L'ANALISI
20 Febbraio 2025 - 18:52
Marco Pezzoni (Tavola pace), Francesca Bignelli (Libera), Giovanni Impastato e Beppe Sorini (Anpi)
CREMONA - «Possiamo tranquillamente dire che oggi, nell’Italia del 2025, c’è più mafia in Lombardia che in Sicilia». Lungi dal fare una classifica dei territori più contaminati, il messaggio di Giovanni Impastato, fratello del militante e giornalista vittima di mafia Peppino, è chiaro: le cosche negli anni hanno cambiato volto, territori e metodi. E per continuare a parlarne, «per non voltarsi dall’altra parte e continuare a combattere questo cancro», Anpi provinciale, Libera contro le mafie e Tavola della pace hanno organizzato, tra martedì e oggi, 4 incontri sparsi per il territorio con Impastato, impegnato in una lunga e ostinata battaglia nel solco dell’impegno che fu di suo fratello.
«Non è più come ai tempi di Peppino: oggi la mafia ha più il suo fondamento nel controllo muscolare del territori, nello scontro violento con lo Stato». Certo, non sono venuti meno i traffici classici dei clan, primo fra tutti quello di droga, ma a questi se ne sono affiancati altri, ancor più redditizi: «Hanno seguito i grandi flussi di denaro. Oggi abbiamo a che fare con una borghesia mafiosa che, tramite un esercito di prestanome dal colletto bianco, intercettano e si appropriano di milioni e milioni di euro. Si inseriscono in appalti e nelle gare per la realizzazione di grandi opere presentandosi come professionali e tanti amministratori, anche in buona fede, finiscono per favorirli».
Rispetto al territorio cremonese, Impastato, che in mattinata ha incontrato il sindaco Andrea Virgilio, ha potuto constatare: «Un impegno importante del Comune per contrastare il fenomeno. In particolare il sindaco mi ha parlato dell’impegno della Guardia di Finanza, che monitora tutta la questione degli appalti». Certo, i recenti dati della Prefettura, che parlano di oltre 400 imprese della Provincia ‘potenzialmente prossime alla criminalità organizzata’ non possono far abbassare la guardia. E soprattutto non possono far venire meno l’impegno, prioritario per Impastato, alla prevenzione.
«Ma troppo spesso manca la volontà politica di farlo. A partire dal fatto che ormai si racconta la mafia come un dato di fatto. E invece possiamo sconfiggerla, noi con la Casa della memoria e con tutti gli altri progetti nei beni confiscati alle cosche, la sconfiggiamo ogni giorno facendo memoria là dove si progettava corruzione, crimini e morte». Ma «bisogna cambiare il modo di raccontare la mafia ai ragazzi. Dobbiamo smetterla di considerare la mafia come ‘un altro stato’: la mafia è oggi dentro il nostro stato, collusa e garantita da decenni. Per questo la legalità, per noi, non può essere solo il rigido rispetto delle regole ma piuttosto il rispetto della dignità umana, troppo spesso offesa proprio da leggi in contrasto con i nostri principi costituzionali».
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