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CREMONA: IL GIORNO DEL RICORDO

Defunti: presenza ininterrotta al cimitero, e lo scalone torna a splendere

Quest’anno la giornata assolata e calda ha consentito che la funzione si svolgesse sul monumento centrale

Gianpiero Goffi

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redazione@cremonaonline.it

02 Novembre 2024 - 20:15

Defunti: presenza ininterrotta al cimitero, e lo scalone torna a splendere

CREMONA - Non una folla, ma una presenza ininterrotta quella dei cremonesi oggi sulle tombe dei propri cari al cimitero, nel giorno nel quale la tradizione cristiana (recepita in questo anche dai non praticanti) colloca, dopo Ognissanti, la commemorazione dei defunti. Fiori, lumini e luci votive dicevano un ricordo, un affetto, una preghiera. Quella pubblica è stata presieduta nel primo pomeriggio dal vescovo Antonio Napolioni.

E quest’anno la giornata assolata e calda ha consentito che la funzione si svolgesse sul monumento centrale, di fronte al viale d’ingresso che si è gradualmente riempito, dotato stavolta anche di alcuni posti a sedere. Insieme al vescovo hanno partecipato al rito il vescovo emerito Dante Lafranconi, il cappellano del cimitero don Achille Bolli, molti parroci della città. Presenti autorità civili e militari, diversi membri della giunta comunale accanto al sindaco Andrea Virgilio, i comandanti, o loro delegati, delle Forze armate e delle Forze dell’ordine.


«Contento di parlare controsole» si è detto monsignor Napolioni «perché quando si chiudono gli occhi davanti al sole vi entra il colore rosso che è quello dell’amore e della vita», e perché il clima rendeva ieri il cimitero un luogo «meno triste e più aperto al futuro». La preghiera intende riunire le nostre memorie, fatte di dolcezza e di lacrime, e venendo al camposanto — ha aggiunto — ogni volta ci si riconcilia un po’ di più anche con quelle persone con le quali non si è riusciti a farlo appieno prima. È poi passato a commentare il capitolo 25 del Vangelo di Matteo, letto poco prima, con la scena del giudizio finale. Un brano che pone una grande domanda perché divide gli uomini in pecore e capre, mentre mancano i lupi.

La differenza è fra chi ha fatto il bene e chi non lo ha fatto? Non si dice la sorte di chi ha fatto il male «eppure la storia umana ne è continuamente segnata». C’è chi sfama gli affamati — ha detto riprendendone i passaggi — chi è indifferente e chi li affama continuamente. C’è chi accoglie gli stranieri, chi li ignora e chi li caccia e li perseguita. Ci sono i malati di cui ci prendiamo cura, quelli che non ricevono aiuto, quelli bombardati negli ospedali. Quanto ai carcerati — ha osservato — sono in un luogo realizzato per farli uscire migliori, o in un ghetto dal quale tornano peggiori? Potremmo essere lupi anche noi», ha ammonito, anche se sembrerebbe impossibile che vi sia qualcuno «che ami talmente il male, il diavolo, la morte».

E qui ha rammentato i ‘novissimi’ (tema oggi non particolarmente frequente nella predicazione, ndr): inferno, purgatorio, paradiso da intendersi non come «luoghi», ma «condizioni misteriose». L’inferno rappresenta «la solitudine estrema di chi chiude gli occhi e vede soltanto il male che ha fatto, per l’eternità». Il presule ne ha tratto lo spunto per invitare a recuperare e ad educare le giovani generazioni al senso della vita e della morte. C’è però anche una risposta, ha aggiunto: il Cristo crocifisso, l’icona del male più diabolico inferto al Figlio di Dio, e insieme l’icona di una speranza che ha l’ultima parola togliendola alla morte. Nel cimitero ci sono tante croci sulle tombe, e anche laddove non ci fossero c’è anche «un’umanità fatta a forma di croce». Perciò, prima di impartire la benedizione ai defunti, ha invitato i fedeli a pregare per tutti, credenti e non, anche per chi ha fatto il male, «in un grande atto di fede in Dio e nell’uomo, nonostante tutto».

Il momento del taglio del nastro con Pasquali Romagnoli Virgilio Canale e Carletti

LO SCALONE TORNA A SPLENDERE

Conclusa la celebrazione religiosa, le autorità civili e militari, il vescovo e il clero si sono portati all’esterno del cimitero per l’inaugurazione e la benedizione del corpo monumentale e della scalone a due rampe restaurato, e che consente il collegamento pedonale fra il cavalcavia della linea ferroviaria e l’accesso principale al camposanto. L’assessore alle Opere pubbliche e ai Servizi cimiteriali Paolo Carletti ha brevemente presentato l’opera: «Abbiamo restituito un altro pezzo di città ai cremonesi. Lo scalone è un’opera pubblica splendida recuperata, dedicata esclusivamente al nostro splendido cimitero».

L’assessore ha sottolineato la volontà che fosse il 2 novembre il giorno dell’inaugurazione per meglio significare il legame fra la città dei vivi e quella dei defunti. Oltre a ringraziare il vescovo Antonio Napolioni, Carletti ha espresso la riconoscenza dell’amministrazione «all’impresa Magistri per la competenza mostrata dai lavoratori e dalle numerosissime lavoratrici presenti in cantiere, all’architetto Donadio e al settore Lavori pubblici intero, dirigenti e lavoratori dei Servizi cimiteriali che hanno considerato fin da subito lo scalone parte del cimitero e all’assessore alle Opere pubbliche che ha dato il via a questo splendido cantiere: l’attuale sindaco Andrea Virgilio».

Ha anche annunciato l'intenzione di intitolare lo scalone alla ‘Pace fra le genti’. Un’indicazione positivamente recepita da monsignor Napolioni che, prima di benedire l’opera, ha ricordato, con riferimenti biblici, la responsabilità umana nella costruzione della pace: se la verità germoglierà dalla terra, la giustizia si affaccerà dal cielo e darà la pace.

La benedizione del vescovo


Poi il sindaco Virgilio, accompagnato da vicesindaco e assessori, ha proceduto, applaudito, al taglio del nastro tricolore: «Sarà lo Scalone della Pace, e renderà doveroso omaggio alla memoria dei nostri cari defunti e di tutti i loro famigliari, che lo attraverseranno per recarsi in visita e in preghiera al nostro Camposanto. Si tratta di un intervento di messa in sicurezza e di restauro del valore di 780mila euro, finanziato grazie al bando Rigenerazione Urbana confluito nel Pnrr, con il contributo del Comune. Con questo taglio del nastro restituiamo ai cremonesi uno dei pezzi più importanti della storia della nostra città».


Opera dell’architetto Aldo Ranzi e dell’ingegner Contuccio Contucci, scalone e monumento furono realizzati tra il 1928 e il 1930 dal regime fascista per ricordare i propri ‘martiri’, cioè i nove uccisi durante l’assalto delle camicie nere alla Prefettura, il 27 ottobre del 1922.

FOTO: FOTOLIVE/PAOLO CISI

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