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IL FUTURO DELLA GIUSTIZIA

E in Tribunale l’AI diventa un po’ giudice

Analisi dei fascicoli, limiti normativi, sicurezza dei dati e supporto operativo. Il magistrato ‘digitale’ Beluzzi spiega il potenziale delle nuove tecnologie

La Provincia Redazione

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21 Luglio 2025 - 18:32

E in Tribunale l’AI diventa un po’ giudice

Il giudice ‘digitale’ Pierpaolo Beluzzi

CREMONA - Al convegno promosso dall’Associazione Italiana Giovani Avvocati, sezione Cremona - ne è presidente l’avvocato Stefania Colombi - il giudice ‘digitale’ Pierpaolo Beluzzi, coordinatore dell’Ufficio Gip/Gup, ha presentato l’uso dell’Intelligenza Artificiale Generativa nell’analisi dei fascicoli giudiziari.


Di che cosa si tratta?
«L’obiettivo era valutare l’utilizzo di strumenti generativi, come Microsoft Copilot e AI Assistant di Adobe, per l’analisi dei fascicoli giudiziari, concentrandosi su limiti normativi, sicurezza dei dati e supporto operativo».

Ha fatto una simulazione.
«Ho simulato una conversazione tra un magistrato ordinario e un assistente AI, chiamata Giusy the Prompt Coach, per illustrare il potenziale di queste tecnologie». ​

Quali sono i principali vantaggi e i limiti dell’uso di AI in ambito giudiziario?
«L’AI può semplificare e velocizzare il lavoro giudiziario. La sperimentazione che sto conducendo da oltre sei mesi, anche attraverso l’utilizzo di più sistemi di AI (con profili specialistici) conferma una consistente riduzione dei tempi di emissione dei provvedimenti fino al 50-60%.​ Può analizzare documenti, evidenziare criticità, confrontare versioni dei fatti o ricostruzioni – valutazioni peritali e persino fornire una predittiva su condanne o assoluzioni basandosi su casi analoghi trattati dallo stesso giudice (e quindi customizzate)».

Ci sono limiti? ​
«Allo stato ci sono limiti importanti: in base a Linee Guida e anche impostazioni di architettura, l’AI non può trattare direttamente dati sensibili o riservati, anche se la sensibilità varia fra i vari sistemi e un prompt smart può eludere in parte le restrizioni. Il limite vero è che occorre ‘fidarsi’ del self-restraint della stessa AI. Ma ci sono soluzioni anche per superare tali restrizioni, nel rispetto della normativa sulla privacy».

Qual è il ruolo del magistrato nell’uso di AI per la redazione dei provvedimenti?
«Secondo il disegno di legge 1146 art 14 già approvato da un ramo del Parlamento, il magistrato deve preservare in via esclusiva il momento decisionale, applicato a tutti i provvedimenti. Di fatto, questa ‘esclusività’ è rilevabile solo al momento dell’apposizione della ‘firma’, ovvero nel momento in cui il contenuto e gli effetti del provvedimento giudiziario vengono fatti propri dal magistrato. Vedo molto difficile, e ancora più con la costante esplosione della AI, individuare divieti di utilizzo da parte del giudice della AI durante la formazione del processo decisionale, stante i vantaggi enormi che la stessa può fornire e che il giudice (umano) non può ignorare. In questa fase di sperimentazione, ho adottato una serie di procedure che lasciano libero il giudice di utilizzare nell’analisi del fascicolo criminale e nella redazione dei provvedimenti, la AI nella sua completa potenzialità, ma che consentono di individuare, nel provvedimento, quale sia stato il contributo effettivo della AI e quello del giudice (e quindi di potenziale valutatore autonomo). L’intento è quello di non limitare l’uso della AI nell’attività del giudice, ma di consentire in un eventuale fase di appello, di ricorso in Cassazione, di valutare – in relazione al singolo provvedimento (sentenza, misura cautelare, ecc) in esame, quale siano state le valutazione del giudice persona fisica sul contenuto proposto dalla AI e quelle invece riferibili a lui direttamente».

Gli avvocati Luigi Bartolomeo Terzo (Aiga di Napoli tra i relatori del convegno), Anila Halili, Nicholas Vailati, il giudice Pierpaolo Beluzzi, il professor Alberto Camon, gli avvocati Stefania Colombi, Serena Manfredini, Chiara Barbaschi e Marco Fantini del direttivo

Ha trovato delle soluzioni?
«Adottando workflow di ‘notarizzazione’ delle chat offerte al giudice è possibile cristallizzare l’effettivo apporto della AI in relazione non solo al provvedimento finale (sentenza) ma anche al contenuto dei fascicolo criminale analizzato. In pratica, la sentenza emessa ‘made in IA’ contiene indicazioni (Hash, link ecc) ove sarà possibile recuperare in caso di contestazione il documento certificato (chat della IA) e il relativo materiale utilizzato dalla AI sempre certificato (fascicolo criminale, documenti elettronici) per le eventuali valutazioni dei giudici di appello. La blockchain si presta egregiamente a sostenere questo workflow di progressive certificazioni dei documenti elettronici generati dall’interazione fra Giudice e AI».

Come vede il futuro dell’AI nella giustizia?
«L’AI sarà sempre più integrata nel lavoro giudiziario, con evidenti rischi di ‘complementarietà’ all’attività del giudice. Le procedure che ho sopra elencato sono, allo stato attuale, un modo di ‘guidare’ uno strumento di assoluta efficienza ed efficacia, di consentirne un ‘controllo’, di certificarne l’apporto in un contesto temporale nel processo decisionale».

Sta lavorando ad altre fasi di questo processo?
«Sì, ovvero nella valutazione delle deposizioni testimoniali in tempo reale, dove la AI può intervenire immediatamente durante la deposizione del teste, per suggerire domande, rilevare incongruenze, contraddizioni, profili di logicità, fino alle temibili valutazioni di attendibilità, in un contesto proprio di certificazione di ogni apporto fornito dalla AI nel processo decisionale del giudice e nel rispetto del principio di ‘immediatezza’. In sostanza, sarà impossibile fare a meno della AI, tanto più se disponibile con abbonamenti a 20 euro al mese che andranno facilmente a sostituire eventuali AI non performanti messe a disposizione dal ministero: possiamo invece trovare sistemi e procedure per aggiungere un ‘valore processuale’ al contributo fornito dalla AI, che si ottiene se si forniscono documenti in grado di certificare quale sia stato effettivamente tale contributo. L’idea organizzativa, sotto il profilo dell’adesione, è molto semplice: se il giudice può utilizzare il migliore sistema di AI nella sua attività, perché dovrebbe sottrarsi a procedure di certificazione che tutelano alla fine lo stesso valore (e a maggior ragione quello più creativo) del suo lavoro, e che sono per lui trasparenti, in termine di tempi di definizione?».

Cambierà la figura del giudice?
«Il paradosso della Mucca Viola è proprio questo… Si discute animatamente di separazione delle carriere, di terzietà del giudice e non ci accorgiamo, o trascuriamo, l’impatto che AI – la nostra Mucca Viola nelle aule di giustizia - avrà non solo nell’organizzazione del lavoro giudiziario, ma pesantemente sulle figure professionali degli attori del processo. Se si vorrà preservare la terzietà del giudice, occorrerà paradossalmente liberarlo dai vincoli di uniformità, dalla «certezza» del diritto e della pena, dal ‘precedente vincolante’ o principio di diritto. Si dovrà valorizzare l’autonomia e l’indipendenza del giudice, la sua capacità di elaborare soluzioni ‘creative’, alternative, sacrificando proporzionalmente il principio di tassatività. Si dovrà investire sulla ‘persona’ giudice, con selezioni che dovranno valorizzare subito determinati profili ‘distintivi umani’ del candidato (creatività, capacità decisionale e di ragionamento, autonomia, indipendenza, equilibrio...) rispetto ai criteri attuali di fatto meramente nozionistici (e ormai sempre più nel patrimonio propositivo della AI). Il giudice, quale garanzia di creatività, autonomia, indipendenza, e ormai extrema ratio alla soluzione dei conflitti fra le parti. Per tutto il resto, ci sarà Giusy, Robot Judge».

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