L'ANALISI
10 Maggio 2025 - 05:05
CINGIA DE' BOTTI - C’è una forza silenziosa capace di trasformare profondamente il lavoro in una rsa: la gentilezza. Non quella idealizzata o perfetta, ma quella concreta, quotidiana, possibile. Quella che si sceglie, anche quando la stanchezza si fa sentire.
Alla Fondazione Germani di Cingia de' Botti è stato avviato un percorso formativo dedicato proprio a questo: costruire un’identità gentile all’interno della relazione di cura. Un primo passo che ha messo al centro l’ascolto, lo scambio di idee e l’attenzione ai piccoli gesti che generano benessere reale, sia per le persone assistite che per i professionisti coinvolti.
Guidati da Elena Mantesso, operatrici e operatori hanno lavorato con serietà e coinvolgimento. Ogni momento formativo è stato un’occasione per riconoscere le fatiche del lavoro quotidiano e valorizzare le soddisfazioni, per riscoprire lo sguardo, la parola e l’azione come strumenti di cura attiva.
Il percorso ha permesso di esplorare i benefici concreti della gentilezza: più ossitocina, più serotonina, più dopamina. Non si tratta quindi solo di un valore etico o relazionale, ma anche di una leva biologica e neurochimica per il benessere individuale e collettivo. Sono emerse nuove idee e pratiche per rendere la gentilezza una competenza allenabile, capace di trovare spazio anche nei contesti più complessi e sfidanti, come quello della cura degli anziani e della fragilità. L’obiettivo non è astratto: è rendere ogni gesto parte integrante di un’identità professionale che sceglie la cura autentica come orizzonte.
Alla Fondazione Germani, la gentilezza non è un dettaglio, né una forma di buonismo. È una scelta quotidiana e radicale, capace di cambiare il clima di lavoro, migliorare la qualità della vita degli ospiti e restituire dignità e motivazione a chi ogni giorno lavora con dedizione in un luogo di cura.
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