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VESCOVATO: FONDAZIONE SOLDI

«Più vicini agli anziani», Alquati indica la rotta

Rinnovato il consiglio direttivo: il presidente rieletto per i prossimi cinque anni. Nella sua relazione gli anni del Covid, la riqualificazione rinnovamento strutturale e i programmi

Antonella Bodini

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redazione@laprovinciacr.it

26 Luglio 2025 - 05:25

«Più vicini agli anziani», Alquati indica la rotta

VESCOVATO - Palmiro Alquati rimane alla guida della Fondazione Soldi di Vescovato. I consiglieri l’hanno infatti confermato presidente del consiglio d’amministrazione dell’Rsa vescovatina e per i prossimi cinque anni dirigerà la struttura con il confermato direttore generale Roberto Bonelli. E proprio assieme al dg, nella sede di via Garibaldi, Alquati traccia un bilancio del quinquennio passato e di quello che si apre.

«Una bella responsabilità – ammette – ma che, nonostante qualche resistenza iniziale, ho alla fine accettato. Un po’ per portare avanti quanto iniziato nel mandato appena concluso e un po’ perché questa è la mia casa». Professore ed ex primario di Chirurgia, Alquati aveva concluso il mandato precedente nel giugno scorso. «È stato un quinquennio impegnativo quello appena passato – ha sottolineato nel suo discorso – iniziato con la pandemia Covid-19, ci siamo insediati nel giugno 2020, che ha visto la nostra organizzazione sottoposta ad uno stress-test mai vissuto in passato. Le morti e l’isolamento fisico e affettivo hanno avuto pesanti ripercussioni non solo sui residenti, ma anche sul personale di assistenza. Tutto sommato, ad oggi, possiamo dire che è stata superata bene, con una mortalità contenuta, e senza le pesanti conseguenze, anche giudiziarie, che molte case di riposo hanno dovuto affrontare».

Ma la pandemia non è stata l’unica problematica affrontata, come ha sottolineato nella sua relazione. «È arrivata la crisi energetica con le note ripercussioni sul piano economico e quindi sulle rette; e sono sopraggiunte le difficoltà relative al reperimento del personale. Grazie alle azioni poste in atto solo ora possiamo tirare un sospiro di sollievo».

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Anche l’opportunità del bonus 110% per gli interventi rivolti al risparmio energetico e al miglioramento antisismico «è stata una vera manna dal cielo che ci ha consentito di rimettere a nuovo la struttura con un impegno economico molto contenuto. Tuttavia ha comportato uno sforzo organizzativo immane per ridurre al minimo i disagi ai nostri residenti ed ai loro familiari, sia riguardo alla vivibilità degli ambienti, sia alla riduzione di alcune attività. Ma a lavori conclusi con la realizzazione del nuovo edificio, con la sostituzione graduale degli arredi e con gli aggiornamenti tecnologici già programmati, i nostri residenti potranno godere di stanze più confortevoli e ambienti più accoglienti».

Quanto al futuro «ho una mia personale visione sugli sviluppi della nostra istituzione per le sfide che si dovranno affrontare a seguito dei cambiamenti epocali nella nostra società. Per farla breve: ci saranno sempre più vecchi, sempre più soli, sempre più poveri e bisognosi di assistenza. Le Rsa, credo, avranno presto un ruolo strategico come centri di servizi nell’ambito della medicina del territorio, ma saranno chiamate ad offrire soluzioni di supporto anche a chi è parzialmente autosufficiente come l’Rsa aperta, il potenziamento dei minialloggi protetti al nostro interno e alla partecipazione ad un cohousing esterno, moderno modello abitativo in cui gli anziani prevalentemente soli vivono insieme in strutture caratterizzate da spazi comuni e da supporto assistenziale. Tutte queste iniziative dovranno avere una loro autonomia economica, come è ovvio che sia, per non scaricare sulla Rsa eventuali perdite di esercizio. In poche parole: avere una visione, ma ben calata nella concretezza dei cambiamenti epocali che si stanno profilando all’orizzonte».

Con la ferma volontà di gestire un luogo, «o una azienda, come sono oggi in tutto e per tutto le Rsa, per costruire e favorire, giorno dopo giorno, quelle condizioni assistenziali, relazionali e comunicative per assicurare il benessere dei nostri residenti inteso come star bene grazie alla ‘cura’, ma ancor più al ‘prendersi cura’. Dobbiamo essere da stimolo, ma esercitare altresì un costante controllo, perché nella quotidianità dei rapporti operatore-assistito si sviluppi quella empatia che nasce dalla cultura della accoglienza, dalla disponibilità al dialogo, dal rispetto della dignità. In una parola: umanizzazione dell’assistenza».

Infine, un sogno. «Coltivo un sogno, e sono certo che sia anche condiviso: voglio sperare che quando non sarò più in grado di aiutare gli altri ma essere in condizione di dover essere aiutato, ci sia un luogo dove qualcuno mi vesta come mi piace e mi porti dove desidero andare. Resterà solo un sogno? Stiamo celebrando il giubileo della speranza: spero di no».

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