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Gli stressati dal lavoro: sale il rischio burnout

In provincia di Cremona l’1,9 % delle richieste di aiuto della Lombardia. Il fenomeno cresce di continuo. La psicologa Bandera: "A farne le spese sono le relazioni"

Claudio Barcellari

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redazione@laprovinciacr.it

27 Gennaio 2025 - 08:52

Gli stressati dal lavoro: sale il rischio burnout

CREMONA - Uno scorcio sull’Italia del disagio, tra ansia da prestazione, stress cronico e burnout. In un mondo in cui il supporto psicologico appare sempre più normalizzato, i dati raccolti dal Unobravo, servizio di tutoring psicologico online, offrono un quadro della capillarità del problema: il 27% dei casi di burnout lavorativo riguardano la Lombardia, prima classificata – non solo per popolazione – tra le regioni italiane. A Cremona fanno capo l’ 1,9% di richieste sul totale lombardo. C’è più di una ragione per restare all’erta.

Il primo problema, evidenzia il report, è quello di dare un nome alla crisi. «Fatica a bilanciare vita personale e lavorativa – scrive Unobravo – frustrazione per una mancata crescita professionale, carichi eccessivi o non commisurati al proprio ruolo e alla propria esperienza, ambiente ostile e mobbing sono solo alcune delle difficoltà che i lavoratori possono trovarsi ad affrontare nel loro percorso professionale. Se non trattate e risolte, queste possono essere fonte di stress e di disturbi psicologici e, in certi casi, sfociare nella sindrome di burnout». L’esaurimento nervoso si confronta con generazioni che, da un lato, appaiono sempre più esposte; dall’altro, sono sempre più disponibili a parlare di sé. Il risultato si traduce in una crescita impressionante delle richieste di aiuto: «Le persone che manifestano disagio sul fronte lavorativo – relaziona Unobravo – sono aumentate del 109,7% nel primo quadrimestre del 2024, rispetto allo stesso periodo del 2023».

Cremona si situa in una delle regioni più esposte alla problematica. Sul piano nazionale, Unobravo ha condotto uno studio approfondito, fondato su un campione della base utenti di Unobravo: la panoramica sul disagio psicologico legato al lavoro in Italia si dimostra variegata ma allarmante, e, come dichiara la piattaforma, «Può essere utile a sensibilizzare le persone sull’importanza del supporto di uno specialista in caso di difficoltà».

Visionando i dati regionali, ci si trova di fronte a situazioni assai diverse una dall’altra. Il lavoratori del settentrione appaiono, tendenzialmente, più sensibili al fenomeno dell’esaurimento nervoso – o forse più aperti a parlarne. Per quanto riguarda i problemi legati al benessere lavorativo, Unobravo riporta che nel Nord del Paese le richieste di aiuto arrivano a sfiorare il 60% del totale nazionale. Nel centro Italia la situazione appare meno drammatica, con il 21,2% delle richieste. Di gran lunga più ‘rilassato’ appare invece il sud Italia, con un 18,8% di casi di burnout dichiarato. Il quadro, di per sé allarmante, va contestualizzato in funzione del genere degli utenti: la stragrande maggioranza delle persone che cercano supporto psicologico per problematiche connesse al lavoro è composta da donne. Si parla, nel concreto, di un 66,3%, contro il 33,7% di uomini. Fatto che non sorprende, e che, anzi, conferma una tendenza sempre più consolidata: Il dato «Si allinea con quelli diffusi dall’INAIL nel report 2023 – commenta il report – dal quale emerge che i disturbi psichici legati all’ambito professionale colpiscono in particolare le lavoratrici: sul totale delle malattie denunciate dalle donne, quelle legate alla sfera psicologica rappresentano l’1,3%, contro lo 0,5% registrato dalla controparte maschile».

Unobravo offre poi i dati percentuali regione per regione. «Dal punto di vista delle singole regioni – riporta la piattaforma – la maggior parte delle persone si concentra nelle due più popolose d’Italia: Lombardia (27%) e Lazio (10,6%), seguite da Emilia-Romagna (9,4%), Veneto (8,9%) e Piemonte (8,6%), aree che ospitano le sedi di numerose realtà industriali e aziende italiane e internazionali di un ampio ventaglio di settori. Al Sud, le percentuali più alte si registrano invece in Campania (5,6%), Sicilia (4,3%) e Puglia (4,2%)». Se la Lombardia primeggia per casi di esaurimento nervoso sul lavoro, la mappa appare più articolata considerando gli scenari di crescita.‍

In Italia, le richieste di supporto per problemi psicologici legati al lavoro sperimentano un aumento esponenziale, in piena conformità con quelli dell’anno precedente, quando, rispetto al 2022, erano cresciute del 106,1%. Tuttavia, anche in questo caso, gli incrementi sono diversificati a seconda dei territori coinvolti. Rispetto ai primi quattro mesi del 2023, nel primo quadrimestre del 2024 tre regioni hanno evidenziato un incremento notevolmente al di sopra della media italiana, attestata, come si è detto, al 109,7%: «Si tratta in particolare di Piemonte (+146,7%), Sicilia (+145,8%) e Campania (+141,7%). Tra quelle al di sotto del dato nazionale, invece, rientrano Lombardia (+95,9%), Sardegna (+96,2%) ed Emilia-Romagna (+99,7%)».

I dati Lombardi: lo stress lavorativo tocca cifre record a Milano, dove sono state avanzate il 49% delle richieste di supporto psicologico lombarde. Segue la provincia di Monza e Brianza, con il 9% sul totale. A ruota, i dati interessano anche le altre provincie dell’alta Lombardia, tra cui Varese (8%), Brescia (7,2%) e Como (5,8%). Cremona, in questo senso, si colloca nella fascia bassa della classifica: dopo la triade formata da Pavia (4,3%), Lecco (2,4%), e Mantova (2%), ecco spuntare la città del Torrazzo, con l’1,9% sul totale. Seguono le provincie più virtuose: Lodi, (1,8%) e Sondrio, in fondo alla classifica (1,1%).


L’assenza di richiesta di aiuto, tuttavia, non è immediatamente indice di un ambiente di lavoro più salutare. Gran parte dei lavoratori lombardi, infatti, è catalogata da Unobravo come ‘pazienti a rischio’. «La condizione non conosce età e settore – conclude il report – e coinvolge un numero sempre maggiore di lavoratori. Per esempio, tra coloro che temono di soffrire di sindrome da burnout in Italia e che per valutarlo hanno fatto il test di screening gratuito disponibile su Unobravo, otto su dieci potrebbero essere a rischio (82,9%): il 61,6%, infatti, presenta una probabilità elevata di soffrirne e oltre un quinto (21,3%) una probabilità moderata».‍

LA PSICOLOGA ANNA BANDERA 

bandera

E se le radici del disagio sul lavoro fossero da ricercare nella scuola? Parla la psicologa cremonese Anna Bandera, specializzata sul fronte minori, che dimostra come una vita scolastica tossica può ripercuotersi in una vita lavorativa turbolenta.

«Recentemente ho sentito un intervento in cui si diceva che moltissimi neolaureati non vengono considerati perché valutati come inadeguati – afferma Bandera – in particolare a causa di difficoltà di organizzazione del tempo e del lavoro. Penso, in particolar modo, ad incarichi manageriali. Vengono scartati perché non sono in grado di impattare sul contesto lavorativo».

Obiettivi male individuati e un’esperienza formativa poco orientata sarebbero alla base di una instabilità generalizzata.

«Per quanto mi riguarda – afferma Bandera – la maggior parte dei ragazzi giovani riportano fatica con l’impatto col mondo del lavoro. Molti si confrontano con un percorso universitario spesso poco centrato o poco adeguato alle aspettative dei ragazzi. Ci si trova spesso di fronte a cambi di lavoro frequenti, spesso a carico dei giovani. Sono loro ad interrompere la frequenza lavorativa, percepita come in esubero rispetto al carico orario ‘ideale’. C’è, insomma, uno scollamento tra le aspettative del giovani e la concreta realizzazione di quanto si aspettano».

Bandera, sui lavoratori, offre uno scorcio che conferma il dato cremonese raccolto dalla piattaforma Unobravo, secondo la quale l’1,9% delle richieste d’aiuto della Lombardia arriva da Cremona.

«Sugli adulti – commenta – ricevo poche richieste. Questo non significa che non ci siano vaste problematiche legate alla gestione delle condizioni di lavoro: ambienti di lavoro altamente tossici, giovani adulti e lavoratori che da tempo non si sentono riconosciuti nell’apporto che offrono all’azienda. Da qui procedono demotivazione e senso di scoramento, non ché squilibrio tra vita personale e professionale».

A questo contribuisce una gestione poco oculata della propria quotidianità: «Il lavoro occupa troppo spazio – conclude Bandera – e questo peggiora le relazioni all’interno della famiglia. Si rivolgono a me coppie che affermano di non vedersi affatto, anche a spese dei figli».

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