L'ANALISI
08 Marzo 2025 - 16:18
Massimiliano Pasotto, Marco Micolo e Cinzia Quadri
CASALMAGGIORE - Si chiama ‘Silenzio’ e vuole proprio ricordare lo sgomento e la mancanza di parole che caratterizzarono il durissimo periodo del lockdown della pandemia: lunghi giorni, settimane e mesi nel corso dei quali si consumarono lutti e sofferenze in quasi tutte le famiglie e che hanno cambiato per sempre la vita di tante persone. Questa mattina in biblioteca, è stata scoperta la maiolica di Cinzia Quadri, seconda parte del trittico realizzato per i Comuni di Casalmaggiore, Sabbioneta e Deruta in Umbria, a ricordo del Covid e in memoria delle persone scomparse. L’artista l’ha donata al Comune di Casalmaggiore nel corso di una toccante cerimonia.
«Ognuno di noi porta i segni di quel periodo — ha affermato non senza emozione Quadri — e, in particolare, coloro che hanno perso figure vicine. Io ho vissuto la perdita di mio padre e grazie all’arte ho voluto che quel dolore condiviso fosse ricordato per sempre». Ed è così che il trittico annovera una parte esposta a Sabbioneta (dove risiede l’artista) in municipio, una seconda, appunto, in biblioteca a Casalmaggiore (dove ha l’atelier) e l’ultima a Deruta (dove ha imparato l’arte della maiolica).
Accanto a lei Massimiliano Pasotto che ha realizzato il pregevole sostegno in metallo che consente l’esposizione dell’opera. «È con un sentimento di grande gratitudine che accolgo a nome dell’amministrazione — ha spiegato l’assessore alla Cultura, Marco Micolo — questa donazione che arricchisce ulteriormente il patrimonio artistico della nostra città». Un’operazione culturale e della memoria che ha avuto come protagonista anche Roberto Madesani, consigliere comunale delegato al Commercio.
LA TOCCANTE TESTIMONIANZA DELL’INFERMIERA BINI
«Il mondo è cambiato in quei giorni e da allora niente è più come prima»: un’affermazione forte quella di Rachele Bini che ha portato la sua toccante testimonianza di infermiera cui toccò un ruolo fondamentale nel periodo della pandemia all’ospedale Oglio Po.
«I primi giorni furono di grande vigore ed energia — ha raccontato — perché c’eravamo trovati davanti a una situazione che non si era mai vista prima. Ricoveri continui, pazienti in gravi condizioni, la difficoltà di trovarsi impegnati in una prima linea che nessuno aveva mai conosciuto. Un quadro che richiedeva un surplus di forza. Poi sono arrivati i numerosi decessi, il dramma degli ammalati e delle loro famiglie che non potevano assisterli, l’angoscia di non vedere una via d’uscita. E a quel punto è arrivata la stanchezza, psicologica oltre che fisica, che ha costretto tutto il personale a uno sforzo che superava ogni limite, con turni anche di quindici ore. Ogni famiglia ha sofferto la perdita di un congiunto e comunque di persone care e il carico è salito in modo esponenziale. Un periodo che non potremo mai cancellare dalla nostra mente, come persone e come professionisti della sanità».
Parole cadute in un silenzio che certificava il tanto rispetto dovuto a chi ha vissuto un’esperienza fuori dall’ordinario e che lo racconta affinché la memoria non vada perduta e che serva da lezione per il futuro. «Poi venne la svolta delle vaccinazioni (di cui la Bini coordinò la somministrazione, ndr) e le varie misure che ci consentirono gradualmente di uscire dall’emergenza. Un percorso lungo e faticoso che ha avuto successo per il concorso di tante persone», ha chiosato.
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