L'ANALISI
30 Aprile 2025 - 20:29
CREMONA - Nell’ultimo anno ha perso ben 11 chili. «Pesavo 70 chili, ora 59. Sono stato in ospedale, ho avuto problemi di ansia, pastiglie per dormire, sempre nervoso a casa, lo psicologo». Per un assistente capo della polizia penitenziaria dal 2011 in servizio a Ca’ del Ferro, un agente che ha sempre onorato la divisa, trovarsi accusato di «abuso di autorità», di aver pestato, prendendo a calci e pugni un detenuto psichiatrico, e di aver falsificato la relazione di servizio «per coprire il reato», è stato uno shock.
«Sono crollato, anche psicologicamente». Ma adesso che è stato prosciolto «perché il fatto non sussiste», l’assistente, salernitano di nascita, 40 anni, si riprende in mano la vita. «Nonostante la denuncia, io sono sempre andato a lavorare a testa alta in carcere, perché non avevo fatto nulla». Dopo la malattia e le ferie, lunedì prossimo tornerà al lavoro a Ca’ del Ferro: «Entrerò a testa altissima».
La sentenza del gup arriva a metà mattina di oggi. Accanto al suo difensore, Luca Curatti, che ha smontato «le gravissime accuse, perché il mio assistito ha rischiato di essere licenziato, perché il reato di falso è ancora più pesante dell’abuso di autorità, perché lui era in una situazione devastante», il poliziotto penitenziario riannoda i fili. Torna alle 9,26 dell’11 maggio 2023, domenica. «Ero in servizio giù ai cancelli di smistamento. Scende un detenuto psichiatrico e ubriaco». Ubriaco? «In carcere i detenuti macerano la frutta per farsi il gin».
Riprende: «Il detenuto chiede di uscire per farsi dei giri: voleva andare in lavanderia, alla sorveglianza, ma non ne aveva diritto. Arrabbiato, mi ha sputato in faccia, mi ha insultato (‘Figlio di...’). Quando mi ha sputato, gli ho ho detto: ‘Aspetta qui, io vado ad avvisare la sorveglianza’, il preposto di quel giorno che comandava il reparto. Vado, il brigadiere mi dice: ‘Se è così, mandalo su in sezione, in cella, oppure deve andare in infermeria, bisogna visitarlo anche perché è ubriaco. Ti mando due colleghi e cercate di farlo salire in sezione o in infermeria’».
L’assistente torna ai cancelli. «C’è un altro detenuto, è un lavorante in falegnameria, gli spettava uscire per andare in falegnameria, ma non potevamo aprire i cancelli per evitare che l’altro uscisse. È arrivato il mio collega, responsabile della falegnameria. Mi ha detto: ‘Non ti preoccupare, fa uscire il detenuto che deve andare in falegnameria’. Non appena apriamo il cancello, l’altro viene avanti, vuole uscire. I colleghi gli dicono che non può. Lui insulta: ‘Bastardi, vi ammazzo’». Il detenuto è robusto. «Viene bloccato vicino al muro. Tenta di dare calci, morsi e lo dobbiamo contenere nel vano scala. Io gli metto una mano sul petto per bloccarlo, gli fermo una gamba per non farlo scalciare. Io mi sono anche rotto il legamento e il tendine del pollice destro. Poi arrivano altri colleghi che lo portano in infermeria. E per me la cosa finisce lì».
L’assistente va in ospedale, viene operato alla mano. Ad aprile del 2024, «la sorpresa», quando i carabinieri gli notificano la carta e scopre che l’allora comandante della polizia penitenziaria lo aveva denunciato, ad ottobre del 2023, «per aver detto cose false nella relazione, per aver picchiato il detenuto. La mia vita è stata rovinata. Dopo 13 anni che hai dato tutto, mi chiamano a mezzanotte, ci sono gli incendi, io vado e poi, da un momento all’altro, ti ritrovi con queste accuse». Durante l’indagine interna, l’assistente non viene sentito. Il detenuto sì.
«Dai carabinieri di Milano. Si ricordava che avevamo litigato, ha detto che si era comportato male e che non era stato toccato». Ma tant’è. Agli atti dell’indagine, c’erano i filmati girati dalla telecamera 5. Li ha visionati il comandate che in quei frame ha visto il pestaggio. E li ha visionati «almeno 7 volte» il difensore che nella corposa memoria ha smontato l’accusa, perché «non si vede nulla».
Il legale ha anche spiegato che «nel gergo poliziesco utilizzato, si capisce che ‘contenere nelle scale’ significa sospingere nelle scale’ dato che il detenuto, pur non essendo autorizzato, era uscito dal cancello e assumeva un contegno provocatorio ed aggressivo. Nel filmato non vi è traccia del presunto pestaggio». ‘Il fatto non sussiste’. Ora respira l’assistente capo «da sempre affascinato dalla divisa: mio cugino è finanziere, mio cognato è maresciallo dei carabinieri». Soprattutto, «la divisa era un sogno di mia madre, è mancata quand’ero piccolo. Mi diceva: ‘Io ti vedo con la divisa’. Ho voluto realizzare anche il suo sogno».
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