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CON IL CUORE IN BIRMANIA

«Mio figlio in Myanmar in mezzo alla tragedia»

Riccarda Gianzini: «Sento Paolo ogni mattina, spero di poterlo abbracciare presto»

Antonella Bodini

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redazione@laprovinciacr.it

01 Aprile 2025 - 05:20

«Mio figlio in Myanmar in mezzo alla tragedia»

CELLA DATI - Il primo pensiero di Riccarda Gianzini alla notizia del terribile terremoto che nei giorni scorsi ha colpito il Myanmar è andato al figlio Paolo Felice che, proprio nel paese del sud-est asiatico, risiede da anni. E dove, precisamente nella capitale Yangon, si occupa di progetti umanitari per il Cesvi. «Quando abbiamo appreso la notizia di quello che è successo nel Myanmar - dice Riccarda, originaria di Cella Dati - il primissimo pensiero è andato a mio figlio Paolo, che stesse bene e non gli fosse successo niente».

Negli occhi le terribili immagini del violento terremoto che ha messo in ginocchio l’intero paese, nel cuore di mamma la speranza che niente di tutta quella devastazione avesse colpito in qualche modo il figlio. «Fortunatamente, nonostante la difficoltà delle comunicazioni, è stato lui a chiamare per primo per rassicurare me e il fratello Fabio che stava bene. Un grande sospiro di sollievo, per noi la notizia più importante, ma certo il Paese è davvero in ginocchio. Case ed edifici crollati, persone rimaste bloccate sotto le macerie, non c’è acqua, niente energia elettrica, comunicazioni difficoltose. Una vera catastrofe».

Da quel 28 marzo Riccarda e il figlio Paolo si sentono tutte le mattine. «Mi alzo e aspetto con trepidazione la sua telefonata: significa che sta bene, che può parlare. Il luogo di lavoro e la sua abitazione fortunatamente non sono andati distrutti, perché Yangon è stata colpita solo marginalmente dalle scosse, ma sono preoccupata per quello che sta vivendo, per quello che si trova davanti agli occhi. Una mamma non può che pensare questo; lui è molto bravo perché mi rassicura, sa che sono in pensiero e quindi cerca di tranquillizzarmi. Ma non è proprio così semplice, soprattutto quando si è cosi lontani».

Dopo la laurea in agricoltura tropicale e subtropicale e il dottorato all’università di Firenze Paolo Felice ha lasciato Cremona alla volta del Myanmar per attività e progetti all’interno di organizzazioni umanitarie. Qui ha conosciuto la moglie, poi si è trasferito per una decina di anni in Mozambico, per poi tornare in Myanmar. «I suoi studi lo hanno portato in giro per il mondo – continua Riccarda – e se da una parte la cosa ha sempre riempito d’orgoglio me e mio marito, morto qualche anno fa, la lontananza ha un po’ smorzato questa immensa soddisfazione. So che lui è contento del suo lavoro, ma mi manca averlo vicino».

Esclusi gli anni del Covid Paolo è sempre rientrato in Italia a trovare la madre e il fratello. «Torna ogni anno e rimane qualche settimana, recuperiamo un po’ di tempo insieme. Sarebbe dovuto rientrare proprio in questo periodo, ma evidentemente non è possibile; spero, però, di poterlo abbracciare presto». Nei giorni scorsi Paolo Felice ha parlato della disastrosa situazione del Myanmar in alcune trasmissioni televisive nazionali. «In questo momento siamo con forniture elettriche molto limitate e stiamo cercando di portare avanti una risposta umanitaria. Il portavoce delle autorità ha fatto un appello alla comunità internazionale, questo ci fa ben sperare sulla possibilità che entrino aiuti umanitari nel Paese, distribuiti da organizzazioni come la Croce Rossa. C’è anche carenza di materiali sanitari, il nostro primo obiettivo è raccogliere dati diretti sui danni. Il Myanmar è uno dei Paesi più fragili del sud-est asiatico: temiamo che le conseguenze di questo terremoto possano essere particolarmente gravi».

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