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CREMONA. STALKING

«Lei è una donna morta», condannato un 25enne

Minacce dell'uomo ad assistente sociale e avvocata nominata curatore speciale della 15enne da cui ha avuto una figlia

Francesca Morandi

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fmorandi@laprovinciacr.it

12 Novembre 2024 - 17:51

«Lei è una donna morta», condannato un 25enne

Nei riquadri gli avvocati Pugnoli e Priori

CREMONA - Nel 2023 aveva messo incinta una ragazzina di 14 anni, diventata mamma a gennaio di quest’anno. Il padre, 25 anni, ha ripetutamente minacciato di morte l’assistente sociale incaricata di seguire la minore e l’avvocata nominata curatore speciale della 15enne dal Tribunale per i minorenni di Brescia.

Stalking. Nel processo in abbreviato, il 25enne è stato condannato a 1 anno e 8 mesi di reclusione. Il giudice non gli ha concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena. L’imputato dovrà inoltre risarcire con 7mila euro l’assistente sociale, con 5mila la curatrice speciale, parti civili rispettivamente con gli avvocati Cristina Pugnoli e Guido Priori.

La 15enne è tornata a vivere con i genitori, la sua bimba è stata data in affidamento. L’imputato, che ha riconosciuto la figlia, casa fuori provincia, dopo aver violato la misura dei domiciliari con il braccialetto elettronico (fatto per il quale è già stato processato) è stato sottoposto alla misura dell’obbligo di dimora e al divieto di avvicinarsi all’educatrice sociale e all’avvocata. L’una e l’altra, in preda all’ansia, hanno dovuto cambiare le proprie abitudini di vita. L’assistente sociale, sostituita nell’incarico, al termine del lavoro si faceva accompagnare a casa dai colleghi. Nel tempo libero non è più uscita di casa da sola. Lo stesso l’avvocata, che non aveva mai visto in volto l’imputato, lei «costretta a muoversi guardinga, temendo di incontrarlo».

Storia delicatissima. La minore era scappata dalla comunità tre volte. E nell’ultima sua fuga, aveva incontrato quel giovanotto più grande di lei di nove anni. Ricollocata in comunità, si è scoperto che aspettava un figlio da lui.

Per l’accusa, il 25enne ha cominciato a bersagliare l’assistente sociale di telefonate e messaggi di morte sia a lei sia ai suoi familiari. Il primo messaggio è del 19 luglio 2023. Il giovane le aveva chiesto documenti personali della 14enne. Non ottenendo risposta, l’aveva chiamata - con insistenza - sul telefono di servizio. Il 26 luglio successivo, dopo che la minore era stata ricollocata in comunità, con l’assistente sociale si era rifatto vivo, stavolta su WhatsApp. Voleva i documenti della minorenne. Una pretesa con la minaccia che, in caso di rifiuto, «la prima persona che porterò in Tribunale sarà lei». È del 20 settembre un’altra minaccia: «Spero che succeda qualcosa ai suoi figli se li ha così capisce. Io aspetto so dove lavora so dove abita». Ne sono seguite altre.

Il 16 gennaio di quest’anno, all’indomani del ricovero in ospedale della minore per il parto, l’imputato è tornato alla carica. «Se succede qualcosa a mia figlia e alla ragazza giuro sulla testa di mia madre che lei è una donna morta, la sua famiglia è morta. Attenta a quello che fa. Non la avverto più. Attenta, non mi sfidare». L’ultima minaccia è del 18 gennaio, «dopo aver chiamato per otto volte sull’utenza di servizio».

E di morte il 25 enne ha minacciato anche l’avvocata, chiamandola ripetutamente sul telefono dello studio professionale.

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