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IL CINEMA E LA CRISI DELLE SALE

Attori e registi a difesa dei film sotto casa

L’allarme partito da Roma: in vendita locali sfitti e chiusi destinati a diventare market o ristoranti

Nicola Arrigoni

Email:

narrigoni@laprovinciacr.it

10 Febbraio 2025 - 05:30

Attori e registi a difesa dei film sotto casa

(foto di repertorio)

CREMONA - Le sale cinematografiche a rischio chiusura, destinate a diventare ristoranti, parcheggi, supermercati. Non una novità, ma un’abitudine che rischia di mettere in ginocchio la fruizione dei film in sala e cancellare una tradizione culturale importante. Attori, produttori e registi si stanno organizzando per salvare i cinema abbandonati e in vendita, a maggior ragione dopo l’ultima operazione di un fondo olandese che per 42 milioni ha acquisito all’asta nove sale del circuito Ferrero a Roma, in vista della quasi certa approvazione della nuova legge regionale del Lazio che prevede, dopo 15 anni ininterrotti di inattività, la caduta del vincolo di destinazione d’uso. Sul rischio che cinema storici diventino così supermarket, ristoranti o sale scommesse è reale. A intervenire per primo è stato Carlo Verdone, tra l’altro ex proprietario del «Roma» tra i nove finiti all’asta. Si è alzata l’onda ed è arrivato anche l’appello del mondo del cinema, che in pochi giorni ha raccolto illustri firmatari, sempre in aumento.

Paola Cortellesi, Pierfrancesco Favino, Marco Bellocchio, Matteo Garrone, Pietro Valsecchi, Paolo Sorrentino, Francesco De Gregori, Valerio Mastandrea, Anna Ferzetti, questi e altri grandi nomi, molti pure romani, che hanno allungato la lista di sostenitori, ormai centinaia.

«Le istituzioni competenti pongano un freno a questo sciacallaggio immobiliare», hanno scritto nell’appello, dichiarandosi pronti a proporre loro una cordata «locale» per riacquistare le sale. Tutto ciò non è una novità per i piccoli centri urbani come Cremona. Basti pensare a come cinema come il Corso, l’Italia, il Padus siano diventati abitazioni, garage e sedi di banche. O ancora al posto di cinema storici come il SuperCinema ora ci sia la tristissima piazzetta Coppetti. Per non tacere del Cinema Tognazzi che ancora attende una sua destinazione, mentre è in corso una gara di idee, lanciata dal Comune.

E allora chi rimane è chiamato a resistere, malgrado tutto, malgrado la concorrenza delle nuove tecnologia, malgrado una creatività filmica non troppo esaltante, malgrado i costi di gestione, malgrado il pubblico che invecchia e quello giovane ancora tutto da conquistare. 

CERRI DI ANTEO-SPAZIOCINEMA: «PUNTIAMO SUI GIOVANI PER CONTINUARE A VIVERE»

«Oggi in Italia ci sono circa 3.300 schermi, erano 12mila negli anni d’oro del cinema italiano. Alla fine degli anni Sessanta gli spettatori cinematografici erano 800milioni, nel 2021 se ne contavano 70milioni». Lionello Cerri, responsabile dell’Anteo e delle sale di SpazioCinema presso il Cremona Po, affida ai numeri la storia di una fruizione cinematografica che ha cambiato pelle e che sembra destinata a un lento, ma inesorabile declino. La levata di scudi del mondo del cinema a difesa delle sale di prossimità è partita dopo la notizia di un fondo olandese che per 42 milioni ha acquisito all’asta nove sale del circuito Ferrero, sale che ora, con la caduta del vincolo di destinazione d’uso, rischiano di trasformarsi in supermarket o ristoranti. Tutto ciò impone una riflessione a più livelli.

cerri

Lionello Cerri


«Come Anteo abbiamo iniziato da monosala — spiega —, ma credo che ciò che ci ha contraddistinto, fin dagli esordi, è stata l’attenzione al pubblico. Le sale cinematografiche sono spazi in cui stare e non solo luoghi dove consumare un prodotto video. Ai nostri inizi vivevamo all’interno della sala, cercavamo occasioni per capire le attese del pubblico, per sviluppare l’idea della fruizione cinematografica come occasione di socialità culturale».

Una sensibilità che Cerri ha portato anche nella gestione delle multisala con risultati interessanti: «Il mese di gennaio 2025 è andato meglio di quello dell’anno scorso — spiega —. Le piccole città faticano a tornare alle dimensioni di fruizione prepandemica. A Milano abbiamo superato quanto fatto nel 2019. A Cremona e nelle piccole città siamo al 70% degli incassi rispetto a quanto fatto nel 2019. Ma al di là dei dati quantitativi è interessante sottolineare come a fronte di una diminuzione del pubblico più anziano, siano soprattutto i giovani ad aver segnato il ritorno al cinema. Un aspetto, questo, che fa ben sperare».

A fronte di questa analisi, la situazione è delicata e monitorata con attenzione, ma soprattutto impone un diverso modo di agire: «Non si può pensare che basti programmare per avere pubblico. I titoli e la qualità dei film sono determinanti, ma a questo bisogna affiancare uno sforzo di creatività che sta nel proporre rassegne, programmazioni ad hoc come nel caso delle proiezioni pomeridiane del martedì pensate per uni pubblico su con l’età, ma anche dedicata a film d’essai — conclude Cerri —. In questo modo si cerca di creare occasioni dedicate e pensate per esigenze specifiche, un modo per fidelizzare diversi pubblici».

E IL FILO PUNTA SU ESSAI E RASSEGNE

È la sala più antica della città, ha ospitato la proiezione dei film dei fratelli Lumière nel 1896, è parte integrante della Società Filodrammatica Cremonese, presieduta da Giorgio Mantovani, che ha affidato al CineFilo di Luca Beltrami e Giovanni Schintu la gestione del cinema nel cuore storico della città: «Le sale di prossimità non hanno la facilità di accessibilità e di servizi di cui godono le multisale, non bisogna dimenticarlo — spiega Giovanni Schintu —, malgrado ciò resistiamo e cerchiamo, di stagione in stagione, di rafforzare il nostro ruolo e mantenere le luci accese nel cuore della città».

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Luca Beltrami e Giovanni Schintu

La fotografia tracciata da Schintu non inclina al pessimismo e guarda al futuro: «Rispetto ai dati del 2019 siamo ancora sotto del 12%, ma la ripresa c’è — spiega —. Ciò che stiamo osservando è un cambiamento del pubblico. Il pubblico over 60 ha fatto più fatica a tornare a vedere i film, invece registriamo un nuovo interesse da parte dei giovani che apprezzano alcune scelte specifiche e dimostrano di avere molta curiosità. Sono soprattutto giovani dai 19 anni in su a partecipare alle proiezioni di film in lingua originale, un’abitudine per chi fruisce di film e serie sulle piattaforme. Anche questo è un segno del cambiamento in atto. Certo le esigenze del pubblico over 60 con quello più giovane devono coesistere».

Tutto questo impone una gestione della programmazione che, quando possibile, abbia margini di creatività: «Noi ce la mettiamo tutta, ma bisogna anche dire che il sistema distributivo e del cinema in generale non aiuta — spiega —. I distributori non fanno più differenza fra multisale e monosale, il che vuol dire che equiparare le teniture dei film può essere per i più piccoli un problema. Se ti ritrovi un film che non funziona e devi tenerlo in programmazione per più di una settimana, come da contratto, può diventare un problema».

Fuori dai denti a fare la fortuna di una stagione sono i film, non c’è dubbio. «Se confronto i titoli della passata stagione con quella attuale la differenza è evidente. L’anno scorso potemmo contare su titoli come Openheimer, Dogaman, Napoleon, Foglie al vento, Anatomia di una caduta ben più forti dei titoli della stagione in corso con Campo di battaglia, Vermiglio, Nosferatu e Berlinguer. Insomma i titoli fanno la differenza, per ovviare a questo si cerca di fidelizzare il pubblico, di offrire occasioni in cui il cinema diventa momento di socializzazione. Da qui nasce anche la sinergia con l’associazione Antani, presieduta da Antonio Capra, che organizza rassegne monografiche, ha attivato una scuola di cinema. Stiamo investendo sul coinvolgimento degli istituti scolastici e delle famiglie. L’idea è quella di fare in modo che ci siano occasioni in cui la proiezione di un film possa rappresentare un’opportunità di approfondimento o svago culturale con caratteristiche per certi versi uniche o non consuete».

BRUGNOLI: «SONO URGENTI RISORSE E SOSTEGNI VERI»

Può vantare mezzo secolo di attività da esercente cinematografico. È da sempre un paladino delle sale di prossimità, da sempre strenuo difensore del valore culturale del cinema, nel più ampio settore dello spettacolo in città. In merito alla preoccupazione per la progressiva scomparsa delle sale cinematografiche Giorgio Brugnoli osserva: «In questi giorni si è riaccesa l' attenzione con dibattiti e appelli sul futuro del cinema in sala pubblica — commenta —. C’è grande preoccupazione non solo degli addetti ai lavori, ma anche dei fruitori. Presto gran parte dei locali cesseranno di esistere, vuoi per le offerte derivanti dai cambi di destinazione urbanistici, vuoi per le oggettive carenze delle produzioni orientate verso altre forme di cinema come le serie televisive».

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Giorgio Brugnoli


Tracciato il contesto di questa crisi endemica del cinema e della fruizione dei testi audiovisivi, Brugnoli passa a proposte concrete, nate dall’esperienza nella gestione di sale come il Padus prima, oggi il CineChaplin, oltre che l’Arena Giardino: «Sono quindi necessarie delle tutele e delle attenzioni sia a livello nazionale che locale, così come avviene in Francia e in Spagna, aiutando non solo economicamente gli esercenti, ma attraverso anche forme di collaborazioni che purtroppo oggi non esistono — spiega —. Oggi sul nostro territorio provinciale, se togliamo le due multisale di Cremona e Crema, operano forse tre o quattro locali che si dedicano principalmente ad una programmazione di qualità in mezzo a molteplici difficoltà economiche. Fari di cultura che ritengo debbano essere tutelati degli enti territoriali con una contribuzione sulle spese vive del locale così come già avviene da anni per i teatri, prevedendo anche una leggera riduzione dei contributi che in automatico vengono assegnati annualmente a manifestazioni (di indubbio interesse), ma che potrebbero anche esistere con qualche risorsa in meno», affonda polemizzando.

«Il cinema in sala pubblica deve continuare ad esistere e tutti debbono contribuire nel proprio piccolo a mantenere viva questa realtà che tanto ha contribuito nel passato ad acculturale e a socializzare intere generazioni — spiega —. Negli ultimi anni, se togliamo alcuni fenomeni come ‘C’è ancora domani’ o alcuni film di fantascienza, la produzione si è appiattita forse anche per le problematiche relative alla Tax Credit ancora oggi ferma al palo e che non permette a molti soggetti di rientrare dalle spese di produzione sostenute limitando quindi l’offerta e non permettendo a tanti bravi registi di esprimere il proprio talento. Un percorso questo che spero possa rientrare nella normalità perché comunque ritengo che il cinema (soprattutto quello di qualità) possa ancora rappresentare una realtà ed un punto di riferimento verso coloro che amano essere partecipi ai cambiamenti ed alle trasformazioni della nostra società».

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Commenti all'articolo

  • mario.garbelli

    10 Febbraio 2025 - 09:11

    Andare al cinema per molti è diventato un lusso. 9,5€ per un adulto e 8.5€ per un ridotto non è sostenibile

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