L'ANALISI
13 Gennaio 2025 - 20:41
Peter Gabriel, Beppe Riboli, Philip Stark e Oliviero Toscani
CREMA - «Oliviero fai buon viaggio, dietro il lato burbero, io so bene, c’è una persona, generosa e protettiva. Mi mancherai»: Beppe Riboli, geniale art designer cremasco, è stato a lungo collaboratore di Toscani, allievo e amico. «È un brutto giorno per me, Oliviero è stato il mio mentore - dice -. Mi ha insegnato soprattutto ad aprire la mente, a dialogare con le arti e a riconoscere il talento. Lui stesso diceva: il vero talento di chi ha talento è riconoscerlo negli altri e usarlo. Usare non vuol dire sfruttare, è un modo per far crescere».
L’incontro, a fine anni Novanta, è abbastanza casuale. Riboli progetta il negozio Benetton a San Babila a Milano uscendo dagli standard aziendali. «Mi ero inventato un rullo per far girare le facce della campagna pubblicitaria - ricorda Riboli -. Incontro Toscani per l’approvazione, lui parla poco, sembra interessato soprattutto al mio marchio con la stella che ricorda quella delle Brigate rosse. Dopo tre giorni mi manda a chiamare, mi offre di diventare capo dipartimento del design a Fabrica, la fondazione di Benetton a Treviso. Ero poco più di un ragazzino e mi ha cambiato la vita».
«È riduttivo, direi quasi offensivo definire Oliviero un fotografo. Ha rivoluzionato la comunicazione. Per Benetton faceva campagne di moda senza far vedere un vestito, trasformando una piccola azienda in un marchio riconosciuto a livello internazionale. A Fabrica eravamo 120 pazzi, la creatività era ai massimi livelli. Oliviero era un genio e un’ottima persona, amava la sua famiglia. Se lo conoscevi, non potevi non volergli bene».
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