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CREMONA: IL CASO

«Non ho mai picchiato mamma, l'ho sempre trattata come una regina»

Si difende il figlio 47enne accusato di aver alzato le mani sull’anziana di 76 anni: «Decadimento cognitivo: cadeva, si faceva i lividi. Ho sbagliato a gestirla da solo»

Francesca Morandi

Email:

fmorandi@laprovinciacr.it

19 Marzo 2025 - 20:03

 I buoni pasto solamente ai magistrati

Il tribunale di Cremona

CREMONA - «Era piena di lividi ed ematomi? Certo che sì: cadeva e sbatteva dappertutto. Era normale. Mia madre è ammalata: decadimento cognitivo. Appena la tocchi, le restano i segni, ma io non c’entro. Sono figlio unico, a mia madre ho sempre voluto bene, l’ho sempre trattata come una regina. Non l’ho mai toccata. Io le voglio bene. Io ho sbagliato, perché non dovevo gestire la situazione di mia mamma da solo. Mia mamma avrebbe fatto impazzire anche lei, signor giudice». La madre, oggi 77enne, vive «serena» in una casa di riposo. Il figlio, 47 anni, per il quale lei «stravedeva», va a trovarla ogni giorno.


«Non l’ho mai picchiata». Assistito dall’avvocato Gianluca Pasquali, l’uomo si è difeso oggi nel processo per maltrattamenti e lesioni alla madre: le botte alle braccia, alle mani e alle gambe, ma anche le due dita fratturate (21 giorni di prognosi) e un livido sotto l’occhio. Maltrattamenti per l’accusa, da giugno a settembre del 2022.

L'avvocato Gianluca Pasquali


In casa le liti c’erano. «Lei voleva cucinare, voleva fare le cose per me che sono figlio unico, ma non riusciva, faceva dei danni - ha fatto verbalizzare il 47enne —. A causa del suo decadimento cognitivo, mia mamma diventava cattiva e si arrabbiava. Una volta ha preso il coltello e voleva uccidersi. Gliel’ho tolto io dalle mani». Il figlio ha ammesso le urla «e anche qualche insulto è scappato. Ho anche la voce alta di mio». E forse «è per questo che i vicini hanno pensato che io le mettessi le mani addosso. Nessuno, comunque, mi ha mai chiesto niente. Io ho sbagliato. Non dovevo gestire la situazione di mia mamma da solo».


La vicina, il nipote della vicina, la volontaria che fa assistenza, una operatrice assistenziale, il medico di base, la nipote della 76enne: al processo tutti avevano detto di non aver mai visto il figlio strattonare, alzare le mani sulla madre che in casa si muoveva con un bastone. Nelle due volte in cui la madre era andata al Pronto soccorso, le botte le aveva giustificate così: «Sono caduta».

L'avvocato Cristina Pugnoli

Finché un giorno l’anziana ha infilato un foglietto sotto la porta della vicina di casa del piano di sopra: «Mio figlio è venuto a casa. Prima o poi mi ammazza. Ho paura. È pazzo». Una richiesta di aiuto, la sua. L’8 settembre, l’assistente soiciale e Sonia Bernardi del Comando dela lpolizia locale bussarono al lporta dela ldonan. «Non è stato mio figlio», disse lei. Poi, in cucina, il cambio di versione. In lacrime rivelò di essere stata percossa.

«Mi picchia, mi picchia, urla, non so perché è così, è sempre stato bravo, non mi sopporta più che sono diventa così. Mi dà pugni sulla testa, mi strattona». «Non sapevo nulla di quel biglietto — ha proseguito il figlio —. Posso solo dire che io non ho mai minacciato mia madre di ucciderla. Io le voglio bene. Non so perché ha scritto quel biglietto. Io sono sempre stato vicinissimo alla mamma, fino a quando ha avuto quel peggioramento cognitivo pazzesco. Mia mamma avrebbe fatto impazzire anche lei, signor giudice». Il 4 giugno la sentenza.

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