L'ANALISI
28 Luglio 2025 - 15:23
CASALMAGGIORE - Anche Casalmaggiore ha aderito alla campagna nazionale “L’ultimo giorno di Gaza. L’Europa contro il genocidio” facendosi sentire. Alle 22 di ieri più di un centinaio di persone si sono presentate in piazza con pentole, coperchi, tamburelli, fischietti, trombette per disertare il silenzio, per fare rumore, in solidarietà al popolo palestinese.
Anche le parrocchie di San Leonardo e Santo Stefano hanno aderito all’iniziativa facendo suonare le campane, «così che l’intera Casalmaggiore venisse risvegliata dal suo torpore. Mancavano all’appello le campane del comune, che avrebbero potuto dare ancora più forza al messaggio», dicono gli organizzatori.
«Perché a Gaza si muore sotto le bombe, di fame e di stenti, ma anche di silenzio e indifferenza. E assieme al popolo palestinese muore anche la nostra umanità se non ci ribelliamo, se ci giriamo dall’altra parte, se non rompiamo questa apparente calma che caratterizza la nostra vita quotidiana. Non dobbiamo credere che queste azioni siano inutili, che non portino concretamente a nulla. Dobbiamo riscoprire il potere dell’unione, della solidarietà, della condivisione. Affinché tutte le bruttezze del mondo non intacchino il nostro essere umani».
E allora via, «tutti in piazza, bambini e bambine, anziane e anziani, gente di diverse nazionalità e colore di pelle unita in un unico grido, in un unico atto di ribellione. In una voce che corre come un soffio di vento e porta la voce del dissenso: voce dignitosa, che si fonda su sentimenti veri, forti e profondi».
«Non è - sottolineano gli organizzatori - finto pacifismo, ma consapevolezza che la guerra non è una soluzione. E il genocidio perpetrato da Israele su tutto il popolo palestinese è il peggiore dei crimini, tanto indicibile da averci già cambiati tutti e tutte. Non è solo per Gaza che ci muoviamo. Gaza è il punto più visibile, il più insopportabile tra i tanti orrori che segnano questo sistema. È la pietra scartata che rivela la struttura intera: un’oscena architettura fatta di ingiustizie, di violenze accettate, di silenzi colpevoli. La diserzione da questo silenzio, da questa inazione, da questa complicità non è solo una possibilità. Ma un dovere. Umano, morale, politico. E alle 22 di una domenica d’estate la piazza non è stata solo virtuale, ma è divenuta reale, fisica, piena. E per qualche minuto ci si è sentiti comunità, non ci si è sentiti soli».
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