L'ANALISI
19 Luglio 2025 - 08:25
CREMONA - Il punto vendita della Lidl di via del Macello, ieri mattina, è rimasto chiuso. Dentro ai supermercati di via Castelleone e di Crema l’apertura è stata garantita da tre dipendenti (su 27 totali). L’adesione alla nuova giornata di sciopero è stata, per i sindacati, tra l’80 e il 90%. Sono questi i numeri e le conseguenze più evidenti dello sciopero indetto da Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs a livello nazionale per i dipendenti della grande distribuzione del marchio tedesco. Quelle che i cittadini cremonesi hanno potuto toccare con mano trovandosi le porte del discount chiuse o i punti vendita semideserti mentre fuori le lavoratrici erano riunite in un allegro presidio di protesta con bandiere, cori e bolle di sapone.
Gli aspetti della mobilitazione che restano spesso lontani dalla sensibilità comune sono invece quelli che hanno portato lavoratrici e lavoratori a indire la seconda giornata di sciopero in due mesi. «Il contratto integrativo è scaduto e dall’azienda sono arrivate solo proposte inaccettabili – spiega Valentina D’Alò della Uiltucs – Dapprima hanno proposto solo i buoni pasto (che per il momento i dipendenti non hanno). Dopo la prima giornata di sciopero, Lidl ha proposto un integrativo di 300 euro in tre anni, fissi. La nostra richiesta è che quel premio venga commisurato agli utili che, anche quest’anno, per il marchio sono stati stellari, attorno agli 1,3 miliardi».
Un altro aspetto che ha portato alla mobilitazione è quello relativo all’organizzazione del lavoro, come spiega Angelo Raimondi della Filcams Cgil: «Il grosso problema in Lidl è l’organizzazione del lavoro, abbiamo un tasso di part-time spaventoso. E per queste lavoratrici, prevalentemente donne, non c’è nemmeno una programmazione chiara dei turni. Non c’è quella predeterminazione prevista dalla normativa in merito e così la conciliazione vita-lavoro, con ritmi imprevedibili, diventa un incubo». La richiesta da parte sindacale, oltre al rispetto della giurisprudenza che regola l’organizzazione del lavoro part-time, è quella di entrare nel meccanismo di programmazione oraria e tutelare dall’interno lavoratrici e lavoratori: «Non è possibile che l’azienda applichi unilateralmente il principio di elasticità».
Ragioni ribadite anche da Fabiana Forattini della Fisascat Cisl: «I cambi turno all’ultimo minuto sono avvenuti anche nei giorni scorsi, in vista dello sciopero. Questo insieme a un sistema di premialità iniquo e l’uso ‘pirata’ dei contratti di apprendistato non sono più comportamenti tollerabili».
Ora che anche la seconda giornata di astensione dal lavoro ha riscosso successi in tutta Italia, con l’adesione all’80%, la palla passa nelle mani dell’azienda che deve formulare una nuova proposta.
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