L'ANALISI
SICUREZZA SUL LAVORO: LA GIORNATA MONDIALE
29 Aprile 2025 - 05:25
CREMONA - Gli infortuni sul lavoro, in particolare quelli mortali, restano una delle emergenze da risolvere nel territorio. Purtroppo, la provincia è al primo posto nella poco invidiabile graduatoria regionale, con un’incidenza di incidenti fatali che è il triplo di quella media nazionale. I dati in merito sono quelli riportati dall’indagine dell’Osservatorio per la sicurezza sul lavoro Vega, e fanno riferimento al periodo gennaio-febbraio di quest’anno. «Il rischio di infortunio mortale in Lombardia (3,7 morti per milione di occupati) è inferiore rispetto alla media nazionale pari a 4,2 – chiariscono gli autori della ricerca –: per quanto riguarda le incidenze, però, in regione ben cinque province sono in zona rossa. Prima è Cremona (12,7). Poi Bergamo (8,0), Brescia (7,2) Lecco (6,9) e Mantova (5,5).
In zona bianca (ovvero al di sotto della media) troviamo Milano (2,6) e Monza Brianza (2,5), insieme a tutte le restanti province lombarde che non fanno rilevare vittime in occasione di lavoro». Nei due mesi in questione il più elevato numero di decessi è stato registrato in provincia di Bergamo (6). Seguono: Milano e Brescia (5), Cremona (3), Mantova e Pavia (2), Lecco e Monza Brianza (1). «Il trend provinciale degli infortuni mortali – evidenzia Anna Firmi, dirigente del dipartimento di prevenzione dell’Ats – è stato in costante lieve calo dal 2022 al 2024, sceso l’anno scorso a quota cinque in 12 mesi in tutta l’Ats vale a dire le province di Cremona e Mantova».
Insomma, nel 2025 in due mesi si è già raggiunto il numero del 2024. «L’anno scorso abbiamo effettuato 734 controlli nell’ambito di indagini per eventi infortunistici, 75 per malattie professionali». Nel complesso in Lombardia sono stati 25 i decessi a fine febbraio 2025, con una diminuzione rispetto ai primi due mesi dell’anno scorso, quando erano stati 27. La regione è sempre tristemente prima in Italia sia per numero di vittime totali, sia per decessi in occasione di lavoro. L’analisi prosegue poi prendendo in esame le denunce di infortunio totali, che sono diminuite.
È la provincia di Milano quella con il maggior numero di denunce totali di infortunio (5.729), seguita da: Brescia (2.475), Bergamo (2.019), Varese (1.469), Monza Brianza (1.200), Como (806), Mantova (780), Pavia (715), Cremona (676), Lecco (520), Sondrio (373) e Lodi (369). Le attività manifatturiere, alla fine del primo bimestre del nuovo anno, sono in cima alla graduatoria delle denunce di infortunio in occasione di lavoro (2.084). Sono seguite da: trasporto e magazzinaggio (870), sanità (818), commercio (806) e costruzioni (672). Sono 6.555 le denunce di infortunio delle donne lavoratrici (5.234 in occasione di lavoro) e 10.576 quelle degli uomini (9.277 in occasione di lavoro). Mentre sono due le donne che hanno perso la vita nel primo bimestre 2025. Le denunce dei lavoratori stranieri sono state 4.131 su 17.131 (circa 1 su 4) con sei decessi sui 25 totali, si conferma dunque una percentuale intorno al 25%
Ieri, in occasione della Giornata mondiale sulla salute e sicurezza sul lavoro, si è tenuto un convegno promosso a Crema da Ats. Al centro dell’attenzione le aggressioni che subiscono gli operatori di Rsa e Rsd (residenze sanitarie per anziani e persone con disabilità). Sul lavoro di prevenzione dell’agenzia, è intervenuta ancora Firmi. «Gli atti di violenza nel settore servizi sociali e sanitari sono un fenomeno in crescita. Secondo i dati dell’Agenzia di controllo del sistema sociosanitario lombardo, nel 2024 c’è stato un incremento del 17,7% nel numero di aggressioni segnalate rispetto al 2023, con un totale di 5.690 episodi denunciati solo negli enti pubblici. Gli infermieri continuano a essere la categoria più colpita, con oltre il 60%, poi i medici». La violenza fisica rappresenta il 25,3%, la forma più comune rimane quella verbale (74,7%). I responsabili sono prevalentemente utenti (67,8%) e parenti dei pazienti (25,6%). Le aggressioni si verificano principalmente nei feriali e nella fascia oraria pomeridiana. Le aree di degenza risultano essere i luoghi più a rischio, poi i pronto soccorso e gli ambulatori «Tra le misure preventive – ha concluso Firmi – ci sono formazione del personale, supporto psicologico e protocolli di sicurezza, come impianti d’allarme, servizi di vigilanza e uno stretto contatto con le forze dell’ordine».
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