo intervenga e aiuti le imprese italiane su altri mercati».

Sempre rimanendo al settore industriale, Maurizio Ferraroni, da pochi mesi ai vertici dell’Associazione industriali di Cremona, fa il punto su quali potrebbero essere le conseguenze per l’economia provinciale: «Dobbiamo entrare nel dettaglio dell’accordo, anche per capire se assorbe i dazi precedenti o se va sommato a quanto già esisteva. Evidente che la seconda delle due ipotesi cambierebbe ulteriormente le carte in tavola. Tendenzialmente è successo quello che mi aspettavo rispetto alla ‘sparata’ iniziale del presidente Usa. Ci sono prodotti con alto valore aggiunto dove i dazi vengono assorbiti velocemente, e molti di questi sono proprio quelli del Made in Italy».

Il problema si va ad aggiungere ad un altro fattore che mette in difficoltà le aziende italiane. «Anche per quanto riguarda la realtà cremonese – prosegue il presidente provinciale di Confindustria –, quello che mi fa più paura è l’aggressività della Cina, una situazione che viene ad aggravarsi con questi dazi. Compito di noi imprenditori è cercare di aprire nuovi fronti di esportazione e, dall’altra parte, cercare di contrastare l’avanzata della Cina. In questa fase, il Governo deve avere un ruolo a livello di strategia industriale a medio termine, mettendoci in condizione di essere competitivi. Deve lavorare sui costi dell’energia, sul cuneo fiscale, sulla riduzione della burocrazia».

Il fatto che alcuni settori dell’economia nazionale esportino in Usa tipicità di alta gamma, destinate ad una clientela alto spendente, potrebbe metterli al riparo dall’effetto dei dazi sul potere d’acquisto degli americani. Di converso non va dimenticata la progressiva svalutazione del dollaro degli ultimi mesi. Con la moneta Usa più debole l’export Ue ne sta già risentendo. «Il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto?», si chiede Stefano Trabucchi, presidente di Confartigianato imprese Cremona. «Bene il fatto che si sia evitato di andare allo scontro economico come si prospettava a metà del mese. Vedremo le conseguenze settore per settore: ci saranno comparti più colpiti e altri che non verranno interessati. Mi pare di capire che si sia salvato il salvabile, ma non si può certo parlare di una vittoria. Non dimentichiamo che l’Ue come contropartita deve acquistare materie prime e prodotti Usa; al momento, l’intesa sembra molto più a favore degli Stati Uniti. Certo, evitando lo scontro commerciale non si va incontro ad un’incognita che sarebbe stata grande come una casa. In tutta questa serie di cambiamenti la svalutazione del dollaro aiuta gli Stati Uniti a livello di export anche se pagano già di più le merci europee. Per parte nostra non possiamo che guardare avanti, cercando di essere ottimisti e di adattarci a come cambia il mondo, potendo contare sulle peculiarità del sistema Italia, a partire dalla creatività e dall’innovazione».

Marco Bressanelli, presidente della Libera Artigiani di Crema, mette in guardia sulle conseguenze molto negative che i dazi potrebbero avere su alcuni settori dell’economia nazionale e, di conseguenza provinciale. «La riduzione dal 30% al 15% è in linea con quello che dicevo e auspicavo nelle scorse settimane – commenta –: era importante trovare un’intesa. Resta però da valutare l’impatto sui singoli settori produttivi. Stiamo comunque parlando di dazi molto pesanti su acciaio e alluminio e non vorrei che ci fosse qualche mercato di nicchia che ne paga le conseguenze. Attenzione, dunque, ai dettagli dell’accordo, da studiare nei prossimi giorni. Non dimentichiamo che anche le aziende più piccole sono ormai legate a doppio filo al mercato globalizzato. Speriamo che nelle pieghe di questa intesa non ci sia qualcuno che ci rimette a cominciare proprio le piccole imprese. Non vorrei accadesse come capitato con le sanzioni alla Russia, che hanno messo in crisi diversi settori».

Sulla stessa lunghezza d’onda Marcello Parma, presidente di Cna Cremona. «Restiamo cauti, il 15% è un dato che va spacchettato. Ci sono da sempre dei costi sulle esportazioni verso gli Usa, il 15% li comprende o dobbiamo sommarli? Aspettiamo poi le tabelle categoria per categoria e bisogna tenere conto del cambio euro dollaro che vede una svalutazione della moneta statunitense, con un potere d’acquisto inferiore da parte degli americani. Se sommiamo questo fatto al 15% di dazi la situazione si complica ulteriormente. Non stiamo parlando di un evento catastrofico come la crisi finanziaria 2008 o il Covid, ma certamente il momento è difficile».

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