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IL PUNTO

Come è dura fare strada se si hanno poche strade

In un contesto mondiale instabile e con la crescita quasi nulla del Pil nazionale, l'economia cremonese dà segnali di vitalità, ma è imperativo sciogliere il nodo della carenza di infrastrutture efficienti

Paolo Gualandris

Email:

pgualandris@laprovinciacr.it

02 Febbraio 2025 - 05:00

Come è dura fare strada se si hanno poche strade

Una notizia buona e una cattiva. Per darci un po’ di morale, cominciamo dalla prima. Secondo gli ultimi dati Istat, nel 2024 le retribuzioni orarie dei lavoratori dipendenti previste contrattualmente sono cresciute del 3,1 per cento rispetto all’anno precedente: gli aumenti sono stati superiori alla media nell’industria e nei servizi privati, dove le retribuzioni sono aumentate rispettivamente del 4,6 per cento e del 3,4. Lo stesso Istat l’ha definito «un primo sensibile miglioramento» dopo anni in cui l’aumento generale dei prezzi aveva sostanzialmente reso più povero chi aveva un reddito fisso.

Il 2024 è stato infatti il primo anno dal 2020 in cui le retribuzioni medie sono tornate a crescere più del costo della vita (l’inflazione è stata dell’1 per cento). In parole povere, significa che lo scorso anno i lavoratori italiani hanno guadagnato potere d’acquisto. Non va però dimenticato che da gennaio 2021 i prezzi sono aumentati del 16,8 per cento, mentre le retribuzioni contrattuali poco meno della metà e che gli stipendi italiani sono già bassi e tra quelli che crescono meno tra i Paesi europei. Insomma, c’è ancora tanta strada da fare.

La cattiva notizia, sempre griffata Istat, è che la variazione acquisita del Pil italiano per il 2025, sulla base delle stime diffuse per il quarto trimestre dello scorso anno, «risulta nulla». Il Pil nel quarto trimestre del 2024, corretto per il calendario e destagionalizzato, ha segnato crescita zero rispetto ai tre mesi precedenti, quando già era rimasto stazionario. Il risultato dell’impatto sul dato dell’intero 2024 è che la crescita si ferma a mezzo punto percentuale, la metà della Francia e dell’1 per cento indicato nel Piano strutturale di bilancio del governo. In questo quadro, l’economia cremonese, pur non senza chiaroscuri e nodi storici irrisolti, mostra segni di vitalità.

Alle grandi preoccupazioni note, si aggiungono nuovi fattori di preoccupazione. E gli scenari geopolitici determinati dall’incalzare dell’onda nazionalistica che porta al protezionismo a livello globale rendono ancora più complicato un quadro già reso fosco dai fattori endemici di crisi. Solo per citarne alcuni: la prosecuzione della guerra alle porte d’Europa significa l’esplosione del costo dell’energia e il rischio di crisi alimentare, mentre l’inverno demografico ha come conseguenza la drastica riduzione di quel capitale umano tanto necessario al mondo delle imprese.

Conoscere per comprendere, comprendere per progettare è il mantra che ha portato il giornale e l’Associazione Industriali della Provincia di Cremona (nel 2025 festeggia i suoi primi 80 anni: auguri), con il contributo del Credito Padano, a impegnarsi nella realizzazione di ‘Top 500 Imprese’, analisi dei bilanci delle principali società di capitali del territorio. Come spiega il presidente Stefano Allegri, «una fotografia dello stato di salute di Cremona attraverso i bilanci delle principali aziende della provincia. Seppur consapevoli che le informazioni attengono a dati del 2023 sono tuttavia rilevanti perché permettono di analizzare uno spaccato di imprenditoria viva, che dà lavoro, esporta, innova e scommette sul futuro».

I dati sono stati elaborati dal Cersi, Centro di Ricerca per lo Sviluppo Imprenditoriale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, diretto dal professor Fabio Antoldi. Il rapporto completo sarà disponibile in edicola a partire da venerdì 14 febbraio, in abbinata facoltativa con il giornale a un prezzo poco più che simbolico: un euro. Emerge che le imprese cremonesi sono alle prese con uno scenario basculante tra crisi e stabilità, con l’export in calo. È forse il dato più preoccupante: i mercati esteri valgono da soli circa il 40 per cento del fatturato, vale a dire 6,1 miliardi di euro. Nonostante questo, come spiega Gian Domenico Auricchio, presidente della Camera di Commercio di Cremona-Mantova-Pavia, «il sistema economico provinciale ha confermato la propria capacità di resilienza».

Perché il numero delle imprese rimane sostanzialmente stabile, perché continua l’incremento di società di capitali e perché, per il terzo anno consecutivo, aumentano gli occupati. Con il suo 2,2 per cento, la provincia di Cremona è al secondo posto in Italia per tasso di disoccupazione, miglior risultato degli ultimi vent’anni. Le variazioni tendenziali riscontrano a livello provinciale per il settore industriale una sostanziale tenuta della produzione. I livelli di redditività e margini operativi registrano cali poco significativi e la tendenza è a una maggiore patrimonializzazione. Tutto questo in un contesto mondiale instabile, caratterizzato dall’aumento delle tensioni geopolitiche. Il costo dell’energia rimane il principale scoglio per l’operatività e la competitività del Made in Cremona.

«Se c’è una priorità per l’industria italiana oggi è questa», afferma senza mezzi termini Allegri. Se c’è una priorità per l’industria cremonese, si potrebbe aggiungere utilizzando la stessa perifrasi, è invece la soluzione del nodo della carenza di infrastrutture efficienti. Senza, la provincia resterà fortemente penalizzata. Proviamo a dirlo con i numeri, che sono la rappresentazione plastica più potente: quando fu chiamato a redigere il Masterplan 3C, lo studio Ambrosetti aveva quantificato in 160 milioni di euro la perdita del Pil provinciale dovuto a questa carenza. Un mancato fatturato andato aumentando progressivamente negli anni a causa dell’aumento del costo dei trasporti.

Su questo fronte qualcosa sembra finalmente accadere: raddoppio ferroviario e autostrada Cremona-Mantova sono tornate nelle priorità dell’agenda politica locale e nazionale e nei giorni scorsi abbiamo registrato il via libera dal ministero per l’Ambiente al secondo ponte con quattro corsie della Paullese. Ancora: voci romane e dal Pirellone garantiscono che è alle viste dopo anni di silenzio e attese l’istituzione della Zls, Zona logistica semplificata per il porto di Cremona, che significa disco verde al piano di rilancio. Il Po come risorsa economica è un concetto che sarebbe un delitto non concretizzare. Il Made in Cremona resiste, ma per fare strada necessita di più... strade.

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