L'ANALISI
01 Marzo 2025 - 05:00
Un’immagine di Papa Francesco negli anni in cui era vescovo di Buenos Aires. A destra, Anna Maria Arias
CREMONA - Mostra sul cellulare la lettera di «padre Jorge», come lei chiama Papa Francesco, Anna Maria Arias, di Buenos Aires, che insieme alla figlia Marcela Mulero e alla nipotina, alunna della Capra Plasio, avrebbe dovuto far visita al Papa prima del recente, improvviso, ricovero. «Padre Jorge per noi è ancora il nostro vescovo», dicono madre e figlia, davanti ai cartelloni preparati dalla classe 1ª A.
Anna Maria è stata catechista quando Bergoglio era vescovo di Buenos Aires: «Era molto legato alla nostra comunità dei Missionari dei sacri cuori di Gesù e Maria. I legami non si sono mai interrotti — racconta Anna Maria, commuovendosi parlando del suo Papa —. A tenere i contatti è Mariano Zordan, che lo stesso Bergoglio ha ordinato sacerdote. Quando è stato ordinato piangevamo tutte, era un gran bel ragazzo. Bergoglio ci rimproverò dicendo che la bellezza è anche di Dio». Viaggia con i ricordi ai tempi in cui Jorge non era ancora Papa e a una vita passata con lui da attivista della comunità, insieme alla figlia Marcela, che da qualche anno ha trovato famiglia e casa ai piedi del Torrazzo, dall’altra parte del mondo.
«Padre Mariano ha scritto al Papa che eravamo a Cremona, pronti ad andarlo a trovare, con un’immagine per lui della Madonna addolorata, creata appositamente, che ho portato da Buenos Aires — continua —. Il Papa ha risposto di suo pugno: ha scritto di venire pure e chiesto di pregare per lui, inviandoci la benedizione apostolica per le nostre famiglie». La grafia minuta su carta intestata è lì a testimoniare la vicinanza del Papa alla comunità argentina e in particolar modo alla comunità del Santuario di nostra signora Madonna addolorata.
«Padre Mariano era emozionato quando ha ricevuto la risposta del Papa e ci siamo subito attivati, contattando il segretario particolare», raccontano madre e figlia, particolarmente commosse, con i volti che s’illuminano ogni volta che nominano il Pontefice. «Dovevamo incontrarci il 19, ma il ricovero improvviso ha bloccato tutto — proseguono —. Dalla segreteria è arrivata la notizia che avremmo potuto incontrare Bergoglio giovedì scorso. Ora non abbiamo più date possibili, la segreteria ci ha detto che ci avviseranno e la formula sarà quella concordata: alla fine dell’udienza in sala Nervi potremo avvicinare il Papa e salutarlo.
Le udienze private sono solo per diplomatici e autorità», commentano. Ma ciò non basta a cancellare gli anni di Buenos Aires: «Bergoglio mi chiamava ‘la bionda del coro’ e se appena poteva, veniva in comunità. È a lui che dobbiamo il fatto che la nostra chiesa sia diventata una chiesa giubilare — raccontano —. Mi ricordo quando lo abbiamo salutato, in partenza per il Conclave. Gli dicemmo: se ti chiamano, non torni più. È così è stato. Ma lui era l’ultimo a crederci».
E gli occhi di Anna Maria s’illuminano quando racconta: «Lo potevi trovare ovunque, per strada, in mezzo alla gente. Arrivava quando meno te lo aspettavi e soprattutto dove c’erano i giovani lui c’era. Se poi vedeva qualche ragazzo in difficoltà, si fermava e diceva: ‘vieni da me e ne parliamo’. Ma non lo diceva per dire... Poi, non so come, ti ritrovava o ti veniva a cercare».
Marcela ricorda: «Noi giovani sapevamo che Jorge c’era. Mi ricordo di un gruppo di giovani che, ad un certo punto, mi trovai dietro; mi voltai e dissi: Jorge è qui. Faceva la comunione con noi — continua —. L’ultima volta che siamo andati in Vaticano gli abbiamo portato un pacco dalla comunità con lettere e doni. Ho urlato: Jorge. Lui si è voltato, ci ha riconosciuto e mi ha detto di salutare i membri della comunità e ovviamente Anna Maria, la bionda del coro. Qualche tempo dopo chi aveva inviato lettere e messaggi al Papa ha ricevuto i ringraziamenti. Non sappiamo come faccia, ma lo fa. Il nostro Papa è speciale e ci ha insegnato a non perdere la speranza. Per questo preghiamo per lui».
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