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LE SFIDE DEL VOLONTARIATO

L’impegno dei giovani «è il dono più grande»

Le nuove generazioni e la partecipazione sotto la lente del convegno in Cattolica

Francesco Gottardi

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fgottardi@cremonaonline.it

11 Dicembre 2024 - 08:57

L’impegno dei giovani «è il dono più grande»

Don Bignami, la professoressa Marta, il presidente Bodini e la moderatrice Tosato

CREMONA - Un momento per raccontare l’evoluzione del mondo del volontariato e per approfondire lo sguardo sulla partecipazione dei giovani: è con questo spirito che si sono aperti i lavori del convegno ‘Volontariato giovanile, l’entusiasmo, la passione, la gioia’ organizzato ieri nell’aula magna dell’Università Cattolica del Sacro Cuore in collaborazione con l’associazione Siamo noi Onlus. Il pomeriggio è stata l’occasione, per diversi ragazzi e ragazze, di condividere la propria esperienza nel mondo della partecipazione e del servizio.

«Mi emoziono sempre quando organizziamo questo convegno – ha spiegato in apertura il presidente di Siamo Noi, Claudio Bodini –. Si tratta di un momento bellissimo per valorizzare i giovani e le tante associazioni di volontariato come la nostra che operano in città».

pubblico

Prima di lasciare la parola ai due relatori si sono alternati sul palco per i saluti di Matteo Burgazzoli, vicedirettore di sede di Santa Monica, Luca Burgazzi, assessore con delega alle Politiche giovanili di Cremona, Giorgio Reali, consigliere Csv Lombardia sud est, Carmen Russo, responsabile servizio Informagiovani, Anna Pasetti, direttore Medicina legale dell’Asst e Simona Gentile, direttrice generale di Cremona Solidale.


Poi la parola è passata alla professoressa Elena Marta, docente di Psicologia sociale e di comunità all’Università Cattolica, che nella sua relazione si è concentrata sul nuovo approccio al volontariato delle giovani generazioni: «La partecipazione non si è esaurita, ma certamente è mutata. Prima di tutto, i giovani oggi devono capire il senso di quello che fanno, non è più sufficiente l’etichetta: i nuovi volontari non si affezionano più alle organizzazioni ma piuttosto all’attività svolta». La professoressa Marta parla di un mondo del volontariato che si è fatto, come tanti altri aspetti della vita delle persone, «fluido, meno identitario e più critico sul senso di quel che si sta facendo». Oggi, tra i giovani che scelgono di dedicare il proprio tempo ad attività di volontariato la prima esigenza è, stando alle parole di Marta, «quella di fare un’esperienza autentica, che li aiuti a crescere, che li faccia stare bene con la giusta dose di fatica».

Sempre più, rispetto al passato, spiccano le esigenze legate ad un’azione che sia improntata «all’eguaglianza e alla giustizia sociale».

È in questo senso che l’approccio dei giovani è sempre critico e orientato all’efficacia: «Non si fa volontariato solo per fare un’esperienza personale, ma soprattutto per vedere — e questo i ragazzi lo cercano sempre di più — le conseguenze della propria azione sul mondo, la possibilità di incidere in qualche modo di fronte ad una realtà che viene percepita come ingiusta».
Altro aspetto che rende quella del volontariato una scelta unica nel suo genere è che, almeno stando a quanto emerge dai questionari somministrati ai giovani volontari cremonesi, «il rapporto intergenerazionale assume la valenza di un vero scambio, quasi unicamente in questo campo».


E l’esigenza di riconnessione con chi prima di noi ha vissuto le nostre stesse esperienze, svolto le nostre attività o abitato i nostri stessi territori — specifica Marta — è forte nella generazione Z».

A fronte di una narrazione che vorrebbe ragazzi e ragazze indistintamente mobili e orientati a spostarsi all’estero: «Nella vita tanti sentono, prima o dopo, l’esigenza di ricollocarsi li dove sono o dove scelgono di stare. Di piantare radici e riconnettersi al tessuto profondo della storia dei luoghi: il volontariato è un modo per fare tutto questo».

Prima di lasciare la parola ai ragazzi è intervenuto don Bruno Bignami, direttore dell’ufficio nazionale problemi sociali e del lavoro della Cei: ha descritto il volontariato come «un’esigenza che rimane sempre giovane» tracciando un parallelismo con alcuni episodi della vita di san Francesco. Così la spogliazione è diventata simbolo della «gratuità del gesto di donarsi agli altri di fronte ad una società che vende e compra tutto, che non è umana», mentre l’episodio del lupo di Gubbio è diventato l’emblema di un servizio «rivolto agli altri al di là dei pregiudizi, riconoscendo in tutti la possibilità di aiutare e aiutarsi».

LE TESTIMONIANZE DI RAGAZZI E RAGAZZE IN PRIMA LINEA PER GLI ALTRI

ragazzi

Pedroni, Cagna, Bonomi e Bellicini

giovani

Maffezzoni, Ascolese, Maffezzoni e Mattarozzi

In una giornata in cui tutti gli sguardi erano puntati sul volontariato giovanile, i veri protagonisti sono stati proprio loro: volontari e volontarie che hanno raccontato la propria esperienza e lanciato un messaggio di incoraggiamento ai loro coetanei.

Davide Cagna ha riferito della sua permanenza nella missione diocesana a Salvador de Bahia: «È stata per me la naturale continuazione di un percorso di servizio iniziato con gli scout. In particolare, in Brasile ho capito l’importanza di stare in un contesto come quello della missione e, con le diverse attività svolte con bambini e ragazzi, dell’effetto positivo che queste finivano per avere su di me».

Un aspetto, quello della trasformazione di sé, condiviso da Laura Bellicini, che lo scorso anno si è recata in un villaggio in Camerun: «Avevo bisogno di ridare un senso alla mia vita e laggiù ho capito come ridimensionare alcune delle preoccupazioni che avevo qui. In mezzo a quelli che vengono considerati gli ultimi, ho trovato un riconoscimento e un calore come non mai qui in Italia e l’esperienza mi è rimasta nel cuore».

Nella stessa comunità africana hanno prestato servizio anche Giulia Pedroni e Martina Bonomi, che hanno sottolineato l’emozione unica di «riuscire a stabilire legami profondi anche in un soggiorno breve. La condivisione degli spazi di vita ed essere fianco a fianco nelle attività quotidiane ci hanno permesso di capire nuovi aspetti di noi stesse e del mondo».

Tra i giovani testimoni dell’esperienza di volontariato c’erano anche giovanissimi come i sedicenni Leonardo Maffezzoni, volontario della Croce Rossa che già scalpita per poter «fare di più», e Alice Mattarozzi, che con l’associazione Manitese ha prestato servizio nelle biblioteche.

«Ho imparato cosa significa il lavoro, ma anche il senso di aiutare gli altri».

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