L'ANALISI
09 Dicembre 2024 - 08:33
Il pronto soccorso dell'Ospedale Maggiore di Cremona
CREMONA - «Non voglio alimentare polemiche inutili, né tantomeno colpevolizzare gli operatori sanitari, vittime di questo sistema; ma vederli in difficoltà al punto di dover chiedere l’aiuto dei parenti per garantire ai ricoverati una sorveglianza adeguata — come se i medici fossimo noi —, o sentirli dire che sono in 2 a gestire i 50 posti letto del pronto soccorso (dove si resta ‘parcheggiati’ anche un giorno intero, perché nei reparti non c’è un posto libero) genera un angoscioso senso di sconforto e impotenza».
Specie se quel disagio generale cresce attorno alla madre anziana e malata in barella e «se certe ristrettezze del presente sembrano coprire di fitta nebbia la costante rappresentazione dell’eccellenza sanitaria lombarda o rendere meno credibile il futuro prossimo del nuovo ospedale da archistar che verrà. Ma intanto?»
Esplode sui social e arriva fino ai piani più alti dell’azienda ospedale il sabato notte di un cremonese che accompagna la madre al Pronto soccorso, vive la situazione già descritta e in tarda serata viene chiamato per ‘tenerla monitorata’ perché non ci sono altre forze disponibili. «Non avevo certo problemi a fermarmi per la notte, come poi ho fatto. Ma se prima mi dicono di andare perché ci pensano loro e due ore dopo salta fuori che non sono in grado di farlo, cosa devo pensare? E se la risposta a chi segnala problemi è ‘non dipende da noi, ne parli con chi di dovere’, viene da chiedersi chi è di dovere? E se deve e — a quanto pare — non può, a che serve?».
La risposta dell’Azienda Ospedale — guidata dal direttore generale Ezio Belleri — viene affidata a una nota diffusa nel pomeriggio di ieri. «Lo sconforto di cui si parla nel post è anche il nostro, per due ragioni oggettive. Se è vero che sabato l’afflusso di utenti al Pronto soccorso è stato superiore alla media (più di 50 pazienti da gestire contemporaneamente), è però altrettanto vero che gli infermieri in turno erano 7, supportati da 4 operatori socio sanitari. Consapevoli della criticità, il direttore e il coordinatore del servizio hanno deciso di prolungare il turno di due operatori — un medico e un infermiere — fino a mezzanotte».
Quanto alla «telefonata giunta in tarda serata ai famigliari, è frutto di un’iniziativa personale: non era necessaria e non risultano disposizioni che la giustifichino. Inoltre, se il messaggio dato al figlio della paziente è quello riportato nel post (‘Siamo solo 2 infermieri a gestire 50 posti letto’), non trova riscontro nella realtà dei fatti: ricordiamo che in turno c’erano 7 infermieri e 4 Oss».
«Detto questo, va ricordato che le persone fragili e i grandi anziani hanno diritto ad avere accanto un familiare o un assistente alla persona durante tutto il tempo di permanenza in pronto soccorso. Dispiace se questa possibilità non è stata comunicata con chiarezza e ci scusiamo per quella telefonata fuori posto, per la quale verranno presi provvedimenti. Sebbene la carenza strutturale di personale infermieristico sia da tempo un problema nazionale che interessa tutte le strutture sanitarie, in questo momento per il Pronto soccorso di Cremona non è una criticità specifica. Negli ultimi due anni ogni turno è stato progressivamente potenziato, e sono stati rivisti i modelli organizzativi che garantiscono una presa in carico anticipata dal momento dell’accettazione (triage). Questo non significa che va sempre tutto bene e che non si verifichino intoppi o difficoltà. Un dato però è certo: attualmente l’équipe infermieristica e socio assistenziale del Pronto soccorso di Cremona è composta da circa 80 operatori, e i turni sono così suddivisi: dalle 7 alle 14, 10 infermieri e 6 operatori socio sanitari; dalle 14 alle 21, 9 infermieri e 6 operatori socio sanitari; dalle 21 alle 7: 7 infermieri e 4 operatori socio sanitari».
Dal fronte sindacale, il segretario generale della Funzione Pubblica della Cisl Asse del Po, Roberto Dusi, fornisce un’ulteriore chiave di lettura. «Al di là del caso specifico, dei numeri e dell’assetto organizzativo, l’emergenza c’è e può solamente aumentare», commenta. «Perché i medici di base sono sempre meno (molti paesi del nostro territorio provinciale ne sono addirittura privi), e quelli che ci sono non si trovano praticamente mai nelle condizioni di recarsi al domicilio del paziente».
Risultato? «Anche per le questioni che non sarebbero particolarmente urgenti si può solamente andare al Pronto soccorso, che risulta così ‘intasato’ e inevitabilmente inadeguato sul piano quantitativo in termini di capacità di risposta. Senza dimenticare che sul Pronto soccorso finiscono per scaricarsi anche incombenze che dovrebbero essere in capo alla guardia medica. Di fatto, la medicina territoriale è stata distrutta: e sei i tempi davvero bui del Covid hanno dimostrato quanto sarebbe stato fondamentale poterne disporre, non credo proprio che ad oggi si possa parlare di valide alternative». Questo e non solo.
«Se anche ci fosse più personale sanitario disponibile, date le condizioni, la pressione anche sociale (senza dimenticare le aggressioni) e la scarsa retribuzione con la quale si trova a dover fare i conti, perché dovrebbe fermarsi accettando un ruolo stabile? È molto più conveniente fare i ‘gettonisti’...». O magari cercare sbocchi nella sanità privata. Eccellente quanto si vuole. Ma rigorosamente al riparo dal compito di garantire le urgenze. Per quelle c’è il Pronto soccorso...
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